La fotografia dei beni confiscati
In Italia i beni immobili confiscati sono 23.576 (dati dell’Associazione nazionale Beni sequestrati e confiscati, febbraio 2016), concentrati soprattutto in 6 regioni (Sicilia 43,51%, Campania 12,76%, Calabria 12,00%, Puglia 9,46%, Lazio 7,02%, Lombardia 6,88%).
Non esistono invece dati sui beni mobili, registrati e non. L’attuale normativa prevede che le somme di denaro affluiscano al Fondo unico di giustizia (FUG), istituito dal DL 143/08 convertito dalla legge 181/08. Anche in questo caso non mancano le difficoltà, a partire dall’acquisizione di dati certi sullo stock e sui flussi di risorse che affluiscono nel fondo quantificati comunque in circa 3,5 miliardi di euro.
Per superare tali criticità, il Gruppo di lavoro guidato dalla Fondazione con il Sud evidenzia la necessità di un uso sociale e di una gestione economicamente più efficiente dei beni, più pubblica e partecipata, improntata alla massima trasparenza.
A capo dell’intera filiera si prevede un “Ente” pubblico economico, che subentri all’ANBSC ma con più vaste competenze e responsabilità, con sede a Roma e personale con contratto di diritto privato, gestito da un Cda di nomina pubblica composto da manager esperti, da un rappresentante dell’Anci e delle Associazioni più impegnate nella lotta alle mafie.
L’Ente si dovrebbe occupare di gestire lo stock di risorse derivanti dalle confische e dai sequestri, che attualmente fanno parte del FUG. Di queste, 10 milioni di euro ne costituirebbero il patrimonio. Secondo le indicazioni fornite da Nomisma, l’Ente potrà raggiungere un pieno equilibrio economico finanziario e predisporrà semestralmente una dettagliata relazione al Parlamento sulle attività svolte e i risultati conseguiti.
Lo studio inoltre prevede la costituzione del Fondo Beni Confiscati, alimentato dalle risorse economiche e finanziarie relative a provvedimenti di sequestro e di confisca alle mafie attualmente trasferite al FUG, dalla eventuale vendita di beni immobili e di imprese confiscate, e da proventi finanziari derivanti da investimenti del patrimonio. Le risorse del Fondo potrebbero essere impiegate per diverse attività, tra cui investimenti su beni immobili e sostegno ai familiari di vittime della mafia.
Qui il team di enti no profit prevede una serie di soluzioni, in base alla tipologia del bene. Per gli immobili, viene proposto tra l’altro: il comodato d’uso gratuito ad organizzazioni del Terzo settore con meccanismi di evidenza pubblica; la concessione non onerosa ai Comuni per attività di rilevanza sociale; l’utilizzazione per scopi istituzionali (scuole, caserme, Enti pubblici locali) mediante avviso pubblico; la vendita del bene con procedure di evidenza pubblica aperta a tutti i soggetti, a determinate condizioni e con la cautela necessaria per evitare il rischio di “riacquisto” da parte di organizzazioni mafiose.