Apre Panama. Chiude la Regione - QdS

Apre Panama. Chiude la Regione

Carlo Alberto Tregua

Apre Panama. Chiude la Regione

sabato 02 Luglio 2016

Investire per crescere

Un’impresa italiana ha costruito il terzo Canale che unisce il Pacifico all’Atlantico attraverso la Repubblica di Panama. L’inaugurazione è avvenuta domenica 26 giugno, i lavori sono durati dieci anni e sono costati sei miliardi di dollari.
Capofila era il gruppo Salini-Impregilo, ma vi erano altre società italiane come Mapei (dell’ex Presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi), Cimolai, Trevi, Leonardo-Finmeccanica, che hanno utilizzato tecnologie all’avanguardia. Il gruppo di imprese era in una condizione di grande competitività, necessaria ad acquisire la commessa.
Il Canale di Panama costituiva un collo di bottiglia, perché consentiva il transito ad un numero di navi ridotto e di dimensioni medie, mentre ora possono passare grandi portacontainer ed altre, che hanno una larghezza superiore a trentadue metri e di oltre sessantacinquemila tonnellate. Non sembra, ma l’allargamento del Canale di Panama può avere benefici anche sui costi per tutte quelle merci che dall’Asia devono arrivare nel Mediterraneo, non più attraverso il Mar Rosso.    

Il Canale di Panama è stato costruito dagli Stati Uniti tra il 1905 e il 1914. Gli Usa hanno controllato il Canale fino al 1999, quando lo consegnarono alla Repubblica di Panama.
Di fatto, l’economia di quel Paese ha un pilastro fondamentale nei traffici marittimi del Canale perché i relativi pedaggi riescono a pagare il project-financing relativo al 70% del costo dell’opera, mentre il resto è stato finanziato dalla Banca Mondiale.
I pedaggi, a regime, saranno di circa quattro miliardi di dollari con un utile netto rilevante. Ogni pedaggio, mediamente, costa 120mila dollari, cifra cospicua ma molto inferiore alla circumnavigazione.
La storia non finisce qui perché la Cina, per non farsi mancare nulla, sta studiando di aprire un Canale rivale attraverso il Nicaragua, lungo 270 chilometri nella Foresta vergine,  in modo da permettere il transito alle immense navi, anche passeggeri.
Tutto questo accade mentre vi è un forte aumento dei commerci fra Cina e Taiwan, con il Giappone verso Usa ed Europa.
 

Panama apre e la Regione chiude. Dice: che c’entra Panama con la Regione? C’entra, c’entra. Perché vogliamo mettere a confronto i Paesi che vogliono crescere, svilupparsi, creando occupazione ed aumento di Pil e, dall’altra parte, la Regione siciliana, accartocciata su se stessa con una Classe politica e burocratica a difesa dei privilegi propri e di quelli degli amici.
In fondo, la Repubblica di Panama è appena tre volte più grande della Sicilia, con i suoi 75mila chilometri quadrati, ma la sua popolazione è di soli tre milioni di abitanti, cioè poco più della metà di  quella siciliana.
Lì, vi è una spinta continua per far crescere il benessere dei cittadini, qui, vi è la spinta continua per far impoverire la popolazione, con l’aumento dei disoccupati, con la chiusura di centinaia di migliaia di botteghe artigiane ed imprenditoriali, con il disastro in agricoltura ove invece eccellono vini e olio, nonché prodotti biologici; ma essi non sono sufficienti a far crescere il Pil dei prodotti agricoli né a farli diventare competitivi, in modo da essere esportati in Italia e nel resto del Mondo.

Nel forum con l’assessore regionale all’Economia Baccei, pubblicato venerdì 24 giugno, lo stesso ha affermato un’importante priorità: prima di pagare gli stipendi finanzieremo gli investimenti. Si tratta di un impegno forte e tassativo nella direzione di smantellamento di privilegi e la contestuale destinazione delle risorse risparmiate verso investimenti e costruzione di opere pubbliche.
A proposito delle quali, l’ulteriore controllo dell’Anac sulle procedure e sugli esiti degli appalti ha creato un altro rallentamento. Non si capisce ancora come sia, invece, indispensabile mettere in atto ogni mezzo per rendere veloci le procedure, fare aprire rapidamente il massimo numero di cantieri e governare l’economia siciliana in modo che cresca, cresca e  cresca. 
Il sistema partitocratico (il cosiddetto “sistema”) è fallito, ma le vecchie cariatidi restano aggrappate alle poltrone disperatamente. Non hanno capito che la loro sorte è segnata, spazzati dal vento anti-sistema che loro stessi hanno provocato.

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