Ci vogliono terremoti e morti per ristrutturare - QdS

Ci vogliono terremoti e morti per ristrutturare

Carlo Alberto Tregua

Ci vogliono terremoti e morti per ristrutturare

martedì 01 Novembre 2016

La classe politica ha fallito

Cinque terremoti in sette anni sono un record anche per l’Italia. Il nostro territorio è fragile e si muove anche in quelle parti ove non era mai accaduto, come nel caso dell’Emilia.
Non osiamo pensare cosa accadrebbe se si verificasse un cataclisma in Campania, come l’eruzione del Vesuvio del 1631, ovvero un terremoto in Sicilia come quello di Messina del 1908, oppure il purtroppo atteso Big One che potrebbe interessare tutta la faglia da Vibo Valentia a Capo Passero. Semmai questa disgrazia dovesse verificarsi, sono attesi 2 milioni di morti.
Di fronte a questo scenario, ormai arcinoto, la classe politica di qualunque colore, che ha governato l’Italia in questi ultimi 30 anni, ha dimostrato pochezza di prospettiva, non ha mai affrontato i problemi strutturali del Paese e si è accontentata delle piccole soluzioni, giorno per giorno, che tamponavano le emergenze senza affrontare le questioni di fondo.
Questa generazione sta subendo le conseguenze di gente inadatta a rappresentare il Paese, che si è arricchita anche con la corruzione e che ha fatto porcherie di ogni genere. 

Ovviamente non si deve fare di tutta l’erba un fascio. Nella classe politica di questi ultimi 30 anni vi sono stati personaggi di altissimo valore, come i Presidenti della Repubblica Pertini e Ciampi, presidenti del Consiglio capaci e seri, bravi ministri, onesti senatori e deputati. Non esprimiamo alcuna opinione circa i deputati regionali della Sicilia che si sono avvicendati, in questi ultimi 30 anni, né degli ultimi tre presidenti della Regione che in oltre tre lustri hanno definitivamente affossato la Sicilia.
Che ci vogliano i cataclismi per affrontare le questioni di fondo esorbita ogni legittima aspettativa, perché essi vanno affrontati in quanto tali e non c’è bisogno di terremoti e morti per approntare soluzioni di medio e lungo periodo con le quali prevenire in qualche modo i disastri.
Ricordiamo ancora che il Giappone, distrutto, ha ricostruito i propri immobili, dal 1945 in avanti, atti a resistere fino al settimo grado della scala Richter. Nel Paese del Sol levante i terremoti sono all’ordine del giorno, i palazzi oscillano ma non cadono, morti non ve ne sono, salvo casi eccezionali.
 

Le soluzioni per l’Italia ci sono. Ne ricordiamo alcune. La prima riguarda l’assicurazione obbligatoria come l’Rc auto per tutti gli immobili del Paese, in modo che quando si verifica il terremoto, il risarcimento è a carico delle compagnie e non dello Stato. Lo stesso potrebbe utilizzare le risorse così risparmiate per fare un piano di detrazioni fiscali a favore di cittadini e condomini molto sostanziose, anche fino al 100% delle spese sostenute, da dedurre fiscalmente in un triennio.
Altra soluzione per favorire questo grande piano è quella di prendere a carico dello Stato gli interessi per i mutui occorrenti ai finanziamenti per le ristrutturazioni antisismiche. Ancora, approvare una legge che semplifichi e riduca all’osso le procedure di approvazione delle stesse, obbligatoriamente osservate dai Comuni che sono i soggetti pubblici autorizzativi.
Vi è tutto il versante degli edifici di proprietà degli enti pubblici. Ebbene, essi dovrebbero vendere sul mercato quelli che non sono utilizzati per i propri fini istituzionali e poi redigere un apposito piano per le ristrutturazioni antisismiche. Ovviamente dando precedenza a quei territori ad alto rischio ove tali opere sono più urgenti.

Come si vede le soluzioni ci sono, ma ve ne sono altre a quelle prospettate. Le stesse avrebbero anche l’effetto benefico sull’economia, perché si metterebbero in moto molti miliardi con la creazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro. Tutto il versante dell’edilizia ne approfitterebbe, ed essendo un motore della crescita, anche il Pil avrebbe un forte impulso.
Certo, per fare quanto precede il Governo dovrebbe tagliare le spese consumate dai privilegiati, senza guardare in faccia nessuno e recuperare così le risorse sufficienti per le detrazioni fiscali, che costituiscono minori entrate, e per il pagamento degli interessi sui mutui, che costituiscono uscite.
Che manca per fare tutto ciò? Lo spirito di servizio che dovrebbe animare la Politica e la capacità strategica dei responsabili istituzionali di qualunque livello.

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