Gli immigrati sono serbatoio del caporalato - QdS

Gli immigrati sono serbatoio del caporalato

Carlo Alberto Tregua

Gli immigrati sono serbatoio del caporalato

venerdì 01 Luglio 2016

Salvarli, ma non accoglierli tutti

Salvare i migranti imbarcati dai mercanti di carne umana su barconi inaffidabili è un dovere umano. Portarli a terra, rifocillarli, curarli e assisterli è un altro pezzo imprescindibile del dovere umano.
Ma qui la solidarietà si deve fermare, perché deve distinguere coloro che hanno diritto d’asilo, in quanto sfuggono a guerre e carestie, da altri che invece legittimamente intendono migliorare la loro vita, spesso ai limiti della sopravvivenza. Ecco a cosa servono gli hot spot, i centri di identificazione e di selezione fra i primi e i secondi.
Proprio sulla base di questa attività l’Unione europea e la maggioranza dei Paesi hanno bloccato ogni attività di collaborazione con Italia e Grecia, che rappresentano le realtà al fronte dell’ondata migratoria.
Probabilmente anche l’accoglienza indiscriminata dei migranti è stata una delle cause che ha fatto vincere il “Sì” (Leave) nel Regno Unito, con conseguenze pesanti sul mercato finanziario e il crollo degli indici delle Borse.

La questione degli immigrati è rimasta senza soluzioni concrete, perché non vi è stata una precisa decisione del Consiglio d’Europa in materia, per cui ognuno dei membri ha continuato nel fai da te.
Purtroppo, l’Unione europea è ancora allo stato embrionale. L’unica vera unione è quella della moneta, l’Uem, cui però partecipano soltanto 19 dei 28 Stati, che con la possibile uscita del Regno unito potrebbero diventare 27. Ma ancora questa possibile uscita dell’UK non è definitiva, perché gli stessi portatori del “Sì” (Leave) si sono in parte pentiti, non appena hanno misurato il crollo della Sterlina e cominciano a intravedere i tagli della vasta assistenza sociale, il conseguente aumento delle tasse e una possibile recessione da cui erano appena usciti.
Ma torniamo alla questione degli immigrati. Ormai sono centinaia di migliaia, forse milioni. Nel Def 2016,  il Governo italiano ha previsto una spesa di 3,3 miliardi per l’anno corrente, ma forse questa cifra verrà superata.
Dentro a questa spesa si è messo in moto un business perché si sono formate prontamente cooperative e sono venuti fuori centri di assistenza che percepiscono dallo Stato fra i 30 e i 35 euro a immigrato per giorno. Con tutto quello che ne consegue, vedi i presunti reati nel Cara di Mineo.
 

Vi è un altro aspetto che va sottolineato: tutte queste persone hanno comunque voglia di lavorare, ma sia perché non sono state identificate, sia perché non sono iscritte nelle Anagrafi comunali né, per conseguenza, nelle liste dei disoccupati, non possono essere assunti regolarmente.
Così costituiscono un grande serbatoio di manodopera per il caporalato, cioé coloro che sfruttano le persone umane, approfittando della loro debolezza e del loro bisogno, da utilizzare nelle loro attività economiche in diversi settori (dall’agricoltura all’artigianato, dalla piccola impresa ad altre attività spicciole).
Peraltro, queste attività non possono essere controllate, data l’enorme frammentazione, per cui il caporalato continua nella propria attività fuori dalle leggi e solo in pochi casi Procure e Forze dell’ordine scoprono i coperchi.

Vi è un’ulteriore conseguenza negativa: l’utilizzo dei migranti in nero costituisce una violazione del valore di concorrenza, secondo il quale tutti gli imprenditori devono avere parità di costi.
E’ vero che chi gestisce il lavoro nero corre rischi per sanzioni amministrative e penali, ma è anche vero che tali rischi sono più teorici che pratici, essendo molto improbabile un controllo o un’ispezione. C’è danno per tutti: imprese corrette, lavoratori in nero, prezzi di mercato fittiziamente concorrenziali che vìolano le norme, e via dicendo.
L’immissione non controllata di migranti comporta quanto descritto, che fra costo di ospitalità, prevenzione e cura, nonché del lavoro nero, arreca danni alla collettività sotto il profilo sociale ed economico. Ma non si vede la soluzione, per cui le cose continuano ad andare in violazione delle regole, danneggiando cittadini e imprenditori onesti.
E’ del tutto inutile continuare a invocare l’Europa, che vuole restare sorda; occorre trovare una strada concreta, che dipenda dall’Italia: identificare e rimandare nei luoghi d’origine coloro che non ne hanno diritto. E, d’altra parte, azionare le leve previste dai trattati per costringere il Consiglio d’Europa a prendere decisioni definitive, anche a costo di bloccare iniziative di cui altri Paesi hanno bisogno.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017