Conoscere l'idrogeno naturale vettore di energia - QdS

Conoscere l’idrogeno naturale vettore di energia

redazione

Conoscere l’idrogeno naturale vettore di energia

venerdì 27 Maggio 2016

Si stima che nella crosta terrestre rappresenti solo lo 0,9% di tutti gli altri componenti. Si disperde nello spazio ed è l’elemento più abbondante nell’Universo

L’idrogeno naturale è un gas incolore, inodore e non è velenoso. è molto leggero, addirittura 14,4 volte più leggero dell’aria. Per questo motivo, l’idrogeno allo stato elementare non si trova sulla Terra, perché si disperde nello spazio, mentre è l’elemento più abbondante nell’Universo. Si stima che nella crosta terrestre rappresenti solo lo 0,9% rispetto all’insieme di tutti i componenti. Allo stato elementare si trova, per esempio, nelle emanazioni vulcaniche, nelle fumarole, nelle sorgenti petrolifere.
 
L’idrogeno è presente, combinato con altri elementi, in molti composti come l’acqua, le sostanze minerali, gli idrocarburi e le molecole biologiche. Pertanto, se si vuole avere l’idrogeno naturale, è necessario estrarlo dalle sostanze che lo contengono, consumando molta energia. L’idrogeno non è, per tale ragione, una fonte primaria di energia, ma un “vettore energetico”, ovvero una forma di energia che non si trova direttamente in natura (come accade, invece, per il gas naturale, il petrolio o il carbone). Allo stato gassoso è un buon combustibile: quando viene bruciato produce una quantità di calore, espressa in Joule al chilogrammo, che è 2,6 volte superiore rispetto a quella prodotta bruciando il metano. Quando viene a contatto con la maggior parte dei metalli elementari forma idruri, ossia dei composti solidi, rendendoli così più fragili. Se lo si raffredda alla temperatura di –253 gradi centigradi, l’idrogeno diventa liquido e, in questo stato, non reagisce più in modo chimico con i metalli. Per questo motivo, mentre allo stato gassoso è difficoltoso utilizzare tubature metalliche per trasportarlo, è più facile se lo si trasforma in liquido.

Produzione da fonti fossili
Le tecnologie di produzione dell’idrogeno a partire dai combustibili fossili sono mature e ampiamente utilizzate, anche se vanno ottimizzate da un punto di vista economico, energetico e di impatto ambientale. Tali processi prevedono la produzione del gas idrogeno attraverso successivi stadi di raffinazione e di frazionamento delle molecole degli idrocarburi fino alla completa eliminazione del carbonio. Con questa linea oggi viene prodotta una grandissima quantità di idrogeno, tutta quella consumata sul mercato della chimica dei fertilizzanti di sintesi e nella metallurgia dell’acciaio.
 
Dal petrolio e dal metano
Per estrarre l’idrogeno dal petrolio o dal metano si utilizza il vapore d’acqua alla temperatura di 800 gradi centigradi in presenza di un materiale che rende più veloce il procedimento (catalizzatore): si ossida il carbonio e si libera idrogeno dalla molecola con emissione di anidride carbonica (CO2). Compiendo questa operazione, che viene detta reforming, si ottiene idrogeno impuro, cioè miscelato con un altro gas, il monossido di carbonio. Per ottenere idrogeno puro è, quindi, necessario eliminare anche questo gas. Questo procedimento è tecnicamente molto ben sperimentato e viene realizzato industrialmente con reattori di grosse capacità, dell’ordine di 100.000 metri cubi all’ora. Un altro sistema per produrre idrogeno è il cracking che consiste nella rottura della molecola del metano mediante sistemi termici; esso produce carbone e non monossido di carbonio e non è tra i sistemi più efficienti .

Dal carbone
Per ottenere idrogeno dal carbone si deve effettuare un procedimento detto di gassificazione: il carbone viene fatto reagire con vapore d’acqua a 900 gradi centigradi e poi a 500 gradi centigradi con un altro composto catalizzatore. Il gas risultante, formato da idrogeno e monossido di carbonio, era un tempo utilizzato come gas di città. Negli Stati Uniti, da diversi anni, si sta cercando di effettuare questa operazione direttamente in miniera, dove le scorie potrebbero restare confinate, evitando, così, l’inquinamento di altre zone.

