Sicilia, 3 mld di euro nel prossimo triennio - QdS

Sicilia, 3 mld di euro nel prossimo triennio

Raffaella Pessina

Sicilia, 3 mld di euro nel prossimo triennio

venerdì 28 Ottobre 2016

Cdm, sì alle nuove norme di attuazione dello Statuto in materia di entrate. Il Presidente Crocetta: “Si tratta di un accordo storico”

PALERMO – Il Consiglio dei ministri ha approvato le norme di attuazione dello Statuto siciliano in materia di entrate. In presenza dell’assessore regionale alle attività produttive Mariella Lo Bello, il Consiglio dei ministri, su proposta del presidente Matteo Renzi e del ministro per gli Affari regionali e le autonomie Enrico Costa, ha approvato il decreto legislativo concernente norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana recante modifiche al Decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1955, n. 1074, sulle norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria.
 
Il decreto, che dovrà essere promulgato dal Presidente della Repubblica, prevede, secondo i calcoli della Regione, 3 miliardi di euro nel prossimo triennio per la Sicilia dopo che lo scorso 3 ottobre la commissione paritetica riunita a Palazzo d’Orleans aveva determinato le norme di attuazione che modificano i rapporti finanziari tra Stato e Regione. Il presidente della Regione Rosario Crocetta parla di “accordo storico, poiché rivede un sistema vigente dal 1970, che ha determinato un mancato riconoscimento di entrate previste dalle norme statutarie, mai attuate dallo Stato”.
La Regione stima che a regime la Sicilia potrà contare entrate stabili pari a oltre 1,8 miliardi annui, con una compartecipazione Irpef nel 2016 di circa 4,441 miliardi, nel 2017 di 5,341 miliardi e nel 2018 di 5,626 miliardi. Somme che, sempre secondo i calcoli della Regione, si traducono in risorse aggiuntive per il bilancio regionale di 500 milioni di euro per il 2016 (già stanziate con il decreto legge 113 del 2016, convertito con legge 160 del 2016), 1,400 miliardi di euro per il 2017 e 1,685 miliardi dal 2018. Risorse che “consentono ora alla Regione siciliana  – ha detto Crocetta – di rispettare il principio del pareggio di bilancio, introducendo espressamente il richiamo al gettito fiscale maturato nel territorio regionale e non meramente riscosso”.
Insomma, alla Sicilia viene garantito un gettito corrispondente alla sua capacità fiscale, secondo le indicazioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale n. 207 del 2014. Ma nell’intesa Stato-Regione vi sono delle clausole ben precise alle quali la Regione dovrà attenersi pena il non trasferimento delle somme: come le riduzioni strutturali della spesa corrente non inferiori al 3% dal 2017 al 2020, escludendo da queste riduzioni la spesa per la sanità, le spese compensative delle entrate relative alle regolazioni contabili, riferite alle compartecipazioni statutarie, il concorso alla finanza pubblica, gli oneri per i rinnovi contrattuali. Riduzione della spesa che andrà attuata attraverso anche il recepimento totale della legge Madia (n.124/2015).
 
Soddisfatta il capogruppo del Pd all’Ars Alice Anselmo: “L’approvazione da parte del Consiglio dei ministri dell’accordo di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana segna una pagina fondamentale nel percorso di rafforzamento e messa in sicurezza dei conti della Regione, e riconosce la giusta dignità alla nostra Autonomia per la quale oggi inizia una nuova stagione”. Gianpiero D’Alia, presidente della commissione Bicamerale per le questioni regionali ha detto come “Nella recente indagine conoscitiva della Bicamerale sull’attuazione degli Statuti speciali avevamo già rilevato le criticità relative alle prerogative della Regione siciliana in materia fiscale e individuato la causa di queste  proprio nella mancata adozione di norme di attuazione dello Statuto siciliano”.
 
E prosegue: “L’approvazione da parte del Consiglio dei ministri è un fatto estremamente positivo perchè si esce così da una situazione di vaghezza che ha comportato anche numerosi contenziosi davanti alla Corte costituzionale, e si pone fine ad un ritardo di oltre trent’anni nel sostituire le vecchie norme di attuazione che erano addirittura antecedenti alla riforma tributaria”.

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