Peccato! La Leopolda non rottama più - QdS

Peccato! La Leopolda non rottama più

Carlo Alberto Tregua

Peccato! La Leopolda non rottama più

martedì 08 Novembre 2016

Occorre tagliare i privilegi

La settima Leopolda è diventata una kermesse (a cui ho voluto partecipare, come ho partecipato alla convention organizzata da Stefano Parisi) ben diversa dalla prima, quando nasceva un progetto per rottamare le cariatidi che hanno rovinato l’Italia, gelose dei loro privilegi, attaccate alle seggiole con i bulloni e funzionanti con il metodo dei favori, secondo i quali andavano piazzati gli amici fedeli nei posti di responsabilità istituzionale e burocratica e non i professionisti più bravi.
Col passare degli anni questo progetto, carico di entusiasmo e di voglia di ribaltare il vecchio e stantio scenario, ha perso forza. Tuttavia fino alla prima disfida fra il segretario Bersani e Renzi (2012), vinta dal primo 60 a 40, questo spirito è rimasto integro.
Poi c’è stata la seconda sfida tra Bersani e Renzi, nel 2013, vinta da quest’ultimo, anche in questo caso, a parti rovesciate 60 a 40. Quindi l’avvento alla segreteria del Partito democratico del giovane Matteo, che ovviamente ha inserito in tutti i punti chiave i suoi più fedeli collaboratori.
Poi c’è stata l’assicurazione del  neo segretario, all’allora presidente del Consiglio, Enrico Letta: “Stai sereno”, come disse il boia al condannato.   

Successivamente vi è stata la sfiducia a Letta e l’elezione a primo ministro di Matteo Renzi (febbraio 2014). Da quel momento il giovane sindaco, trasferitosi a Palazzo Chigi, ha dovuto cambiare la sua condotta per passare dai propositi all’azione. Ha formato una squadra di 12 ministri con portafoglio, più o meno bravi, ma certamente inesperti, ed ha cominciato l’impervio percorso delle riforme strutturali, la prima delle quali ha riguardato la Costituzione.
Quelli che continuano a ripetere che la nostra è la Costituzione più bella che vi sia, ignorano totalmente che essa è stata modificata numerose volte: citiamo quella effettuata dal Centrosinistra nel 2001, con l’improvvida miscela di competenze tra Regioni e Stato, una delle cause del successivo immobilismo economico; e poi l’introduzione del comma 4 dell’articolo 81 della Costituzione sul pareggio di bilancio, approvato a tempo di record dalla maggioranza che sosteneva il governo Monti.
Questa riforma costituzionale ha fatto sei passaggi nelle due Camere, è stata approvata nei primi di essi anche dal Centrodestra. Poi il clima si è guastato ed è andata avanti solo con i voti del Centrosinistra.
 

Approvata in via definitiva ma non da una maggioranza qualificata dei due terzi, la riforma deve passare per le forche caudine del referendum confermativo previsto dall’articolo 138 della Costituzione. Cosicchè il 4 dicembre prossimo gli italiani sono chiamati a decidere in via definitiva se tale riforma debba vedere la luce oppure abortire. 
Al popolo sovrano il responso definitivo. Noi siamo convinti che la maggioranza silenziosa dei cittadini sia fatta di persone di buon senso che devono capire una sola cosa, come tale riforma, che contiene molte pecche sia sul piano lessicale che su quello giuridico, È tuttavia uno strumento per mandare a casa 215 senatori su 315, ridurre alla metà le spese del Senato, restituire al Governo le competenze per le questioni di interesse nazionale, togliendole così alle Regioni.
Serve soprattutto per mandare a casa i parrucconi cui prima si accennava. Il fronte del No, riunito dall’estrema Sinistra alla Destra e alla minoranza Dem è composto da tutti quelli che vivono sui privilegi, molto compatto. Non è escluso che prevalga. 

I sondaggi sono fondati su circa i due terzi dell’elettorato perché non riescono a capire cosa ne pensa l’altro terzo, che tace o è indeciso. Quel terzo che poi sarà determinante per far pendere il piatto della bilancia verso il Sì o verso il No. Ormai mancano 27 giorni al fatidico 4 dicembre, un tempo nel quale purtroppo, le parti politiche non si occuperanno degli italiani, spinti a vincere questa determinante partita.
Cosicché l’economia continuerà a degradare, lo spread ad aumentare (sfiora già 170 punti di differenza con i Bund tedeschi), tutti i provvedimenti di spinta all’economia rimangono fermi, la stessa Legge di Stabilità subirà un ritardo in attesa dell’esito del referendum.
Ma torniamo alla Leopolda. Non si avvertiva più la voglia di rottamare che c’era nelle precedenti edizioni. Girando per i tavoli e ascoltando i vari ministri abbiamo sentito argomenti di routine e non espressione di forte rinnovamento, come ha bisogno il Paese.
Padoan, Boschi, Poletti, Calenda, Pinotti ed altri mi sono sembrati imbalsamati. Invece bisognerebbe usare la spada per tagliare i privilegi e diffondere equità.

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