Sicilia nel tunnel dei senza lavoro. Solo uno su quattro è occupato - QdS

Sicilia nel tunnel dei senza lavoro. Solo uno su quattro è occupato

Michele Giuliano

Sicilia nel tunnel dei senza lavoro. Solo uno su quattro è occupato

sabato 02 Luglio 2016

Dati drammatici dei sindacati: i neet sono saliti al 40 per cento, contro una media europea del 16. 1.182 siciliani guadagnano più di 500 mila € l’anno contro 250 mila famiglie povere

PALERMO – Cinque milioni di abitanti ma solo un quarto di essi lavorano. Un numero che da solo spiega l’enorme difficoltà economica di un’intera regione. Poi l’analisi può anche affondare in radici antiche, come la piaga del sommerso: più volte è stato stimato dall’Istat e da altri osservatori di organizzazioni di categoria che ci sarebbe un buon 25 per cento di lavoratori in nero. Una doppia faccia della medaglia che rende ancor più torbido il quadro del mercato del lavoro siciliano.
“La Sicilia degli ultimi anni – ha commentato Mimmo Milazzo, segretario della Cisl Sicilia – ha perso tutte le scommesse. Per questo chiediamo alla Regione e all’intera classe politica siciliana che ne prendano atto”. “A lavorare in Sicilia è solo il 25 per cento dei cinque milioni di siciliani. E stando a Eurostat, siamo gli ultimi in Europa per tasso d’occupazione”.
Ma la Sicilia è maglia nera nel continente europeo pure per Neet, i giovani tra 18 e 24 anni che non lavorano né studiano o seguono corsi di formazione. “Da noi sono più del 40 per cento, la media europea si ferma al 16” aggiunge ancora il leader cislino. Poi, per la Cisl c’è “il buco nero della povertà”: “Nell’Isola – rimarca Milazzo – sono appena 1.182 i siciliani che guadagnano più di 500 mila euro l’anno contro le 250 mila famiglie in condizioni di povertà assoluta, cioè al di sotto del livello minimo di sussistenza”. E anche questo è un dato che non ha eguali in Europa. Insomma, questi numeri rivelano “il fallimento storico, politico ed economico, della classe dirigente e politica dell’Isola”, tuona la Cisl.
“I siciliani sono stanchi di essere governati da una classe politica che pensa solo a giochi di potere e a poltrone – sostiene il segretario generale della Uil Sicilia, Claudio Barone -. La Sicilia affonda e il governo regionale, sino a oggi non ha fatto nulla per evitarlo e nel frattempo si perdono o si rischiano di perdere posti di lavoro, sempre più famiglie sono in mezzo alla strada e la prospettiva per i giovani è il lavoro nero o l’emigrazione”. “La Sicilia è una grande regione con gravi problemi ma anche con straordinarie potenzialità. Per questo merita molta più attenzione dal Governo nazionale e regionale e dalla politica” sottolinea in una nota la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan.
La disoccupazione giovanile in Sicilia è oggi è al 65,0 per cento, nel 2008 era al 48,7. Quella femminile è passata dal 19,5 nel 2008 al 25,4 per cento del 2015. Sono dati drammatici, inequivocabili che fotografano uno stato di degrado economico e di sottosviluppo davvero preoccupanti.
“La Sicilia – aggiunge la Furlan – sta sprofondando in una crisi irreversibile, come dimostrano le tante vertenze aperte, a cominciare dal caso emblematico di Almaviva, ma la paralisi riguarda tutti i settori produttivi: i servizi socio-sanitari, l’agricoltura, l’industria, il turismo, la pubblica amministrazione, la tutela del territorio e dell’ambiente”.
 


Continua la fuga dei giovani laureati isolani
 
A questa disastro del mercato del lavoro fa seguito chiaramente una problematica di riflesso, vale a dire la fuga di cervelli. Ed è così che emergono anche in questo contesto numero emblematici come quello di Alamalurea contenuto nel XVIII Rapporto sul profilo e sulla condizione occupazionale dei laureati italiani. In pratica quasi il 40 per cento dei laureati a Palermo non trova lavoro ad un anno dal conseguimento del titolo di studio. Il dato riguarda i corsi di secondo di livello e decresce lievemente per le lauree del triennio, dove meno di tre studenti su dieci abbandonano l’isola in cerca di fortuna (77,1 per cento).
Le mete più ambite rimangono sempre il Nord (rispettivamente il 12 per cento e 20 per cento per il triennio e il biennio), poi l’estero (6,4 per cento e 4,3 per cento), seguito dal Centro (3,1 e 5,1 per cento) e, fanalino di coda, il Sud (1,3 per cento e 1,2 per cento). Le cifre fotografano la realtà degli studenti universitari dell’ateneo palermitano che si sono laureati nel 2015. L’indagine ha coinvolto i laureati di 71 università delle 73 ad oggi aderenti al Consorzio, analizzando le performance formative di quasi 270 mila laureati del 2015. Sono, invece, oltre 570mila i laureati coinvolti sulla condizione occupazionale.

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