Repubblica, 70 anni. Quattro ore al Quirinale - QdS

Repubblica, 70 anni. Quattro ore al Quirinale

Carlo Alberto Tregua

Repubblica, 70 anni. Quattro ore al Quirinale

martedì 07 Giugno 2016

La guida di Sergio Mattarella

Ho atteso qualche giorno per commentare la giovanile età di questa settantenne Repubblica, per uscire dal coro delle celebrazioni ridondanti.
Il 2 giugno del 1946 gli italiani scelsero la Repubblica: se avessi potuto votare, ma avevo ancora 5 anni, avrei votato anch’io per essa, in quanto ritengo la Repubblica la massima espressione della democrazia, mentre la presenza di una famiglia monarchica, indipendentemente dalle capacità del re, è una sorta di feudalesimo.
In questi settant’anni, l’Italia è risorta dalle ceneri provocate da un cialtrone e presuntuoso, che riteneva di spezzare le reni ai greci, formare l’impero e vincere la guerra. Un incapace che ha riunito a sé tanti altri incapaci che dell’arroganza e della prepotenza facevano un uso giornaliero, vessando i cittadini.
La mia famiglia abitava in un grande immobile che aveva sei balconi su piazza Duomo (dietro il sedere del Liotru) e altrettanti su via Garibaldi. Quando arrivava un gerarca in visita al Comune, tutta la nostra famiglia si trasferiva a Pedara e faceva trovare i sei balconi chiusi. Naturalmente mio padre ebbe tante grane, ma non indietreggiò di un centimetro.
Perché vi cito questo episodio familiare? Perché ritengo che la libertà sia il bene più prezioso, insieme al rispetto.
Nei primi trent’anni le istituzioni hanno rispettato i cittadini, consentendo loro di crescere vertiginosamente. Dopo gli anni Ottanta, con l’avvento di Craxi, la Repubblica ha cominciato a declinare, giorno dopo giorno, in pari con la diffusione della corruzione, da cui è cominciata Mani pulite, con l’arresto di Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio,  il 17 febbraio del 1992.
La corruzione si è sempre di più estesa, in uno con il decadimento del ceto politico, sempre più debole e fragile, sempre più egoista, accartocciato sugli interessi propri e dimenticando che era invece a servizio dei cittadini.
Si sono attraversate crisi tremende, come quella di Suez (1973), abbiamo avuto terremoti come quelli  del Belìce (1968), del Friuli (1976) e dell’Irpinia (1980).
 
In Friuli hanno ricostruito immobili, strade e infrastrutture in un quinquennio. Nel Belìce vi sono ancora case diroccate e strade sconquassate; in Irpinia vi sono tracce evidenti di quel terremoto. Modi diversi con cui istituzioni e cittadini si sono posti di fronte ai disastri.
Poi è arrivata la crisi di fine 2007, da cui non ci siamo ancora sollevati. Si parla di ritornare ai livelli di Pil e occupazione ante-crisi non prima del 2020.
Il nostro Paese è preda di corporazioni di ogni tipo, la più forte delle quali è rappresentata dalla burocrazia e dai suoi dirigenti che non la gestiscono affatto, impedendo lo sviluppo, la creazione di pari opportunità per tutti e vessando con ogni mezzo i cittadini.
La classe politica si è ancor più indebolita e ha dimostrato una permeabilità alla corruzione e al favoritismo, toccando il punto più basso di questi ultimi settant’anni.

Nonostante ciò, la Festa della Repubblica del 2 giugno, ripristinata dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, è un momento di unità, in cui i cittadini si stringono attorno alle proprie massime istituzioni che comunque guidano il Paese.
Sergio Mattarella, con il suo stile sobrio e misurato, è persona determinata, conosce a fondo il suo dovere di Capo dello Stato e guida con mano sicura e nei limiti delle sue prerogative una barca che fa acqua, cercando di non farla affondare.
Nelle quattro ore che ho trascorso nei Giardini del Quirinale, mercoledì 1 giugno (pomeriggio-sera), ho avuto modo di incontrare quasi tutte le personalità di vertice dello Stato, rammaricandomi però che non vi fosse neanche un siciliano.
Nei sei o sette minuti in cui ho scambiato un saluto con il Presidente Mattarella ho avuto la conferma della sua dirittura incontrando il suo sguardo fermo e limpido.
Gli ho ricordato quando venne al nostro Forum, a Palermo, nel 1999, come vice presidente del Consiglio e nel consegnargli il mio libro n. 27, La Sicilia che vola, realtà non sogno, mi ha comunicato la sua intenzione di attingere a quelle informazioni.
Auguri Presidente, auguri Italia, ce la possiamo e ce la dobbiamo fare!

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