I terremoti uccidono perché l'uomo è scemo - QdS

I terremoti uccidono perché l’uomo è scemo

Carlo Alberto Tregua

I terremoti uccidono perché l’uomo è scemo

sabato 27 Agosto 2016

Legge su assicurazione obbligatoria

Perché l’uomo è scemo? Perché non si allaccia le cinture di sicurezza e usa il telefonino senza auricolari in auto; o perché fuma: insomma, compie atti non intelligenti che possono cagionare danni a se stessi ed agli altri.
Possiamo dire che è scemo anche quando non attua quelle azioni di prevenzione nei confronti dei terremoti. Quasi nulla può fare, invece, per le eruzioni vulcaniche e chi vive intorno all’Etna ne sa qualcosa.
I terremoti non si possono prevedere: ricordiamo la vicenda giudiziaria risoltasi con l’assoluzione di chi, secondo alcuni, li avrebbe dovuti prevedere. Però, gli immobili possono essere costruiti con norme antisismiche, e questo già accade dal 2008, mentre tutti quelli esistenti possono essere ristrutturati e messi in sicurezza (almeno parziale), rispetto agli eventi che capitano naturalmente, per effetto dei movimenti della crosta terrestre.
Ma quest’opera di prevenzione non viene effettuata, per cui quando accadono i disastri ci sono morti, feriti e lacrime di coccodrillo.

Vi sono diverse norme che obbligano a costruire i nuovi stabili con criteri antisismici, ma non ve n’è alcuna che obbliga la proprietà di quelli esistenti ad effettuare le opere per metterli in sicurezza.
Non vi è neanche una legge che obblighi i proprietari di immobili (cittadini, imprese, enti pubblici ed altri) ad assicurare gli stessi contro i terremoti.
Quando essi si verificano, la perdita di vite umane, i feriti e i danni agli immobili e alle pubbliche vie, si contano con emozione. Ma l’indomani, bisogna mettere mano alla ricostruzione integrale di quanto il terremoto ha spazzato via, così come hanno fatto i friulani nel 1976 e gli emiliani nel 2012; mentre non può dirsi lo stesso per gli abitanti della Valle del Belice quando nel ‘68 sono stati rasi al suolo 9 comuni.
Quando si verificano i terremoti, la cosa più grave per la ricostruzione degli stabili è trovare le risorse, compito quasi sempre affidato alle casse dello Stato e ad una Burocrazia centrale e locale che, come è noto, è insufficiente.
Se, invece, le assicurazioni, che potrebbero a loro volta riassicurarsi con compagnie internazionali, alimentate dai premi pagati da tutti i proprietari, fossero chiamate in causa, la liquidazione dei sinistri avverrebbe in tempi rapidi, mettendo così in condizione i proprietari di affidare gli appalti per la ricostruzione, quasi subito.
 

Non si capisce perché questo semplice meccanismo non sia stato messo in atto in questi settant’anni, con la conseguenza che le ricostruzioni sono lentissime perché Papà Stato non ha le risorse, mentre responsabilizzando i singoli proprietari e fissando per legge i percorsi di approvazione dei provvedimenti di ricostruzione, essa si potrebbe realizzare in tempi ragionevoli.
Il percorso post-terremoti dovrebbe essere codificato, per cui, tolta l’emotività e la pena del momento, dall’indomani si dovrebbe sapere cosa fare, secondo una procedura già approvata in precedenza.
La prima cosa è quella di dotare coloro che hanno perso gli immobili, di un luogo stabile ove abitare per due o tre anni. Individuare quindi aree utili ed installare casette di legno, qualche centinaio, che le industrie italiane ed estere producono normalmente a basso costo. In un mese, si potrebbe costruire un villaggio di tre o quattromila persone, dotato ovviamente delle necessarie infrastrutture provvisorie quali scarichi, condotte di acqua e rete di energia.
Ma tutto questo lo farebbe uno Stato efficiente, non quello italiano affidato a politici e burocrati scadenti.

A proposito dei politici, sono tutti in ferie, meritate ferie perché hanno sudato molto nei dodici mesi precedenti, come se la rappresentanza istituzionale fosse un lavoro. Non è così, perché la politica è un servizio e come tale non deve essere remunerato, salvo i rimborsi delle spese a piè di lista. Ma questo è un discorso fatto a sordi che non ci vogliono sentire.
A fronte di questi comportamenti asociali, bisogna dare atto della efficienza della macchina pubblica di tutti i servizi che quando capitano sciagure di questo o altro genere, intervengono prontamente con sacrificio ed abnegazione. Anche questi sono pubblici dipendenti, però appartengono a quella metà dei bravi, onesti e professionali.
E bisogna dare atto alle migliaia di volontari, soprattutto giovani, che  lavorano giorno e notte senza compensi, esattamente come dovrebbero fare i politici.

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