L'Ue ha spinto fuori Londra per l'immigrazione - QdS

L’Ue ha spinto fuori Londra per l’immigrazione

Carlo Alberto Tregua

L’Ue ha spinto fuori Londra per l’immigrazione

sabato 25 Giugno 2016

Inutile il solito catastrofismo

Il referendum voluto da David Cameron, pensando di vincerlo, ha ribaltato le sue previsioni. Quasi il 52 per cento del popolo britannico ha scritto sì sulle schede e fatto vincere Leave su Remain.
Ma le quattro parti di quella Nazione hanno votato in modo differente: Scozia e Irlanda del Nord per la permanenza in Ue, Inghilterra e Galles per l’uscita. Ma anche all’interno dell’Inghilterra vi è stata una frattura fra gli abitanti di Londra, favorevoli alla permanenza, e quelli del resto del territorio che hanno votato in massa per l’uscita.
In sintesi, i cittadini attivi volevano restare agganciati al treno europeo, quelli passivi, fra cui pensionati e disoccupati, per uscirne. Ricordiamo il detto diffuso in Gran Bretagna secondo cui quando c’è nebbia è l’Europa che non si vede, non la stessa Isola.
Il referendum è la massima espressione di democrazia. Non si capisce la ragione di questo catastrofismo per un popolo che decide il proprio futuro, sul quale nessun altro deve mettere becco.

Certo, l’esito è stato influenzato anche da fattori emotivi, come spesso accade. Anziché valutare il futuro in base ai tre valori: Pace, Libertà e Democrazia, i britannici inattivi hanno votato soprattutto contro l’invasione di immigrati e, quindi, contro l’Unione Europea che di questa immigrazione ne ha fatto una bandiera, senza disciplinarla, incanalarla e gestirla.
Di fatto i due Paesi che sopportano l’ondata migratoria sono l’Italia e la Grecia, perché tutti gli altri, con espedienti diversi, hanno bloccato l’ingresso di immigrati.
Leave ha vinto su Remain per circa un milione di voti, che non è poco.
L’uscita della Gran Bretagna dall’Europa avrà un percorso lungo di circa due anni. Non è poi questa catastrofe, tenendo conto che la GB non faceva parte dell’Unione monetaria, che rimane con 19 Paesi associati. Cosicché l’Unione ora sarà formata da 27 e non da 28 Paesi.
Si paventa che altri indiranno referendum per l’uscita, approfittando di questa ondata destrorsa che ha investito l’Europa, per la responsabilità di un’Unione accartocciata più sulle questioni burocratiche che sulle scelte politiche. Infatti non regge un insieme di Paesi che non siano federati con leggi omogenee nei diversi settori.
 

Vi è l’Unione monetaria, ma non vi sono leggi nelle materie fiscale, delle infrastrutture, del funzionamento delle pubbliche amministrazioni, delle decisioni politiche che, spesso, devono essere assunte all’unanimità, con ciò bloccandole.
Vi è poi la grande anomalia di avere due Parlamenti, uno a Bruxelles e l’altro a Strasburgo, con costi enormi per il trasferimento di funzionari da una sede all’altra, fuori da ogni logica.
L’Unione europea è stata fondata con gli accordi di Roma del 1957, artefice il nostro ministro degli Esteri, il messinese e liberale Gaetano Martino. Essa aveva lo spirito di unire i popoli come una grande famiglia. Purtroppo, in questi sessant’anni i popoli si sono uniti sulla carta, ma non nelle questioni d’interesse comune.
Tuttavia, seppure a 27 in un territorio unico, di cui fanno parte ormai soltanto due isole (Malta e Cipro), si deve procedere nella direzione di unificare gli interessi e non di dividerli.
 
Nessuna sorpresa desta l’emotività delle Borse mondiali, che agiscono in base ad impulsi piuttosto che in base alla razionalità. Gli indici delle Borse orientali, ieri, sono calati fra i cinque e sette punti. La Borsa nordamericana ha avuto un calo più modesto, mentre quelle europee hanno registrato cali più elevati.
Tuttavia, siamo convinti che, passato il momento, la situazione si stabilizzerà e i processi che governano l’economia torneranno al normale funzionamento, perché l’uscita dall’Ue di un Paese di 70 milioni di abitanti non comporta certo i sommovimenti riportati dalle Borse.
Londra resterà un’importante piazza finanziaria, non senza dimenticare che essa è proprietaria della Borsa di Milano. La sterlina ha perso sette punti, ma l’euro quasi tre nei confronti del dollaro.
Forse siamo visionari ma, nonostante questo evento non auspicato, riteniamo che l’economia mondiale, quelle europee e quella italiana, possano continuare il loro percorso di crescita, se sostenute da azioni dei governi che taglino i privilegi e la spesa corrente, con l’aumento cospicuo degli investimenti.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017