Meno madri lavoratrici nel 2015. In 31 mila hanno lasciato il lavoro - QdS

Meno madri lavoratrici nel 2015. In 31 mila hanno lasciato il lavoro

Anna Claudia Dioguardi

Meno madri lavoratrici nel 2015. In 31 mila hanno lasciato il lavoro

martedì 09 Agosto 2016

Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali: le dimissioni rappresentano l’82% dei casi (25.620). Motivazioni legate alla difficoltà di conciliare la professione e la cura dei figli

ROMA – Figli e lavoro: binomio ancora spesso impossibile. Il numero di madri e padri che decidono di lasciare il lavoro nel primo anno di vita del proprio figlio (art 55 del Dlgs 151/2001) è infatti in aumento (la norma aggiornata dice che vanno convalidate le dimissioni date entro il terzo anno di vita). A rivelarlo la “Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri” presentata dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali lo scorso 8 giugno, redatta sulla base dei dati comunicati dalle strutture territoriali competenti.
Nel 2015 sono stati registrati 31.249 casi complessivi, a fronte di 26.333 casi nell’anno precedente (+19%). In una società in cui il ruolo genitoriale è ancora strettamente legato alla figura materna, le dimissioni di lavoratrici madri rappresentano l’82% dei casi (25.620); anche se sul fronte maschile si registra un notevole incremento del 46%, passando da 3.853 casi nel 2014 a 5.629 dell’anno in esame. Un dato in linea, secondo il ministero “con la sempre crescente tendenza ad una maggiore condivisione dei compiti di cura della prole”.
Il fenomeno riguarda principalmente i lavoratori tra i 26 e 35 anni con anzianità di servizio fino a 3 anni e che rivestono,nella maggior parte dei casi le qualifiche di impiegato e operaio. 
Particolarmente interessante è il paragrafo dedicato alle motivazioni addotte dai lavoratori che rivela come la carenza di servizi rivolti all’infanzia e di sostegni economici alle famiglie penalizzi ancora oggi i genitori che, di fronte al bivio, decidono di abbandonare il lavoro. Nel 31% dei casi, infatti, si tratta di motivazioni riconducibili alla difficoltà di conciliare il lavoro e la cura della prole. Nel dettaglio, l’assenza di parenti di supporto ha riguardato 4.791 casi, 3.548 i casi in cui è stata data come motivazione il mancato accoglimento al nido, infine 1.233 i genitori che hanno motivato la loro decisione con un’elevata incidenza dei costi di assistenza del neonato.
I dati suddetti sono in tutti e tre i casi in aumento ad attestare, si legge nella relazione “il persistente ruolo di supporto delle famiglie di origine delle lavoratrici/dei lavoratori per consentire la prosecuzione dell’attività lavorativa in presenza di figli, quasi a compensare la carenza di strutture di accoglienza sul territorio nazionale”.
Strettamente correlati alle difficoltà di conciliare lavoro e famiglia anche i dati relativi alle motivazioni concernenti il cambio di residenza, la distanza tra luogo di residenza e sede di lavoro e il ricongiungimento al coniuge, 1.526 casi in totale. Diminuisce leggermente, invece, il dato concernente la mancata concessione del part time, della flessibilità oraria o della modifica dei turni di lavoro. Il 16% dei lavoratori interessati dichiara, infine, di volersi dedicare in maniera esclusiva alla prole.
Un quadro tristemente noto quello sovra descritto sintomatico della carenza o dell’inefficacia delle misure di welfare fino ad ora messe in atto. In un’Italia in cui essere genitori è sempre più una sfida il tasso di natalità, intanto, continua a precipitare. Secondo i dati Istat il 2015 ha visto 15 mila nascite in meno rispetto al 2014.
 

 
Al Sud si registra il 13% del totale. In testa il Nord
 
Il divario occupazionale tra Nord e Sud si riflette, naturalmente, anche sul fenomeno in esame. È al Nord, infatti, che si registra oltre il 60% di convalide, pari a 18.897. il 26% dei casi riguarda il Centro, mentre al Sud le convalide nel 2015 sono state appena 4.060, ossia il 13% circa del totale. Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna le regioni più colpite al Nord, Lazio e Toscana quelle del Centro mentre Campania e Puglia la fanno da padrona al Sud. Per quanto concerne la distribuzione del fenomeno tra i settori produttivi, servizi e commercio sono quelli in cui si registra il maggior numero di convalide, rispettivamente il 37% e il 32%. Settori in cui, come ben evidenzia la relazione, vi è tradizionalmente un più alto tasso di presenza femminile. Mentre un residuo 17% si concentra nel settore industriale. Il numero di casi sembra essere strettamente correlato anche alle dimensioni dell’impresa in questione e cresce al diminuire delle dimensioni di quest’ultima. Il 56% dei casi di dimissioni/risoluzioni consensuali riguarda infatti dipendenti di piccole imprese, ossia quelle fino a 15 dipendenti, a seguire le imprese tra 16 e 50 dipendenti, cosiddette medie, con il 17%.

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