Banche: smantellate le autoctone, quella del Sud appare lacunosa - QdS

Banche: smantellate le autoctone, quella del Sud appare lacunosa

Salvatore Sacco

Banche: smantellate le autoctone, quella del Sud appare lacunosa

martedì 24 Novembre 2009

Modalità di realizzazione e utilità della nuova banca voluta dal ministro dell’Economia. La fruibilità del credito da parte della clientela siciliana risulta compromessa

PALERMO – La creazione della nuova banca per il Mezzogiorno, voluta dal Ministro dell’Economia, genera molti dubbi sia sulle modalità di realizzazione che sull’utilità di un simile ente per tutte le regioni sud insulari e per la Sicilia in particolare.
Il progetto, in fase embrionale, non fornisce sufficienti indicazioni su alcuni aspetti basilari, quali ad esempio il ruolo che assumeranno le poste italiane e, quindi, sull’effettivo peso della componente pubblica nella banca. Poco si sa sugli altri componenti della compagine sociale e, più in generale, sulla governance; si sa solo che dovrebbero partecipare agli assetti proprietari  banche operanti sul territorio, imprenditori e società parapubbliche, mentre lo Stato dovrebbe operare come promotore in qualità di temporaneo azionista di minoranza.
 
Indefinito è il ruolo effettivo che dovrebbero avere gli sportelli delle banche cooperative, stante il fatto che l’istituenda banca dovrebbe operare senza sportelli propri.  In merito va rilevato che non aiuta molto il ventilato riferimento ad un modello quale il Credit Agricole, una banca nata quasi due secoli fa con finalità e modalità operative peculiari, difficilmente adattabili all’ attuale realtà del nostre regioni sud insulari. Per converso, si può obiettare che gli sportelli delle poste non hanno grande dimestichezza con le problematiche creditizie soprattutto delle imprese, mentre la rete delle banche di credito cooperativo, soprattutto in Sicilia, non sembra essere adeguatamente diffusa nei centri gravitazionali con maggiore concentrazione produttiva, presentando peraltro rapporti di reimpiego per dipendente inferiore alla media del totale sistema (con riferimento alla Sicilia, nel 2008, il rapporto impieghi / dipendenti delle Bcc era pari a 3,5 contro 4 del totale sistema, mentre il rapporto depositi/dipendente era pari, rispettivamente, a 3,2 contro 2,7).
Sul piano operativo, l’azione della banca dovrebbe essere caratterizzata dall’applicazione di tassi competitivi e dalla disponibilità di adeguata liquidità, per far ciò è prevista la possibilità di emettere bond con tassazione agevolata per il risparmiatore ed obbligazioni garantite dallo Stato, finalizzate a infrastrutture e ad investimenti delle Pmi meridionali. Anche a tal proposito c’è qualche perplessità quali, ad esempio, il superamento dei veti dell’Ue, l’effettiva funzionalità di tali strumenti, infine il dubbio che, senza la continuativa integrazione di risorse pubbliche, la banca non riesca a mantenere i parametri dei requisiti prudenziali vigenti, operando con una clientela che è più rischiosa rispetto agli standard nazionali ed in un contesto in cui la realizzazione delle infrastrutture è particolarmente ardua. Sono peraltro aspetti che in Sicilia presentano problematicità ancora più accentuate.
Ma, al di là di tali perplessità, pur ipotizzando che una tale banca riesca a nascere e ad operare al di fuori delle vecchie logiche clientelari, che si realizzino assetti proprietari congruenti e che si adotti un corretto modello operativo, i dubbi maggiori riguardano la sua effettiva utilità per il Mezzogiorno e, soprattutto, per la nostra Isola.
Negli anni novanta il mercato creditizio sud-insulare ha registrato il progressivo smantellamento del sistema bancario autoctono e gli operatori locali sono stati sostituiti da quelli centro settentrionali. Diverse ricerche hanno evidenziato che i risultati in termini di miglioramento della fruibilità del credito da parte della clientela meridionale, sono stati abbastanza modesti.
Da ciò è maturata la convinzione, ormai abbastanza condivisa in dottrina, che le cause dell’inadeguato funzionamento di tale mercato derivino prevalentemente da problemi inerenti la domanda di credito piuttosto che l’offerta.
 

