Finalmente "Il Merito non è una parolaccia" - QdS

Finalmente “Il Merito non è una parolaccia”

Carlo Alberto Tregua

Finalmente “Il Merito non è una parolaccia”

martedì 18 Ottobre 2016

Tradurre le intenzioni in azioni

All’Assemblea nazionale dell’Anci, di mercoledì 12 ottobre, nel corso della quale è stato eletto presidente della giunta il sindaco di Bari, Antonio Decaro (mentre il presidente dell’assemblea è Enzo Bianco, sindaco di Catania), il primo ministro Matteo Renzi ha fatto una dichiarazione dirompente: “Il Merito non è una parolaccia”.
Da oggi in poi, se questa enunciazione, che dovrebbe corrispondere a una ferma intenzione del Governo, verrà tramutata in azione, finalmente vi sarà quella svolta indispensabile al funzionamento di tutto il Paese.
È infatti noto che la lentezza di tutti i meccanismi burocratici, oltre che la pesantezza della pressione fiscale, inceppa il sistema economico portato sulle spalle delle imprese, che sono le uniche che producono ricchezza.
Infatti, le società di diritto privato controllate dalle Istituzioni producono oltre 10 miliardi di perdite e alimentano favoritismi e corruzione. È vero che il Sistema europeo dei conti (Sec 2010) dal 1° ottobre di quest’anno equipara le partecipate pubbliche alla Pubblica amministrazione, ma questo ancora ha rilevanza solo statistica e non cogente.   

“Il Merito non è una parolaccia”. Noi scriviamo da oltre 30 anni come l’assenza dei due valori, Merito e Responsabilità, siano le cause della depressione economica del Paese, fortemente accentuata dalla crisi iniziata nel 2008. Ma, come abbiamo precedentemente pubblicato, nell’arco di tempo 2000-2015, il Pil è aumentato: in Spagna del 23,5%, in Francia del 18,5%, in Germania del 18,2%. In Italia, invece, è diminuito dello 0,5%.
Renzi ha parlato alla suocera perché intenda la nuora. Non ha precisato che il Merito va introdotto nelle pubbliche amministrazioni a tutti i livelli, in modo che i bravi si trovino in testa alle graduatorie e ricevano premi, mentre i fannulloni e gli incapaci vadano in coda e i corrotti vengano espulsi dal sistema.
E si capisce perché il premier non ha precisato i soggetti cui era indirizzato il suo monito: perché teme di perdere la simpatia dei 4,2 mln di dipendenti pubblici e delle partecipate, in vista del prossimo referendum costituzionale del 4 dicembre. Ma è stato, tuttavia, coraggioso nell’aver  enunciato il principio che dopo tale data egli ha l’obbligo etico di attuare.
 

L’occasione propizia è il rinnovo del Ccnl dei dipendenti pubblici, che andrebbe applicato anche ai dipendenti delle partecipate. è proprio in questa occasione che Renzi deve mettere sul piatto delle risorse finanziarie un capovolgimento del modo di retribuire il lavoro: una parte fissa e una seconda premiale in relazione ai risultati raggiunti.
Gli ignoranti di organizzazione potrebbero osservare che nella Pubblica amministrazione non sono misurabili i risultati. Si tratta di una menzogna detta in malafede perché non vi è servizio, pubblico o privato, che non possa essere misurato. Come? Fissando gli obiettivi che devono essere raggiunti in base ad un cronoprogramma tassativo.
È del tutto evidente che la comparazione tra risultati ed obiettivi e fra cronoprogramma e tempi di realizzazione danno la precisa misura della qualità del lavoro svolto e della capacità di dirigenti, cui compete il dovere di far funzionare la squadra di dipendenti da indirizzare, gestire e controllare.  

“Il Merito non è una parolaccia”. Non sappiamo se questa affermazione sia frutto di Renzi ovvero della squadra di ghostwriter che gli danno suggerimenti, anche se siamo convinti che in quello che dice c’è molta farina del suo sacco.
Ribadiamo che questa è una svolta fondamentale perché, se si mettesse in atto il principio riportato, si darebbe una svolta formidabile al funzionamento della macchina pubblica, che potrebbe produrre una accelerazione di tutte le procedure, con la conseguenza di recuperare almeno un punto di Pil.
La questione ha enormi difficoltà perché la parte cattiva dei dirigenti non vuole lavorare in base al Merito, bensì continuare ad utilizzare il sistema dei favori che alimenta la corruzione. Ciò perché essi sono incapaci e si trovano in quei posti per raccomandazione e padrinaggio politico, anzicché per le loro qualità manageriali e professionali.
Per fortuna, c’è l’altra parte, crediamo maggioritaria, di dirigenti pubblici bravi, capaci e onesti, che devono far sentire la loro voce per far divenire la Pa italiana una delle prime in Europa, anziché fanalino di coda.

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