Crisi e disinformazione modificano le abitudini alimentari degli italiani - QdS

Crisi e disinformazione modificano le abitudini alimentari degli italiani

Serena Giovanna Grasso

Crisi e disinformazione modificano le abitudini alimentari degli italiani

sabato 03 Dicembre 2016

Censis: tra 2007 e 2015 consumo di carne ridotto del 16,1%, più della spesa alimentare complessiva (-12,2%). La totale eliminazione delle proteine animali fa aumentare obesità e diabete

PALERMO – La grave crisi economica che ha colpito il nostro Paese a partire dal 2007 unita ad una preoccupante disinformazione radicata hanno cambiato notevolmente le abitudini alimentari degli italiani. Questo è l’allarme lanciato da Censis (Centro studi investimenti sociali), con il rapporto “Gli italiani a tavola: cosa sta cambiando – Il valore sociale dell’alimento carne e i rischi delle nuove disuguaglianze”.
In generale, negli anni 2007-2015 i consumi sono calati del 5,7% e quelli alimentari in misura ancora maggiore (-12,2%). Naturalmente le differenze socio – economiche influiscono notevolmente sull’entità della riduzione dei consumi, differenziando il contenuto di carrello, tavola e dispensa delle famiglie. Dunque, le diete, prima ancora che da valori e stili di vita, finiscono per essere condizionate dalle nuove reali e diversificate disponibilità di reddito e capacità di spesa delle famiglie. Nel periodo critico, le famiglie operaie hanno ridotto la spesa alimentare del 19,4%, del 28,9% le famiglie con capofamiglia in cerca di occupazione e del 17,7% le famiglie di imprenditori.
Una contrazione maggiormente accentuata si rileva a proposito della spesa per l’acquisto di carne (-16,1%). Le ragioni della contrazione drastica del consumo di carne nel periodo di crisi sono di certo molteplici: infatti, da una parte abbiamo senza dubbio il fattore economico, ma d’altra parte anche la cattiva informazione relativa allo sviluppo di patologie tumorali derivanti dal consumo di carne (senza specificare che suddette controindicazioni sono relative all’abuso di carne e non al semplice consumo).
Nel periodo di crisi le famiglie operaie e quelle di chi cerca lavoro hanno ridotto la spesa per la carne rispettivamente del 20% e del 26,7%, in misura maggiore rispetto alle famiglie degli imprenditori (-15,5%). Dunque, chi ha meno reddito riduce in misura maggiore il consumo di carne. I dati evidenziano dunque che si sta riaprendo la forbice tra le fasce più abbienti e meno abbienti della popolazione, con queste ultime che rischiano una progressiva esclusione dalla possibilità di accesso ad una dieta completa ed equilibrata da cui comincia quindi a mancare anche il livello consigliato delle proteine nobili, presupposto imprescindibile di una buona salute.
Una riduzione del potere d’acquisto va in parallelo con una riduzione delle possibilità di scelta alimentare da parte dei ceti meno benestanti, a detrimento della varietà, salubrità, qualità nutrizionale dei cibi consumati, esponendo fasce crescenti di popolazione al rischio di sviluppare malattie legate proprio a squilibri o eccessi nutrizionali (diabete, obesità, colesterolo.). La minore disponibilità di reddito finisce per precludere in molti casi la possibilità di una alimentazione adeguata e di uno stile di vita sano alzando il rischio di sviluppare patologie da alimentazione non sana come l’obesità. I dati indicano che le regioni dove le condizioni economiche sono peggiori, e quindi sono più presenti nella dieta alimenti non proteici a basso costo, hanno più persone in sovrappeso. Guardando alle regioni meridionali tali dinamiche sembrano delinearsi con chiarezza. Nel sud, infatti:  il reddito disponibile medio procapite è inferiore del 25% rispetto al reddito medio italiano, la spesa procapite per l’alimentazione è inferiore alla media nazionale e non a caso l’incidenza delle persone sovrappeso/obese raggiunge quasi la metà della popolazione (il 49,3%, con punte che arrivano a sfiorare il 53% nel Molise e del 51% in Campania).
Va detto anche che al medesimo squilibrio nutrizionale di chi non ha la possibilità economica di seguire una dieta varia e sana è esposto chi, non per motivi di reddito ma culturali esclude la carne, sostituendolo magari con proteine a più alto costo e a più basso contenuto di nutrienti. Questo è proprio il caso delle bistecche ottenute dalla testurizzazione delle proteine di soya.

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