Lavoratori in nero, in Sicilia circa 300mila - QdS

Lavoratori in nero, in Sicilia circa 300mila

Giuseppe Di Martino

Lavoratori in nero, in Sicilia circa 300mila

giovedì 08 Dicembre 2016

Cgia di Mestre su dati Istat: la nostra regione terza a livello nazionale dietro soltanto a Calabria e Campania. Le imposte e i contributi non versati si attestano su una cifra pari a 3,2 miliardi di euro

PALERMO – Lavoratori dipendenti che svolgono un secondo lavoro, cassintegrati e pensionati che arrotondano le entrate, o disoccupati che ricorrono al lavoro irregolare: sono circa 300 mila i lavoratori in nero siciliani – senza tutele né garanzie – con un peso complessivo dell’economia sommersa siciliana su quella ufficiale pari al 7,8 per cento (a fronte di una media nazionale del 4,8 per cento).
Che tradotto in cifre vuol dire: oltre 6 miliardi di euro di Pil irregolare in Sicilia – a fronte del Pil di circa 80 miliardi di euro per il 2014 – e con le imposte e i contributi non versati che si attestano a una cifra pari a 3,2 miliardi di euro di potenziale gettito all’anno. Questi i risultati delle stime elaborate dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre – riferiti al 2014 e basati su dati Istat – secondo cui la Sicilia si piazza al terzo posto di questa negativa classifica, subito dopo la Calabria (8,7 per cento) e la Campania (8,4 per cento).
“Con la crisi – come ha spiegato il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – l’economia da lavoro irregolare ha subito una forte impennata. Tra il 2011 e il 2014 il valore aggiunto generato da questo settore è salito dell’8,5 per cento. Purtroppo, chi in questi ultimi anni ha perso il posto di lavoro non ha avuto alternative: per mandare avanti la famiglia ha dovuto ricorrere a piccoli lavoretti o a svolgere attività lavorative completamente in nero per portare a casa qualcosa. Una situazione che coinvolge quasi 1.270.000 persone al Sud, quasi 708.000 a Nordovest, poco meno di 644.500 al Centro e poco più di 483.000 a Nordest”.
Parole forti anche da parte del segretario della Cgia Renato Mason: “Con troppe tasse e un sistema burocratico e normativo eccessivo l’economia irregolare ha trovato un habitat ideale per espandersi. Inoltre, chi opera completamente o parzialmente in nero fa concorrenza sleale, altera le più elementari norme di democrazia economica nei confronti di chi lavora alla luce del sole ed è costretto a pagare tutte le tasse e i contributi fino all’ultimo centesimo. Anche per questo è necessario che il lavoro nero venga contrastato e perseguito”.
A tal proposito, rimanendo in tema di contrasto del fenomeno del lavoro nero, è da segnalare che in Sicilia lo scorso ottobre è stata siglata un’intesa che ha istituito un coordinamento delle attività ispettive e che prevede in concreto la collaborazione tra Inps, Inail, Ispettorato del Lavoro e carabinieri.
Ad oggi sono poco più di 300 in tutto gli ispettori del lavoro nell’Isola, di cui 135 sono dipendenti degli enti previdenziali e di assistenza sociale, mentre 174 sono dipendenti regionali delle direzioni territoriali del lavoro (tra dirigenti, ispettori e funzionari direttivi).
Qual è la principale funzione degli ispettorati? Sicuramente il coordinamento della vigilanza in materia di lavoro, attraverso la programmazione dell’attività di controllo sulle imprese, la definizione delle modalità di accertamento e la diffusione di direttive di carattere operativo per tutto il personale che effettua ispezioni sul lavoro (compreso dunque quello in forza presso Inps e Inail).
Ciononostante, i risultati delle stime elaborate dall’Ufficio studi della Cgia sembrano fotografare un fenomeno a livello sistemico – in Sicilia in particolare, ma anche a livello nazionale – più che di necessità per quanti si trovano in difficoltà in questi ultimi anni di crisi, e – almeno al momento – le soluzioni adottate dall’assessorato regionale al Lavoro non sembrano sufficienti ad attenuarne la portata.

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