Rischio sismico, anche in Sicilia forti i ritardi sulla prevenzione - QdS

Rischio sismico, anche in Sicilia forti i ritardi sulla prevenzione

Rosario Battiato

Rischio sismico, anche in Sicilia forti i ritardi sulla prevenzione

giovedì 25 Agosto 2016

Nell’Isola il 90% dei comuni si trova nelle due fasce il cui il rischio è maggiormente elevato (356 su 390). Solo su 58 aree comunali sono stati eseguiti gli studi di microzonazione di primo livello

PALERMO – In Italia, il verificarsi di una calamità naturale riaccende i riflettori sulla necessità di aggiornare e velocizzare il sistema della prevenzione anche per le aree non colpite direttamente eppure nel mirino del rischio. Alcune di queste catastrofi, in effetti, sono servite per la creazione di misure ad hoc come la legge n.77/2009 che venne approvata dopo il sisma in Abruzzo e che stabilì l’avvio del fondo per la prevenzione del rischio sismico per tutte le regioni italiane. Il percorso, tuttavia, è ancora lungo, soprattutto per quelle zone particolarmente coinvolte. Tra queste c’è anche la Sicilia con circa il 90% dei comuni nelle due fasce a rischio più elevato.
  
L’analisi più efficace, nel giorno del sisma che ha colpito ieri il centro Italia, l’ha realizzata il sismologo Enzo Boschi, già presidente nazionale dell’Ingv. La sua posizione, rilasciata all’Adnkronos, si basa sulla mappa antisismica costruita sui criteri di nuova classificazione emanati nel 2003. “Sulla base di questa mappa della sismicità in Italia – ha spiegato –, cioè, bisognava realizzare interventi di prevenzione antisismica sugli edifici”.
La mappa si trova sul sito nazionale della Protezione civile: sino al 2003 c’erano soltanto tre categorie sismiche a diversa severità, poi l’aggiornamento basato “sugli studi e le elaborazioni più recenti relative alla pericolosità sismica del territorio – leggiamo sul sito del Dipartimento –, ossia sull’analisi della probabilità che il territorio venga interessato in un certo intervallo di tempo (generalmente 50 anni) da un evento che superi una determinata soglia di intensità o magnitudo”. Le quattro zone di classificazione vanno dalla più pericolosa (la zona 1, dove possono verificarsi fortissimi terremoti) fino alla meno pericolosa (zona 4, dove i terremoti sono rari). In mezzo troviamo la 2 (“in questa zona possono verificarsi forti terremoti”) e la 3 (“in questa zona possono verificarsi forti terremoti ma rari”). L’ultimo aggiornamento in materia (marzo 2015) piazza 356 comuni siciliani nelle prime due fasce di rischio: 1 (27) e 2 (329).
A fronte di questo rischio conclamato, lo stato di salute del patrimonio edilizio siciliano non è dei migliori. L’ultimo censimento dell’Istat piazza nell’Isola 1,4 milioni di edifici residenziali, tra questi ben 375 mila, cioè un quarto del totale, vengono catalogati in uno stato tra “mediocre” (331 mila) e pessimo (43 mila). Bisogna anche ricordare che in Sicilia ci sono 171 mila edifici residenziali costruiti tra il 1919 e il 1945, altri 223 mila tra il 1946 e il 1960, e 259 mila tra il 1961 e il 1970. In altri termini si tratta di poco meno di 700 mila edifici costruiti quando ancora la legislazione antisismica era agli inizi. Inoltre 1,7 milioni di abitazioni si trovano nelle aree a rischio sismico così come 4.894 scuole (pari al 24% del totale nazionale) e 398 ospedali (dati Ance-Cresme).
Un concetto ribadito anche da Enzo Bianco, sindaco di Catania, presidente del consiglio nazionale dell’Anci e già ministro con delega alla protezione civile. “Dovremo investire di più nel consolidamento e nella prevenzione. È l’unica vera arma che abbiamo”.
Per l’ordine dei geologi di Sicilia si tratta di denunciare “il grave e colpevole ritardo nelle attività di prevenzione – leggiamo in una nota –, di adeguamento e miglioramento sismico degli edifici pubblici e privati”. In cima alla lista delle cose da fare ci sono gli studi sulla microzonazione sismica che “nella nostra regione – continuna la nota – sono ferme al palo ormai da anni”. Inutili i “consistenti stanziamenti statali” arrivati con le ordinanze del dipartimento nazionale di protezione civile perché “ad oggi solo su 58 comuni della regione siciliana su 282, classificati a rischio secondo la normativa di riferimento, sono stati eseguiti gli studi di microzonazione di primo livello dando seguito alla prima ordinanza del 2010”.

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