Dipendenti Pa pagati in base a provvedimenti - QdS

Dipendenti Pa pagati in base a provvedimenti

Carlo Alberto Tregua

Dipendenti Pa pagati in base a provvedimenti

giovedì 04 Agosto 2016

Non stipendiare più le ore lavorate

Albert Einstein (1879 – 1955) sosteneva: Molti dicono che una cosa è difficile e non si può fare; poi arriva uno che non lo sa e la fa.
Sembra la fotografia della Pubblica amministrazione italiana ove vi è una gran parte di dirigenti e dipendenti che lavora non per raggiungere obiettivi ma per non stancarsi.
Ciò accade per la semplice ragione che gli obiettivi non ci sono, perché se vi fossero, sarebbe facile paragonarli con i risultati, col che verrebbe a nudo l’inefficienza e lo sperpero di risorse, per cui le cose non funzionano.
All’interno della Pa statale, regionale e locale, sembra sia comune l’acronimo UCAS (Ufficio Complicazioni Affari Semplici). Ciascuno, anziché avere una mentalità proiettata a risolvere i problemi, pensa agli affari propri, a quando finisce l’orario di lavoro per andarsene a casa, quando cominceranno le ferie, come si può agganciare una assenza di venerdì o di lunedì, anche in base alla famigerata legge 104 (ottima ma usata per i privilegi) e così via.  

La questione, ormai annosa e polverosa, riguarda il modo di pagare le prestazioni di dipendenti e dirigenti pubblici. Tale modo si può sintetizzare in un corrispettivo delle ore lavorate (si fa per dire). Si sa che il contratto è di 36 ore settimanali – un privilegio, perchè tutti gli altri lavoratori ne fanno 40 – e, presenti o non presenti, produttivi o non produttivi, alla fine del mese lo stipendio viene pagato sempre puntualmente e prioritariamente rispetto ad altri debiti che ha l’ente erogatore.
Il Governo ha aperto la trattativa con i sindacati per il rinnovo del contratto, ma non ha messo all’ordine del giorno il cuore del rinnovo: pagare gli stipendi in base ai provvedimenti erogati. Inoltre, istituire un apposito organo interno che provveda al controllo dell’efficienza e al controllo della corruzione. Un organo interno formato da professionisti esterni, indipendenti e autonomi, dotati di credenziali necessarie perché assicurino un loro comportamento integerrimo.
Se ogni dirigente, che gestisce funzionari e dipendenti, avesse l’obiettivo di smaltire ogni giorno un certo numero di provvedimenti, si capirebbe immediatamente se egli è idoneo all’incarico ricevuto, oppure no.
 

Nel settore privato i dirigenti sono sottoposti continuamente ad esami (che non finiscono mai). Non se ne lamentano perché fa parte della loro professionalità. Quando non raggiungono gli obiettivi fissati dall’ente vengono costretti alle dimissioni o vengono dimissionati. Poi hanno difficoltà a trovare nuova collocazione lavorativa perché non posseggono le necessarie credenziali.
Non si capisce perché questo sistema selettivo e produttivo non possa essere adottato nel settore pubblico, ove per altro gli stipendi non sono inferiori a quelli del settore privato.
Una differenza, però, c’è ed è che nel settore privato i risultati misurano la qualità dei dirigenti, mentre in quello pubblico sono misurati dal favoritismo e dal clientelismo.
Se torniamo più volte sulla burocrazia italiana e isolana, non è per una sorta di fissazione, bensì perché essa è una cancrena del sistema economico italiano, mentre in altri Paesi è un motore, quasi una locomotiva, che traina il sistema economico.  

Dunque, la questione è semplice: non stipendiare più le ore lavorate e pagare, invece, dirigenti e dipendenti in base ai provvedimenti emessi, cioè in base al prodotto del loro lavoro.
Sorge la domanda: ma se non viene prodotto il lavoro, non si debbono pagare? Ovvia è la risposta affermativa.
Una vecchia canzone di Celentano suonava: Chi non lavora non fa l’amore. Parafrasando si dovrebbe dire di dirigenti e dipendenti pubblici: Chi non produce non prende il salario.
Poi, c’è la ridicola questione dei premi di risultato percepiti dai dirigenti pubblici indipendentemente dal risultato. Sembra incredibile, ma è così. Ancora più incredibile è che stampa e televisioni nazionali e locali non evidenzino con continuità all’opinione pubblica queste discrasie, forse non comprendendo che esse sono una causa rilevante del mancato sviluppo del nostro Paese, mentre nel Sud c’è un vero e proprio sottosviluppo.
Non ce l’abbiamo con tutti i pubblici dipendenti perché ve ne sono tanti bravi che servono con onore.

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