Province trasformate ma costi inalterati - QdS

Province trasformate ma costi inalterati

Carlo Alberto Tregua

Province trasformate ma costi inalterati

venerdì 22 Luglio 2016

Strutture e personale intatti

La questione delle Province formalmente abrogate sul territorio nazionale appare ridicola. Se il referendum sulla riforma costituzionale sarà approvato dagli elettori, dall’art. 114 della Costituzione verrà cancellata la denominazione Province. Ma esse non spariranno, in quanto sul piano amministrativo e burocratico resteranno in vita, seppure con denominazione diversa.
Infatti, le dodici città metropolitane avranno la struttura delle ex Province mentre rimarranno in vita le strutture delle città capoluogo. In altre parole la burocrazia rimane doppia: una per la città metropolitana e una per la città capoluogo.
Dove non vi è la città metropolitana, la struttura della Provincia potrà assumere denominazioni diverse, ma rimarrà sempre in vita. Potrà formarsi una Unione di Comuni o altre forme di aggregazione, ma di fatto le funzioni rimarranno a questa struttura che continuerà a mangiare soldi senza alcun rendimento di servizi ai cittadini. 

In Sicilia, l’assetto è analogo perché, con Legge regionale, si sono formate le tre città metropolitane con il sindaco che assume la presidenza di questo Ente dove sono rappresentati tutti i Comuni. Ma l’Ente fa restare in vita l’ex Provincia e continua a restare in vita l’amministrazione della città. Sicché a Catania, Palermo e Messina vi sarà la burocrazia della città metropolitana e la burocrazia della città capoluogo.
Ecco perché non si sentono rumori da parte dei sindacati del pubblico impiego. Essi sono tranquilli che cambia la forma, ma non la sostanza. L’unico risparmio nelle abrogabili Province riguarda la struttura istituzionale. Infatti non vi è più consiglio, presidente e giunta. Ma questo risparmio è veramente modesto rispetto a quello che si sarebbe potuto conseguire se le Province fossero state cancellate.
La questione riguarda le due funzioni principali che esse avevano: la manutenzione delle scuole di secondo grado (quella di primo grado è affidata ai Comuni) e la manutenzione delle strade provinciali (mentre quelle comunali sono affidate ai Comuni di competenza). Se si fossero abolite sul serio, bastava trasferire queste competenze ai Comuni, in modo da eliminare l’apparato di secondo grado che, come si scriveva, è sempre là.
 

Sulla burocrazia, cancrena e peso del Paese, si scoprono sempre nuovi altarini.
Questa volta è venuto allo scoperto Bankitalia che ha denunciato come lo Stato spenda oltre 800 milioni per pagare premi di risultato ai 48 mila dirigenti. Ovviamente del risultato non vi è alcuna traccia, a meno che non si consideri risultato, per esempio dell’ufficio stampa della Camera, la pubblicazione sul sito della rassegna stampa.
Ottocento milioni gettati al vento e sottratti al Governo, che invece avrebbe potuto destinarli al finanziamento di opere pubbliche ed al sostegno degli investimenti per creare nuova occupazione.
La riforma della Pa “Madia” (l. 124/2015) ha partorito un topolino, sotto forma di decreto legislativo, il quale prevede il licenziamento dei furbetti del cartellino e quello dei dirigenti che non sorveglino i propri dipendenti. Ma ha messo in atto una procedura così farraginosa che alla fine produrrà risultati estremamente modesti. 

La riforma citata ha delineato interventi che saranno resi operativi attraverso i decreti legislativi, i quali sono molto timidi perché non colgono l’essenza della questione burocratica: misurare la produttività dei dirigenti e dei loro dipendenti per assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione (art. 97 Costituzione).
I sistemi di misurazione della produttività sono noti in tutto il mondo e non li segnaliamo perché la questione è meramente tecnica. Però si può fare, ma non si vuole fare. Perché nel momento in cui ogni dirigente fosse responsabile della produzione giornaliera di provvedimenti amministrativi richiesti da cittadini, imprese ed altri soggetti, si scoprirebbe se stia nel solco dell’efficienza o no.
I dipendenti pubblici chiedono il rinnovo del contratto: hanno ragione. Ma non si può rinnovare un contratto con i vecchi criteri e automatismi. Esso va rinnovato eliminando tutti i premi di risultato così come sono attualmente concepiti e sostituendoli con obiettivi veri, quantificabili e controllabili. La finzione delle Province e la finzione nella burocrazia costituiscono pesi insopportabili per i cittadini, già stanchi di tasse e oneri vari.

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