Voglio ospitare immigrati ma solo se in regola - QdS

Voglio ospitare immigrati ma solo se in regola

Carlo Alberto Tregua

Voglio ospitare immigrati ma solo se in regola

giovedì 25 Agosto 2016

No all’immissione indiscriminata

Mettiamo subito le cose in chiaro: tutti coloro che sono in mare o in qualunque altro luogo, in pericolo di vita, debbono essere salvati, portati in strutture sicure ove vi sia un’assistenza adeguata, rifocillati e pronti: pronti per che cosa? Per essere controllati e per valutare l’eventuale richiesta di asilo che ognuno può presentare allo Stato italiano.
Va da sé che questa regola di un Paese ordinato non può e non deve essere applicata ai minorenni, soprattutto se non accompagnati. E forse, non può essere applicata neanche alle donne che, nonostante l’ovvia parità con gli uomini, costituiscono sempre soggetti deboli.
Scritto questo, non può più essere tollerata l’indiscriminata immissione di fatto sul territorio nazionale, alimentata da una situazione inizialmente precaria e di emergenza, trasformatasi in ordinaria amministrazione.
Delle due, l’una. O si ristrutturano immobili pubblici, fra cui caserme, in modo da trasformarli in pensioni o alberghi per ospitare gli immigrati sempre più numerosi e bisognosi, ovvero si procede alla necessaria selezione e si accettano o si respingono gli immigrati, in base al loro status.

Se si accettano, vanno registrati in un’apposita sezione delle anagrafi dei Comuni, le quali ora confluiscono nell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), che concentra le generalità di tutti i cittadini ufficialmente in Italia.
Poi vi sono i clandestini che non hanno diritto di risiedere sul nostro territorio e andrebbero rispediti nelle loro patrie d’origine, ma con i charter. Invece, ogni tanto, il ministro dell’Interno fa un decreto di espulsione (quest’anno un enorme numero: ben 109) e li rispedisce a casa ad uno ad uno, con un costo stimato da più parti di ben diecimila euro pro-capite, quando con la stessa cifra si potrebbe caricare un charter con duecento persone.
Fra spese per la sicurezza, quelle necessarie per la Guardia Costiera e per tutti i navigli delle altre Armi ed Organizzazioni che pattugliano il Mediterraneo al limite delle acque territoriali libiche, lo Stato spende una barca di soldi. E un’altra barca di soldi per l’ospitalità e l’assistenza medica.
Volete sapere a quanto ammontano queste due barche di soldi? è scritto nel Def pubblicato l’8 aprile: 3,3 miliardi.
 

Ma, venendo facendo, il Governo si è accorto che questa somma non era più bastevole ed ecco che ha maggiorato il preventivo – come indicato nella Nota di aggiornamento del Def che dovrà essere presentato alle Camere il prossimo 27 settembre -: 4,3 miliardi, cioè uno in più della previsione.
Qualcuno può osservare che questa spesa pubblica fa girare l’economia. In parte è vero. Ma è un’economia che alimenta quella sommersa,  che non aumenta l’occupazione di dipendenti con contratto a tempo indeterminato e che comunque non costituisce una strada per lo sviluppo.
Non vorremmo fare un esempio irriverente, ma qualcuno sosteneva che pur di spendere soldi pubblici, bisognava far scavare le buche ai disoccupati e poi fargliele riempire,  tanto per tenerli occupati e giustificare la loro paghetta.
Beh, è inutile negarlo, dietro questa azione umanitaria vi è un grosso business di cooperative, enti religiosi, piccoli albergatori ed altri, che si alimentano con questa attività non produttiva.

Papa Francesco, durante l’Angelus del 6 settembre 2015, ordinò a tutte le parrocchie di accogliere almeno una famiglia di immigrati, indipendentemente dal diritto di quest’ultima di restare in Italia. Sia lode al Papa, che finalmente ha smosso, seppure solo a parole, un’imponente struttura (quella ecclesiastica) che aveva dimostrato una certa sordità nei confronti del fenomeno migratorio clandestino.
Molte famiglie, pur non essendo sollecitate, hanno ospitato ed ospitano immigrati. Ma tanto per non parlare al vento, comunico pubblicamente che io sarei disposto ad ospitare un immigrato a condizione che egli sia regolarmente iscritto nelle anagrafi e che stia qui avendone pieno titolo. Dirò di più, sarei disposto ad assumerlo, sempre vigendo la indicata condizione di regolarità. E chissà quante altre famiglie e imprese sarebbero disposte a fare altrettanto.
Qui non si tratta di esercitare una sorta di carità pelosa, di esprimere solidarietà verso chi ha bisognjo e chi vuole migliorare a buon diritto la propria vita. La Sicilia ospita un terzo degli immigrati. Come siciliano vorrei contribuire  ma applicando le regole di convivenza e le leggi dello stato di diritto.

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