Trump il Rottamatore ha battuto la Papessa - QdS

Trump il Rottamatore ha battuto la Papessa

Carlo Alberto Tregua

Trump il Rottamatore ha battuto la Papessa

giovedì 10 Novembre 2016

Donald vince contro tutti

Donald come Ronald (Trump come Reagan). Nessuno puntava un dollaro bucato sull’ex attore e nessuno ha puntato un dollaro bucato sul miliardario.
I due presidenti (il 40° ed il 45°) hanno in comune modi rozzi, un linguaggio dirompente e tendente a scardinare gli apparati. Reagan ha avuto la capacità di dare agli Stati Uniti d’America un periodo di grande splendore economico chiamato Reagan economics. Non è escluso che Trump, da bravo imprenditore con una lunga tradizione familiare, non riesca a dare al suo Paese un analogo periodo di ricchezza economica.
Molti l’hanno visto come il diavolo, per una serie di motivi: per il suo modo di fare volutamente contrario agli apparati e al bon ton politico, apparso subito scorretto; per le sue idee in politica estera certamente difformi da quelle del nero Barack Obama; e per il suo modo di vedere la società americana proiettata più verso il business e meno verso la solidarietà.

La delusione per Hillary Rodham è stata enorme. Come si usa dire in Vaticano: è entrata Papa, meglio Papessa, ed è uscita cardinale. Anche in questo caso vi sono parecchie spiegazioni a riguardo.
Le donne americane non le hanno perdonato il suo fair-play nei confronti del marito, ex 42° presidente degli Usa. Inoltre, lei appartiene all’apparato dentro cui è stata negli ultimi trent’anni, quindi prigioniera della tecnocrazia e della burocrazia governativa.
La mossa del capo dell’Fbi, James Comey, di aprire una inchiesta poco prima del voto sembrava fatta contro la Rodham; ma in effetti era a suo favore, nel momento in cui è stata archiviata proprio due giorni prima. Il che dimostra, appunto, come la candidata sia integrata nella burocrazia a Stelle e strisce.
Dunque, vi sono ragioni che spiegano la sconfitta della Rodham ed altre che spiegano la vittoria del miliardario newyorkese.
Trump è andato contro tutti: contro gli apparati, contro il suo partito. Persino il suo vice, Mike Pence, gli è andato contro, poi ritornato sui suoi passi. L’establishment, rappresentato dai maggiori quotidiani, come il New York Times e il Washington Post, hanno tifato per la candidata, ma essi non rappresentavano il popolo che si è regolato all’opposto.
 

Trump aveva dalla sua quella parte di popolo che voleva cambiare la linea politica di Obama, il quale ha fatto delle ottime cose, fra cui ne citiamo due: la legge sull’estensione della Sanità a vaste fasce della popolazione e, seconda, l’espansione della moneta, una sorta di Quantitative easing (Qe) europeo, mediante il quale ha salvato le banche e ha messo il turbo all’economia americana, creando così 15 milioni di posti di lavoro.
In questa campagna, i sondaggisti hanno dimostrato incompetenza perché fino all’ultimo i loro dati davano la Rodham vincente, anche con un discreto vantaggio. La spiegazione c’è: non hanno tenuto conto di quel terzo dell’elettorato silenzioso che non si esprime, ma che poi è determinante nel risultato finale.
Accade sempre che la maggioranza silenziosa risulti l’ago della bilancia e sorprende i notabili e tutti coloro che traggono dalla politica vantaggi  spesso a danno dei cittadini.

I 319 milioni di cittadini americani costituiscono la più grande varietà etnica di un popolo ed hanno dato 289 delegati a Trump e 218 a Rodham. Di americani originali ormai ce ne sono pochi: la comunità più numerosa è quella ispanica. è perciò difficile intercettare il sentimento popolare così variegato. Ecco perché le campagne elettorali negli Usa spesso riservano sorprese.
Trump ha un grande vantaggio: quello di avere Senato e Camera a maggioranza repubblicana e di questo il suo Partito dovrebbe dargli merito. Questa circostanza si è verificata solo nel 1961 con l’elezione di Ike Eisenhower, il 34° presidente degli Stati Uniti. Quell’Eisenhower, popolarissimo, che comandò lo sbarco di Normandia (6 giugno 1944) e liberò l’Europa dal nefasto Nazismo.
Con Camera e Senato a suo favore, l’azione di Trump diverrà scorrevole, come difficoltosa è stata quella di Obama che, per evitare la tagliola parlamentare, emetteva decreti presidenziali, che non avevano valore di legge e quindi con una validità temporanea.
Trump ha detto che la prima azione economica riguarderà il miglioramento delle infrastrutture: questo è il vero asset per sviluppare ulteriormente l’economia americana

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