 
Concentrazione. In Sicilia ha toccato persino il 61 per cento
 
Il processo di concentrazione bancaria ha toccato le varie aree del Paese e ha avuto il suo picco nei primi anni del 2000. Ebbene, nel Centro Nord la riduzione del numero di operatori bancari locali di minore dimensione (banche piccole e minori secondo la classificazione della Banca d’Italia) è stata abbastanza contenuta (-14,6%, dal 1990 al 2008) e si è registrata sostanzialmente solo prima del 2000, successivamente queste banche si sono rafforzate caratterizzandosi sempre più come vere e proprie banche del territorio; al contrario nel Meridione il ridimensionamento di tali operatori bancari è stato più accentuato ( -51% nello stesso periodo) pur diminuendo leggermente negli ultimi anni. In Sicilia, infine, tale fenomeno è stato molto più forte (-61%) e si è mantenuto pressoché costante per tutto il periodo considerato, con il risultato che, ad oggi sono rimaste operanti solo 32 banche locali autonome, di cui ben 29 sotto forma di banche di Credito Cooperativo.  Detto in altri termini, in queste regioni e nella nostra Isola in particolare, gli ampi spazi lasciati dalla scomparsa di centinaia di banche locali non hanno generato nessuna rilevante spinta alla costituzione o all’espansione di banche effettivamente territoriali e questo è un ulteriore segnale delle forti problematiche esistenti dal lato della domanda di credito. Dunque, in base a quanto precedentemente osservato, la migliore strada per fare affluire più soldi all’economia del Sud e, soprattutto, della Sicilia, non sembra quella di surrogarsi alle banche ma piuttosto trovare il modo di incentivare gli investimenti imprenditoriali ed aumentare, attraverso meccanismi di autocontrollo e riassicurazione, la solvibilità dei creditori.
 


Più agevolazioni a imprese piuttosto che carrozzoni
 
PALERMO – Peraltro, nel nuovo scenario delineato dalle regole di Basilea 2 l’attenzione è concentrata sul cumulo dei rischi a carico degli operatori bancari e viene dato sempre maggiore rilievo agli intermediari in grado di attenuare la rischiosità degli affidamenti, vero problema che affligge la Sicilia in modo più accentuato rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno.
Non è casuale che la nuova disciplina sui consorzi fidi  preveda forti abbattimenti delle quote di patrimonio che le banche devono accantonare, laddove i crediti siano garantiti dai così detti confidi 107, ovvero quelli che rispettano determinati requisiti dettati dalla Banca d’Italia. Ebbene, come evidenziato in una precedente inchiesta realizzata da questo quotidiano (“Confidi così utili ma tanto deboli”  10 ottobre 2009) i confidi meridionali risultano molto meno efficienti rispetto a quelli centro settentrionali, in particolare, i confidi siciliani hanno standard operativi inferiori a quelli medi delle altre regioni sud insulari. è questa una grave penalizzazione per l’economia isolana che non sarà certo colmata dal disporre di un operatore bancario in più.
Fra l’altro, con riferimento al contesto regionale, le vicende dell’ istituenda banca per il Sud, si intrecciano con quelle de Banco di Sicilia e dell’Irfis, in cui la Regione siciliana tenta di giocare un ruolo meno secondario di quanto fatto finora, pur continuando a scontare una certa approssimazione progettuale. Il risultato, un po’ paradossale in tempi di spinta alle privatizzazione, potrebbe essere quello di avere in Sicilia la riesumazione di ben due banche con natura mista pubblico – privato.
Ma tornando più specificamente alla Banca per il Sud, in definitiva l’unico vantaggio certo che si potrebbe avere, sempre che non ci si impantani nei vizi clientelari che hanno portato alla estinzione delle vecchie banche e  casse pubbliche meridionali, può essere dato dalla strumentistica agevolata, sempre che si riescano a superare quegli aspetti problematici a cui abbiamo accennato prima.
Ma se tutto si riduce a questo perchè creare una nuova struttura che, nonostante le ricorrenti assicurazioni di fonte ministeriale, corre seri rischi di essere solo un ulteriore “carrozzone”, quando si poteva ricorrere più semplicemente e più efficacemente ad un più immediato e consistente incremento degli incentivi disponibili per le imprese ed ad una ulteriore agevolazione per i mutui destinati alla realizzazione delle opere pubbliche, intervenendo, per quanto riguarda il credito, in modo più determinato sulla funzionalità del sistema dei confidi meridionali e soprattutto di quelli siciliani, rendendolo più efficace ed efficiente?

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