Non licenziare ma far quadrare i conti - QdS

Non licenziare ma far quadrare i conti

Carlo Alberto Tregua

Non licenziare ma far quadrare i conti

martedì 25 Ottobre 2016

Basta pagare inutili stipendi

La Legge di stabilità, approvata dal Consiglio dei ministri sabato 15 ottobre, è strapiena di uscite certe, mentre contiene entrate che forse si verificheranno, fra cui quelle relative alla voluntary disclosure, all’evasione fiscale, alla rottamazione delle cartelle esattoriali: tutte e tre valgono circa 10 miliardi. Dal che, le perplessità già manifestate dall’Unione europea.
C’è poco sul versante della riduzione della spesa, perché i privilegiati fanno resistenza a oltranza e il Governo non ha la forza sufficiente per usare il metro dell’equità e dare a chi merita e non a chi occupa abusivamente postazioni, scrivanie e luoghi pubblici.
L’esubero di molte migliaia di dipendenti delle Pubbliche amministrazioni e il prossimo esubero dalla messa in liquidazione di migliaia di partecipate pubbliche creerà un ingorgo di dipendenti, inutili alla produzione dei servizi, che però non possono essere licenziati.
Non si possono neanche licenziare i cosiddetti precari per questioni di solidarietà. Tuttavia, questa massa enorme di cittadini, assunti con criteri clientelari, in base alla cultura del favore, ed entrati nella Pa di straforo, ha un peso enorme sulle casse pubbliche, anche perché si tratta di stipendi pagati a vuoto, senza alcuna contropartita.

La questione è ancora più grave in Sicilia, dove il mezzo clientelare l’ha fatta da padrone per molti decenni. Anche nell’Isola vi sono decine di migliaia di dipendenti e dirigenti del tutto inutili alla produzione dei servizi. Eppure anche in questo caso, è molto difficile mandarli a casa, sempre per questioni di ordine sociale.
Ma, in parallelo, vi è un’altra questione di ordine sociale del tutto simile: ci riferiamo ai 386.000 disoccupati (Istat,  giugno 2016) i quali, non essendo figli di un Dio minore, avrebbero diritto di percepire uno stipendio come i loro conterranei, che invece hanno avuto la fortuna di essere assunti a suo tempo nelle pubbliche amministrazioni isolane. Per non parlare del milione di poveri che non riesce neanche a mangiare.
Da questo scenario emerge un’imprescindibile necessità, con la questione prospettata, che va affrontata nella sua interezza: sono speculatori politici quelli che difendono i precari o i dipendenti pubblici in esubero, ma se ne infischiano di disoccupati e poveri.
 

Questo non è un modo equo per amministrare una Comunità, in quanto non si possono finanziare alcune categorie di cittadini e mantenere altri in condizioni disastrose.
È perciò il momento di non pagare inutili stipendi, anche per far quadrare i conti. Se poi solidarietà s’ha da fare con gli esuberi, bisogna prevedere una spesa, intitolata a essa, che tenga conto anche di disoccupati e poveri.
Per determinare l’effettiva necessità di dirigenti pubblici basta redigere il Piano aziendale, per branca amministrativa, munito di sottopiani aziendali per dipartimenti, aree, servizi e altre categorie.
Ma da quest’orecchio i dirigenti pubblici non ci sentono e gli incompetenti assessori regionali e comunali non li costringono a redigere tali Piani aziendali, che non lascerebbero spazi ad abusi e corruzione.
Gli incapaci assessori regionali e comunali non spingono nemmeno sulla digitalizzazione dei servizi, essenziale per favorire la trasparenza e il controllo dei cittadini sulla Pa.

È venuta l’ora di dire basta all’erogazione di inutili stipendi e di stabilire che soltanto chi lavora in modo produttivo nella Pa deve essere pagato; tutti gli altri possono ricevere un assegno di solidarietà.
Contare sul turn over per diminuire il numero di dipendenti in Sicilia è un processo di lungo periodo. Intanto, però, si potrebbe procedere a riqualificare il lavoro pubblico, mediante la mobilità, che purtroppo non si riesce ad attuare per l’ignavia di politici e dirigenti pubblici. E anche, lo ripetiamo, per l’assenza dei Piani aziendali.
I precari, dice l’illuminato presidente della Regione, saranno assunti dalla Resais Spa. Non crediamo che lo farà, perché il guardiano dei conti, l’assessore Baccei, non lo potrà consentire. Ma anche perché, in base al Sec 2010, le cifre delle partecipate vengono ora conteggiate da Eurostat come fossero vera e propria Pa, con le conseguenze che non possono più debordare dal perimetro della spesa pubblica.
La rete si stringe e solo i bravi assessori e dirigenti non si faranno strangolare da essa. Agli altri, le fiamme dell’inferno politico

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