Tutti gli eletti non ricevono indennità, salvo il rimborso delle spese, a meno che, con la solita furbizia, non stabiliscano gettoni di presenza per le riunioni degli Organi. Sì, perché tutti gli incarichi istituzionali vengono considerati posti di lavoro e non attività politica, che si deve svolgere senza alcun compenso, ripetiamo, salvo le spese vive sostenute per recarsi nei luoghi istituzionali.
Le Città Metropolitane e i Liberi Consorzi, in base alla legge regionale 15/2015 hanno sostituito, pari pari, Consigli, Giunta e Presidente delle Province: l’unica differenza è che si tratta di un’elezione di secondo grado e non più diretta da parte dei cittadini.
Cambia la forma ma non cambia la sostanza. In più, aumenteranno gli intrallazzi fra questi eletti provenienti dai Consigli comunali i quali, come al solito, tireranno l’acqua al proprio mulino anziché servire l’interesse generale.
La legge regionale citata, con successive modifiche, prevede che la Città Metropolitana abbia come vertice istituzionale il sindaco del capoluogo, mentre i Liberi Consorzi eleggeranno il loro Presidente e la Giunta. Come vedete, la regola gattopardesca si ripete anche in questo caso: tutto cambia perché nulla cambi.
Ma la beffa maggiore di questa vicenda, poco portata all’opinione pubblica siciliana, è che l’apparato burocratico non cambia di una virgola e non costa un euro di meno. Quello che costava alle Province, oggi costa alle Città Metropolitane e ai Liberi Consorzi. Tale apparato è rimasto negli stessi luoghi ove prima erano le Province, con gli stessi dipendenti e gli stessi dirigenti, con le stesse funzioni con gli stessi compiti e con gli stessi emolumenti.
Ripetiamo, tutto cambia perché nulla cambi. Ed è proprio questa la rovina della Sicilia: uno stagno putrido e fetido, divenuto insopportabile nel quale si alimentano fermenti, virus, bacilli e ogni tipo di infezione, la peggiore che possa esserci in Italia.
Il silenzio colpevole è connivente perché non fa capire ai siciliani una cosa fondamentale: il sindacato, che rappresenta i pubblici dipendenti, dovrebbe essere un organismo trasparente che deve difendere i propri i scritti onesti.
Quando, invece, sono mescolati il grano e il loglio, non si capisce più dove sta l’uno e dove sta l’altro. Invece, c’è bisogno di chiarezza e luminosità nelle istituzioni e nella burocrazia, ma sembra che nei due ambienti non vi sia energia per accendere illuminazione. O meglio, non c’è la voglia di accendere illuminazione perché così, nel buio, chi ha interesse può pescare nel torbido e continuare a succhiare il sangue dei cittadini con un comportamento parassitario che invece dovrebbe essere debellato.
Dopo il 20 novembre, Città Metropolitane e Liberi Consorzi avranno acquisito una nuova veste istituzionale, pur mantenendo inalterate le spese per il loro funzionamento.
Trattandosi di organismi di secondo grado, tali spese dovrebero essere a carico delle istituzioni di primo grado, cioè i Comuni, mentre in atto esse rimangono a carico della Regione.
Si tratta di una palese violazione del principio costituzionale di sussidiarietà (art. 118) secondo il quale i Comuni sono il primo anello delle istituzioni; le Regioni intervengono nelle materie che i Comuni non possono svolgere; lo Stato interviene nelle materie che le Regioni non sono in condizioni di svolgere.
Proprio in virtù di tale principio lo Stato può sostituirsi ai poteri delle Regioni e dei Comuni quando essi non ottemperano ai loro doveri sia per omissioni che per atti e comportamenti che vanno fuori dal loro preciso binario istituzionalie. Ma in Sicilia la Regione continuerà a finanziare Città Metropolitane e Liberi Consorzi, sostenendo oneri che dovrebbero essere invece a carico dei Comuni: uno sberleffo.