Chi non ha paura muore una volta sola - QdS

Chi non ha paura muore una volta sola

Carlo Alberto Tregua

Chi non ha paura muore una volta sola

venerdì 29 Luglio 2016
Chi ha paura muore tante volte, chi non ha paura muore una volta sola. è una frase che ripeteva spesso Giovanni Falcone, quando lo mettevano in guardia da tutti i rischi che egli correva, insieme al suo collega Paolo Borsellino.
Mi è venuta in mente in occasione dell’assassinio di quest’ultimo, avvenuto il 19 luglio 1992. Il senso della frase è illuminante perché non aver paura non è un sentimento automatico, bensì la consapevolezza razionale che la paura è istintiva, alimentata dall’istinto di conservazione, che è connaturato alla specie umana.
Proprio dalla paura, ne abbiamo scritto altre volte, ognuno di noi deve trarre coraggio: appunto il coraggio della paura. Più forte è quest’ultima, più forte diventa il primo.
Paura e coraggio sono due sentimenti che non hanno una pari diffusione: la prima è comunissima, il secondo è quasi raro.
Coraggio non significa incoscienza, ma un comportamento razionale che consenta di affrontare i rischi con l’intento di vincerli.

Non svelo un segreto perché quelli della mia età lo potranno confermare. La frase chi non ha paura muore una volta sola, non l’ha inventata Falcone, bensì l’ideatore di un fumetto conosciutissimo, che va per la maggiore anche ai nostri giorni.
Gianluigi Bonelli scriveva le sceneggiature delle strisce che avevano come protagonista Tex Willer e i comprimari Kit Carson, Tiger Jack e successivamente il figlio Kit, dai Navajos chiamato Piccolo falco.
Mi ricordo con quanta emozione, appena settenne, comprai la prima striscia di questi personaggi, ovviamente con la stampa in bianco e nero e caratteri microscopici, il primo gennaio del 1948. Lo stesso giorno in cui entrò in vigore la Costituzione italiana.
Dopo quasi settant’anni quelle storie con una veste grafica elegante, tutte a colori e con caratteri leggibili, sono acquistate forse dalla gente della mia età e forse da nuovi estimatori.
Ho imparato molto da questa lunga trafila di avventure, soprattutto perché basate su principi etici che non fanno mai distinguere le persone umane per il loro colore della pelle o per la loro razza, bensì tra i buoni e i cattivi. E poi una giustizia giusta, equa, che mette a confronto delitti e pene adeguate.
 

I sentimenti di paura che albergano in ognuno di noi, la voglia di reagire, producendo consapevolmente coraggio, l’intenzione di seguire le regole di equità dovrebbero esserci costanti compagni di vita, perché quando il nostro corpo cesserà di funzionare (su questo non ci piove), il nostro Spirito sarà giudicato per quello che abbiamo fatto, bene o male.
Se noi agiamo bene, non dobbiamo farlo perché abbiamo paura delle pene. Al riguardo consiglio di leggere Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria (1738-1794). Dobbiamo comportarci in maniera corretta per osservare il primo comandamento non scritto, ma che è riportato nei tre testi delle religioni monoteiste: la Bibbia, il Corano, il Talmud.
Tale regola è il Rispetto del prossimo, cui non si dovrebbe mai fare ciò che non vorremo ricevere. Tutto il resto è conseguente e non vale la pena elencare le altre regole e i principi etici, perché quando si rispettano i terzi si è di fatto assolto il proprio obbligo morale che la vita ci impone.

Chi ha paura dei rischi che corriamo ha paura della vita, ha paura del vivere, si rincantuccia, non esce di casa perché pensa che un vaso caduto dal quinto piano lo possa uccidere, non prende l’aereo, non va in macchina.
Naturalmente, esageriamo. Perché ogni atto da noi compiuto comporta un rischio, piccolo o grande che sia: proprio per questo non bisogna essere incoscienti, ma avere cognizione precisa di ciò cui si va incontro, in modo da adottare la regoletta delle tre P: prevedere, prevenire, provvedere.
Ovviamente non abbiamo la palla di vetro. Tuttavia la nostra intelligenza comune, la nostra cultura comune, il nostro intuito comune sono in condizione di indicarci cosa fare se si verificano eventi non desiderati.
Vivere con consapevolezza, vincendo continuamente la paura, ragionando con positività, producendo al nostro interno buon umore, minimizzando le avversità, tuttavia da affrontare: ecco come si dovrebbe vivere, scegliendo la propria coscienza e la propria cultura.

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