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Messina – Birrificio Messina: nuova vita e una ripartenza incoraggiante

Lina Bruno

Messina – Birrificio Messina: nuova vita e una ripartenza incoraggiante

martedì 08 Novembre 2016

“Birra dello Stretto”, con Doc 15 e Premium, sul mercato con una produzione di 14 mila bottiglie l’ora. I 15 lavoratori ex Triscele hanno respinto la logica dell’assistenzialismo

MESSINA – La loro nuova vita inizia con le prime due bottiglie messe all’asta fino all’otto dicembre per sostenere l’associazione "Amici dei Bimbi in Corsia" e intanto le birre, in distribuzione dalla fine di ottobre, sono richiestissime nei locali e dai concessionari.
La città ha risposto con entusiasmo all’avvio della produzione del Birrificio Messina, l’attività imprenditoriale legata alla vicenda dei 15 lavoratori ex Triscele che hanno respinto la logica dell’assistenzialismo degli ammortizzatori sociali e hanno deciso di rimettersi in gioco utilizzando le risorse a loro disposizione, compreso tfr e indennità di mobilità, per fare una Cooperativa e scommettere sui loro saperi e competenze.
La “Birra dello Stretto” insieme a Doc 15 e Premium sono quindi sul mercato con una produzione di 14mila bottiglie l’ora, contando su preordinativi di oltre 70 mila ettolitri ma l’obiettivo è di arrivare a 100 mila ettolitri l’anno. Si punta sulla qualità, su una birra a bassa fermentazione, dice Mimmo Sorrenti presidente della Cooperativa, usando materie prime selezionate e un procedimento che ne valorizzi gli aromi naturali.
Non solo i messinesi si sono innamorati di questo prodotto che riprende  un antica tradizione, ma anche i mercati esteri sono attratti da questa storia di dipendenti licenziati che diventano imprenditori e a cui la stampa ha riservato grande attenzione.
Una storia simbolo della voglia di riscatto e di rinascita della città dello Stretto, attraverso un “progetto di economia sociale e civile,” come lo ha definito Gaetano Giunta della Fondazione di Comunità, che valorizza saperi che rischiano di andare dispersi, partendo da un forte legame con la comunità locale. Gli ordinativi vengono  da Albania e Romania ma ci sono aperture anche con aziende in Inghilterra, Stati Uniti e Australia e non fa paura la concorrenza delle grandi multinazionali. Una sfida vinta per gli ex dipendenti Triscele, non più giovanissimi, che nel maggio del 2011, quando hanno ricevuto la lettera di licenziamento, credevano che la loro vita professionale fosse finita. Dei 41 lavoratori del vecchio stabilimento solo in 15 non si sono arresi, ma nessun imprenditore locale ha creduto abbastanza nel loro progetto, da qui la decisione di costruire una loro impresa, supportati dalla Flai Cgil e dalla Fondazione di comunità che si è occupata del Piano Finanziario. Da un investimento iniziale di un milione 200mila euro si è arrivati oltre tre milioni di euro ma avviare una nuova attività non è stata una passeggiata.
Negli ultimi cinque anni hanno dovuto ammortizzare il licenziamento e la chiusura dei Capannoni, preludio della speculazione edilizia che era stata programmata su quei terreni e affrontare, una volta nata la cooperativa, tutti gli ostacoli che la burocrazia ha in vario modo posto facendo perdere tempo prezioso.
Ci sono voluti mesi  per avere dall’Agenzia del territorio il certificato di stima dei due capannoni di Larderia che la regione Sicilia ha dato in concessione nel 2014. è iniziata quindi la ristrutturazione dei due stabili, che versavano in condizioni di estremo degrado, ma la difficoltà maggiore è stata quella di dovere liberare i tetti dall’amianto. Si è perso poi altro tempo nell’attesa  del pagamento del tfr e anche la stipula del contratto con gli uffici regionali per regolamentare la concessione dei capannoni ha avuto tempi biblici e poi problemi con le banche per bonifici bloccati.
Un percorso insomma tortuoso, fatto di sacrifici ma anche di molta determinazione che alla fine, dopo tanti rinvii, ha portato all’avvio della produzione. La presenza del birrificio Messina nella zona artigianale ex Asi di Larderia inoltre rappresenta anche la speranza di una inversione di rotta per un area nella periferia sud che doveva fare da motore per rilanciare l’economia locale ma divenuta in questi anni emblema di un progetto di sviluppo fallito, con capannoni lasciati al degrado e quasi tutti inutilizzati.

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