Rischio usura, in Sicilia indice sopra la media - QdS

Rischio usura, in Sicilia indice sopra la media

redazione

Rischio usura, in Sicilia indice sopra la media

venerdì 12 Agosto 2016

Rispetto a un indicatore nazionale pari a 100, in Sicilia si registra il punteggio allarmante di 129,2. I dati, elaborati dall’Ufficio studi della Cgia, sono aggiornati allo scorso maggio

PALERMO – A seguito delle difficoltà in cui versano molte banche italiane, nell’ultimo anno (maggio 2016 sullo stesso mese del 2015) gli impieghi bancari alle imprese sono diminuiti di 13,8 miliardi di euro. Quasi 117 miliardi di euro, se invece si analizza il periodo che va da maggio 2011 (picco massimo di erogazione) allo stesso mese di quest’anno.
Secondo la Cgia questa situazione rischia di alimentare l’usura: uno dei fenomeni più destabilizzanti del nostro tessuto produttivo dal punto di vista economico e sociale.
“Dopo il Lazio, il Veneto è una delle regioni dove la contrazione dei prestiti bancari è stata più pesante – segnala il coordinatore dell’ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo – a seguito delle difficoltà incontrate dalla Banca Popolare di Vicenza, da Veneto Banca e da alcune banche di credito cooperativo, nell’ultimo anno la contrazione degli impieghi alle imprese venete è scesa di ben 3,4 miliardi di euro, pari al -3,6% mentre nei vicini Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige il credito alle imprese è ripartito”.
Oltre agli effetti della crisi economica e al calo della domanda di credito, dice il segretario della Cgia Renato Mason, “questa forte riduzione degli impieghi è stata dovuta anche al deciso aumento delle sofferenze bancarie che a giugno di quest’anno hanno sfiorato i 198 miliardi di euro lordi”. A fronte di una progressiva crescita del credit crunch avvenuta in questi ultimi anni, la Cgia ha potuto rilevare che il rischio usura è presente soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno. Nel 2015, Campania, Calabria, Puglia, Sicilia e Basilicata sono le realtà dove la penetrazione di questo drammatico fenomeno ha raggiunto i livelli più preoccupanti.
“Con le sole denunce all’autorità giudiziaria – conclude Zabeo – non è possibile dimensionare il fenomeno dell’usura. Le segnalazioni purtroppo sono esigue. Per questo abbiamo incrociato i risultati di ben 8 sottoindicatori per cercare di misurare con maggiore fedeltà questa emergenza.
Ciò che pochi sanno sono le motivazioni per le quali molte aziende cadono tra le braccia degli strozzini. Oltre al perdurare della crisi, sono soprattutto le scadenze fiscali o per fronteggiare piccoli imprevisti di spesa a spingere molti piccoli imprenditori nella morsa degli usurai, spesso per importi molto contenuti che non superano qualche migliaio di euro”.
In particolare, rispetto a un indicatore nazionale medio pari a 100, la situazione più critica si presenta in Campania: l’indice del rischio usura è pari a 157,3 (il 57,3% in più della media Italia), in Calabria a 152,7 (52,7% in più rispetto alla media nazionale), in Puglia si ferma a 130,8 (30,8% in più della media Italia), in Sicilia a 129,2 (29,2% in più della media nazionale) e in Basilicata il livello raggiunge quota 128,6 (28,6% in più della media Italia). Mentre la realtà meno “esposta” a questo fenomeno è il Trentino Alto Adige, con un indice del rischio usura pari a 51,3 (48,7 punti in meno della media nazionale). Anche la situazione della Valle d’Aosta non desta preoccupazioni: l’indice si ferma al 63,2% (36,8 punti al di sotto della media nazionale). Sebbene il Friuli Venezia Giulia (78,2%) e il Veneto (80,6%) presentino un livello dell’indice relativamente basso, rispetto agli anni scorsi quest’ultimo è purtroppo in deciso aumento.

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