Fra questi, stride l’enorme quantità di ex politici a livello statale e regionale, che percepiscono pensioni multiple, cui spesso si addiziona quella erogata dall’Europarlamento. Non solo, ma a chi, per esempio, è stato professore universitario o magistrato in aspettativa, pur senza andare un giorno sul posto del lavoro, al raggiungimento del limite di età, è stata liquidata ugualmente la pensione, che potrebbe essere la quarta.
A Boeri ha risposto il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, il quale ha detto che è pericoloso mettere le mani nelle tasche dei pensionati, soprattutto quelli che percepiscono fino a 1.500 euro lorde al mese.
Si tratta ovviamente di un’osservazione strumentale perché Boeri si riferiva a ben altri livelli di assegni pensionistici, e non a quelli di 1.500 euro lorde al mese.
La questione è molto semplice. Occorre rivedere i calcoli di liquidazione delle pensioni, ovviamente superiori, mettiamo a 2.000 euro al mese lordi, rifacendo i conti esclusivamente in base ai contributi versati, indipendentemente dal numero di anni lavorativi. Se si facesse questo conteggio ex novo, dice Boeri, lo Stato risparmierebbe quaranta miliardi e si immetterebbe nel sistema il principio di equità, ovviamente inesistente, perché vi è una nutrita categoria di privilegiati.
La risposta del Sottosegretario è indicativa della posizione governativa: non occorre disturbare i manovratori, vale a dire tutti i pensionati privilegiati ai quali se venisse sottratta quella parte di assegno che non compete, verrebbe voglia di protestare privando del loro consenso il Governo.
Ma non si governa veramente continuando a sentire l’umore del popolo. Un vero governo che facesse Politica, dovrebbe prendere provvedimenti in ragione dell’equità, non del favore o disfavore che essi potrebbero avere.
La cinghia continua a stringersi per molti cittadini, 4,5 milioni dei quali sono ufficialmente poveri.
La Corte costituzionale ha dichiarato legittimo il comportamento di un precedente governo che aveva applicato un contributo di solidarietà alle pensioni d’oro. Nel caso prospettato, non si tratta di prelevare un ulteriore contributo di solidarietà, bensì di stabilire la regola dell’equità richiamata dall’articolo 3 della Costituzione secondo la quale “Tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge”.
Per la categoria dei pensionati, il citato articolo 3 non vale perché vi sono pensionati normali, che percepiscono l’assegno in base ai contributi versati e pensionati privilegiati, che percepiscono un assegno molte volte superiore ai contributi versati.
Evidentemente, i pensionati privilegiati sono più uguali dei pensionati normali, secondo il Governo. Per esempio, è stato un vicepresidente di una regione meridionale che, per soli trenta mesi di attività politica, ha cominciato a percepire un vitalizio di 3.600 euro lorde al mese, pur avendo dovuto integrare con quarantacinquemila euro il Fondo pensione. In un anno e mezzo recupererà i quarantacinquemila euro e se camperà almeno altri vent’anni, noi cittadini gli pagheremo un vitalizio, appunto, di 3.600 euro lorde al mese.
Con questi chiari di luna, con il debito pubblico giunto a 2.248 miliardi di euro (giugno 2016), con la disoccupazione fra le più alte d’Europa, la macchina economica che non si rimette in moto perché mancano gli investimenti, con i consumi intorno allo zero, come l’inflazione, con un territorio disastrato, con tutte queste cose da fare, il Governo non tenta di reperire le necessarie risorse togliendole non ai poveretti, ma ai pensionati privilegiati.
Non si capisce in quale logica politica si inserisca un’azione iniqua che mantiene lo status quo.