Pil inchiodato, Cipe in ritardo dal 2014 - QdS

Pil inchiodato, Cipe in ritardo dal 2014

Carlo Alberto Tregua

Pil inchiodato, Cipe in ritardo dal 2014

venerdì 19 Agosto 2016

Flessibilità significa nuovi debiti

In questi pochi giorni di allontanamento dal lavoro, approfittando della distesa atmosfera di Parigi, del suo quartiere latino e della Chiesa di Saint-Severin, leggevo quei quotidiani per capire come essi vedano il nostro Paese, alla luce dei dati pubblicati dall’Istat, relativi al Pil del secondo trimestre 2016.
Nessuna critica, anche perché la Francia ha avuto, nello stesso trimestre, crescita zero. Invece, la media europea è andata a +0,3% e sorprendentemente il Governo di destra della Spagna ha ottenuto un +0,7% mentre quello di sinistra della Grecia +0,3%.
Pochi hanno rilevato che il dato si riferisce ad un trimestre che solitamente presenta una discesa, mentre riteniamo che l’attuale terzo trimestre, sotto la spinta di turismo, agricoltura ed esportazione, anche per la diminuzione della deflazione, dovrebbe ricominciare a crescere.
In questi giorni, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (Cipe) ha sbloccato quaranta miliardi per finanziare opere di varia dimensione sparse in tutto il Paese. Ci chiediamo perché questo sblocco sia avvenuto nell’estate 2016 piuttosto che nell’estate 2014, con ciò perdendo inspiegabilmente due anni.

Quaranta miliardi, una parte ,dei quali spesi nei due anni che precedono, avrebbero dato una boccata di ossigeno all’economia e all’occupazione, con una conseguente crescita della ricchezza nazionale che stenta a raggiungere i 1.700 miliardi.
Ricordiamo che gli Stati Uniti, con una popolazione cinque volte superiore a quella italiana, hanno un Pil di oltre otto volte (17.000 miliardi di dollari).
Vediamo da quali voci è composto il Prodotto interno lordo: l’ammontare dei servizi pubblici, più l’ammontare degli investimenti pubblici, più i consumi, più le esportazioni, meno le importazioni. Dal 2014 viene stimata l’economia sommersa e i proventi di attività illegali.
L’altra faccia della medaglia (negativa), è il debito pubblico che a giugno di quest’anno ha raggiunto l’astronomica cifra di 2.248,8 miliardi, cioè ben 45 miliardi in più dello stesso mese dell’anno precedente.

 
Secondo Aristotele, è preferibile fare ciò che riesce più difficile, non per un gusto sadico ma perché la difficoltà rende più interessante lo sforzo che si fa nell’affrontare una qualunque attività.
Questo Governo, però, sembra che cerchi le difficoltà perché altrimenti non si spiegherebbe il ritardo del Cipe, evidenziato prima, nel deliberare i quaranta miliardi di investimenti.
Non veniteci a raccontare che ci sono state difficoltà di ordine burocratico perché questo confermerebbe come la Burocrazia remi contro l’Italia e gli italiani. Ma il compito di chi dirige un Paese è quello di mettere la museruola a chi abbaia per non fare e costringere ciascuno dei pubblici dirigenti e dipendenti a fare il proprio dovere. 
Non sembri un’ossessione il nostro ritornare sulla disfunzione della Burocrazia italiana, ma essa è forse la causa principale di questo blocco delle attività, mentre dovrebbe essere un motore per stimolare l’economia, mediante il rilascio immediato di autorizzazioni, concesioni e provedimenti richiesti da cittadini e imprese.

Ora Renzi vuole correre ai ripari, attuando quella manovra espansiva che avrebbe dovuto mettere in atto due anni fa. Ma non essendo stato capace di tagliare la spesa corrente, per i mille lacci e lacciuoli e per tutti i privilegi dei parassiti che mangiano nella Cosa pubblica, non ha altra strada che chiedere più flessibiltà all’Ue, autorizzando l’Italia a presentare alle Camere legge di Stabilità e legge di Bilancio (entro il 20 ottobre) con un deficit del 2,4% anziché dell’1,8%: ciò significa dieci miliardi in più di debiti.
Essi sarebbero utili se spesi con immediatezza, perché l’economia ha bisogno di uno shock fatto di iniziative e di investimenti realizzati subito. Ma se la spesa tarda, nonostante il bisogno di opere pubbliche grandi, piccole e medie, l’annuncio sarà vanificato dalla realtà. Per realizzare le opere, occorre un’amministrazione snella, professionale e veloce, e le risorse rese disponibili immediatamente.
Ce la farà Renzi a rispondere alle condizioni indicate? Non sappiamo. Sappiamo però che con l’aggiornamento del Def, da presentare alle Camere il 27 settembre, si gioca il suo futuro e quello dell’Italia

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