Claudio Martelli: "Dopo di me cambio di strategia sul 41 bis" - QdS

Claudio Martelli: “Dopo di me cambio di strategia sul 41 bis”

redazione

Claudio Martelli: “Dopo di me cambio di strategia sul 41 bis”

venerdì 10 Giugno 2016

Teste processo Stato-mafia: “Andreotti più pallido dopo delitto Lima”

PALERMO – “Falcone mise subito in correlazione il pronunciamento della Cassazione sul maxiprocesso (fine gennaio 1992) con l’omicidio di Salvo Lima (marzo 1992). Dopo il delitto, Andreotti era impassibile, ma più pallido del solito. Era molto legato a lui. Cossiga era agitato. Disse: ‘ditemi se devo andare a Palermo a fare una scenata e io ci vado’. Voleva reagire. Credo che fece una dichiarazione molto dura”.
 
Lo ha detto Claudio Martelli, ex ministro della Giustizia, deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia, ricordando quei convulsi mesi del 1992. “Falcone era preoccupato, allertato – ha ricordato – In quei mesi, Vincenzo Scotti, ministro dell’Interno, diramò una circolare ai prefetti parlando di allarme. Un allarme piuttosto generico, indeterminato. Quando io e Andreotti gli chiedemmo da dove veniva questa allerta, lui disse Ciolini, un faccendiere conosciuto come ‘pataccaro’, abbiamo sottovalutato il contenuto dell’allarme. L’impressione, da quei dispacci, era quella di una minaccia esterna. Comunque, non la prendemmo sul serio”.
Martelli, poi, fa un’affermazione inquietante: “Io e Scotti fummo rimossi perché avevamo esagerato”. “Io mi impuntai”, ha detto ricordando il suo rifiuto di lasciare via Arenula. Secondo il teste c’era una chiara intenzione politica di punire l’azione antimafia sua e di Scotti: lo scioglimento di diversi Comuni, alla legislazione antiracket, a quella sui pentiti. Il particolare confermerebbe i sospetti dei magistrati che vedono al cambio al vertice del Viminale non una semplice decisione politica ma un segnale lanciato dallo Stato a Cosa nostra.
“Dopo che me ne andai dal ministero della Giustizia, la strategia antimafia che era stata impostata è stata sostanzialmente abbandonata nei suoi presupposti, come il fatto di mettere i mafiosi più pericolosi al regime del 41 bis favorendo la loro collaborazione con lo Stato attraverso una legislazione premiale”. “Ho visto giorno dopo giorno smantellare una serie di iniziative, di atti – ha proseguito – che erano stati messi in in campo che avevano dimostrato la loro efficacia tanto da portare all’arresto di Riina”.

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