Possiamo dire che è scemo anche quando non attua quelle azioni di prevenzione nei confronti dei terremoti. Quasi nulla può fare, invece, per le eruzioni vulcaniche e chi vive intorno all’Etna ne sa qualcosa.
I terremoti non si possono prevedere: ricordiamo la vicenda giudiziaria risoltasi con l’assoluzione di chi, secondo alcuni, li avrebbe dovuti prevedere. Però, gli immobili possono essere costruiti con norme antisismiche, e questo già accade dal 2008, mentre tutti quelli esistenti possono essere ristrutturati e messi in sicurezza (almeno parziale), rispetto agli eventi che capitano naturalmente, per effetto dei movimenti della crosta terrestre.
Ma quest’opera di prevenzione non viene effettuata, per cui quando accadono i disastri ci sono morti, feriti e lacrime di coccodrillo.
Vi sono diverse norme che obbligano a costruire i nuovi stabili con criteri antisismici, ma non ve n’è alcuna che obbliga la proprietà di quelli esistenti ad effettuare le opere per metterli in sicurezza.
Non vi è neanche una legge che obblighi i proprietari di immobili (cittadini, imprese, enti pubblici ed altri) ad assicurare gli stessi contro i terremoti.
Quando essi si verificano, la perdita di vite umane, i feriti e i danni agli immobili e alle pubbliche vie, si contano con emozione. Ma l’indomani, bisogna mettere mano alla ricostruzione integrale di quanto il terremoto ha spazzato via, così come hanno fatto i friulani nel 1976 e gli emiliani nel 2012; mentre non può dirsi lo stesso per gli abitanti della Valle del Belice quando nel ‘68 sono stati rasi al suolo 9 comuni.
Quando si verificano i terremoti, la cosa più grave per la ricostruzione degli stabili è trovare le risorse, compito quasi sempre affidato alle casse dello Stato e ad una Burocrazia centrale e locale che, come è noto, è insufficiente.
Se, invece, le assicurazioni, che potrebbero a loro volta riassicurarsi con compagnie internazionali, alimentate dai premi pagati da tutti i proprietari, fossero chiamate in causa, la liquidazione dei sinistri avverrebbe in tempi rapidi, mettendo così in condizione i proprietari di affidare gli appalti per la ricostruzione, quasi subito.
Il percorso post-terremoti dovrebbe essere codificato, per cui, tolta l’emotività e la pena del momento, dall’indomani si dovrebbe sapere cosa fare, secondo una procedura già approvata in precedenza.
La prima cosa è quella di dotare coloro che hanno perso gli immobili, di un luogo stabile ove abitare per due o tre anni. Individuare quindi aree utili ed installare casette di legno, qualche centinaio, che le industrie italiane ed estere producono normalmente a basso costo. In un mese, si potrebbe costruire un villaggio di tre o quattromila persone, dotato ovviamente delle necessarie infrastrutture provvisorie quali scarichi, condotte di acqua e rete di energia.
Ma tutto questo lo farebbe uno Stato efficiente, non quello italiano affidato a politici e burocrati scadenti.
A proposito dei politici, sono tutti in ferie, meritate ferie perché hanno sudato molto nei dodici mesi precedenti, come se la rappresentanza istituzionale fosse un lavoro. Non è così, perché la politica è un servizio e come tale non deve essere remunerato, salvo i rimborsi delle spese a piè di lista. Ma questo è un discorso fatto a sordi che non ci vogliono sentire.
A fronte di questi comportamenti asociali, bisogna dare atto della efficienza della macchina pubblica di tutti i servizi che quando capitano sciagure di questo o altro genere, intervengono prontamente con sacrificio ed abnegazione. Anche questi sono pubblici dipendenti, però appartengono a quella metà dei bravi, onesti e professionali.
E bisogna dare atto alle migliaia di volontari, soprattutto giovani, che lavorano giorno e notte senza compensi, esattamente come dovrebbero fare i politici.