Produzioni da biomasse
Nella produzione di idrogeno da biomasse nessuno dei processi proposti ha ancora raggiunto la maturità industriale. Una delle tecniche utilizzate per ottenere idrogeno dalle biomasse è quella della pirolisi, un processo che per mezzo della decomposizione termica, spezza le molecole complesse delle sostanze organiche in elementi semplici, separati. Essa consiste nel riscaldare la sostanza a 900–1000 gradi centigradi, in assenza di aria, in opportuni impianti, con ottenimento di sostanze volatili e di un residuo solido. In natura esistono anche dei piccoli organismi, detti microrganismi foto sintetici, che producono idrogeno con l’aiuto dell’energia solare. Molti ricercatori stanno studiando la possibilità di ottenere discrete quantità di idrogeno proprio da questi sistemi. Si parla di tecniche fotobiologiche consistenti nell’ utilizzo di energia solare abbinata a sistemi biologici come alghe, microrganismi, rifiuti organici. In particolare, gli studi sono rivolti all’ingegneria genetica per ottimizzare la produzione di idrogeno da parte di microrganismi fotosintetici. Alcuni ricercatori stanno sperimentando la produzione di idrogeno dai “rifiuti umidi” o da acque di scarico di processi alimentari tramite bioreattori anaerobici in cui si sfruttano i fenomeni di fermentazione; in questo caso si parla di tecniche biochimiche. E’ una tecnologia promettente, anche se allo stato sperimentale, e ricercatori impegnati in vari progetti ritengono di poter arrivare a sistemi commerciali in tempi medio-brevi. Le diverse alternative richiedono tutte un impegno notevole di ricerca, sviluppo e dimostrazione, anche se a livelli diversi. Le premesse sono comunque buone, tenuto conto anche dei diversi materiali utilizzabili.

Produzione dall’acqua
L’idrogeno può essere prodotto dall’acqua scindendo la molecola della stessa nei suoi componenti (idrogeno e ossigeno) attraverso diversi processi, tra i quali quello più consolidato è l’elettrolisi. L’elettrolisi consiste nella scissione dell’acqua mediante l’utilizzo di energia elettrica secondo la reazione: acqua più energia elettrica uguale idrogeno più ossigeno. L’energia elettrica potrebbe essere prodotta da impianti che sfruttano le fonti rinnovabili. Per ottenere un metro cubo di idrogeno in forma gassosa sono necessari 4-5 chilowattora di energia elettrica. Il problema attualmente è ancora il costo. Con l’elettrolisi dell’acqua, infatti, è vero che si può ottenere idrogeno praticamente puro, ma solo a un prezzo che potrà diventare economicamente accettabile allorquando le innovazioni tecnologiche potranno consentire un costo estremamente basso per l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. Un sistema sperimentale per effettuare la dissociazione dell’acqua è quello della termoelettrolisi: applicando l’elettrolisi su vapore ad alta temperatura (900/1000 gradi centigradi) si ottiene idrogeno con circa 2,4 chilowatt per metro cubo. Comunque si ha una maggiore efficienza elettrolitica in rapporto direttamente proporzionale alla temperatura: a 15-20 gradi centigradi per scindere l’acqua l’ 83% dell’energia di reazione deve essere energia elettrica, mentre a 1000 gradi centigradi tale quota scende al 65%. Il vapore ad alta temperatura potrebbe essere ricavato, ad esempio, da soffioni geotermici o da centrali termosolari a concentrazione.

 
Altri processi, ancora allo stato di laboratorio, sono:
– fotoconversione che scinde l’acqua usando organismi biologici o materiali sintetici;
– tecniche foto elettrochimiche che consistono nel generare una corrente elettrica;
– utilizzando sistemi catalizzatori o semiconduttori che, associati alla luce solare, sarebbero in grado di scindere la molecola d’acqua;
– termolisi che consiste nel dissociare le molecole d’acqua tramite il solo apporto di calore, ma richiede temperature molto elevate, circa 3000 gradi centigradi (i problemi per la gestione di temperature tanto elevate sono però notevoli).

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