Tre cancrene: mafia, corruzione ed evasione - QdS

Tre cancrene: mafia, corruzione ed evasione

Carlo Alberto Tregua

Tre cancrene: mafia, corruzione ed evasione

mercoledì 25 Maggio 2016

Occorre una cura forte

Il 23 maggio, giornali e televisioni si sono concentrati sulla ricorrenza riguardante i due grandi siciliani uccisi dalla mafia. Grandi non solo perché erano magistrati, ma perché persone con dirittura morale e capacità di osservare le regole etiche, secondo le quali hanno sempre anteposto gli interessi di tutti a quelli propri.
Da allora la lotta alla criminalità organizzata si è intensificata e coraggiosi Procuratori della Repubblica, supportati dalle ordinanze dei Giudici delle indagini preliminari, continuano a sequestrare e a confiscare beni di ogni genere, accumulati in decenni in modo del tutto illegale.
Lo sforzo dello Stato è stato portato anche dalle Forze dell’ordine, che hanno eseguito le ordinanze dell’Autorità giudiziaria, frutto di investigazioni sofisticate, basate sia sulle intercettazioni che su sistemi innovativi, molto tecnici, che consentono di mettere insieme indizi e prove.

Vi è però l’altra faccia della medaglia: i beni confiscati vanno all’ammasso presso l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc), con sede principale a Reggio Calabria e sedi secondarie a Roma, Palermo, Milano e Napoli.
Perché vanno all’ammasso? Perché essi non sono valorizzati e non vengono restituiti alla società sia in quanto beni fungibili che come denaro nel caso di vendita, che potrebbe essere destinato alla diminuzione dell’enorme debito pubblico.
Secondo i dati comunicati dalla stessa Agenzia, sono accatastati nei loro libri 17.577 immobili (7.955 ancora in gestione) e 1.550 aziende (in gestione) definitivamente confiscati.
La lotta alla criminalità organizzata , soprattutto in Sicilia, Calabria e Campania, non porta in breve termine allo smantellamento di quelle strutture criminali, perché esse vivono sulla diffusa povertà delle popolazioni, mentre un forte strumento di lotta sarebbe lo sviluppo e la creazione di occupazione.
La criminalità organizzata non prospera in un tessuto sociale che sta mediamente bene, quando i cittadini sono liberi dai bisogni, quindi combattono la cultura del favore. Quella cultura del favore che è il propellente dei partitocrati senzamestiere.
 

La criminalità organizzata è una cancrena. Ve ne sono altre due che impestano il Paese e, ancor più, il Meridione. Si tratta della corruzione e dell’evasione. Per la prima, la forte azione delle Procure avviene nella fase di repressione, quando i reati sono stati scoperti o ipotizzati. Ma essi costituiscono una minima parte di quelli esistenti. Si dice che la corruzione costi al Paese sessanta miliardi di ricchezza. Nessuno ha i dati certi, ma la stima è altamente probabile.
Perché la corruzione fa aumentare i prezzi di beni e servizi acquistati da tutte le Pubbliche amministrazioni, perché impedisce la concorrenza che, di per sé, fa abbassare i prezzi, perché vìola l’articolo 3 della Costituzione sull’uguaglianza dei cittadini, perché fa prevalere l’interesse privato su quello generale.
Si tratta di un buco nero che si deve affrontare in via preventiva, obbligando tutte le Istituzioni (centrali, regionali e comunali) ad istituire al loro interno il Niai (Nucleo investigativo affari interni), formato da investigatori integerrimi ed esterni ad ogni amministrazione, capaci di scoprire i coperchi dei tanti vasi di Pandora nascosti in ogni amministrazione pubblica.

Il Niai scoprirebbe la corruzione investigando su inefficienze, ritardi, sprechi e sperperi, che spesso, appunto, nascondono corruzione.
La terza cancrena è data dall’evasione, fiscale e contributiva, che viene combattuta da Agenzia delle Entrate e Inps, enti ancora non completamente efficienti. Infatti è in fase di attuazione l’integrazione e l’accesso in miriadi di banche dati: con l’incrocio di quei numeri, oggi diventerebbe più facile scoprire i furbetti.
L’integrazione delle banche dati avviene lentamente, perché nel tempo molte di esse sono state prodotte con linguaggi diversi.
Buona è l’iniziativa della direttrice dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, che invita i propri uffici a concentrarsi sul bersaglio grosso dell’evasione, lasciando vacanti aspetti formali o di piccola entità. Ma ancora le direzioni Regionali e quelle Provinciali non hanno recepito l’impulso, per cui agiscono alla vecchia maniera.
Però, non è mai troppo tardi!

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