La Consulta boccia ancora la Regione siciliana - QdS

La Consulta boccia ancora la Regione siciliana

Rosario Battiato

La Consulta boccia ancora la Regione siciliana

giovedì 15 Dicembre 2016

La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art 19 della legge regionale sugli appalti (Lr 12/2011), modificato dalla Lr 14/2015. Individuazione soglia di anomalia e congruità offerte in contrasto con il Codice nazionale

PALERMO – Non è la prima volta che la scure della Corte Costituzionale si abbatte sui provvedimenti isolani. Ieri la Consulta ha depositato la sentenza n.263 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 6, della legge della Regione siciliana 12 luglio 2011, n.12 (“Disciplina dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Recepimento del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163 e successive modifiche ed integrazioni e del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 e successive modifiche ed integrazioni”), come sostituito dall’art. 1 della legge della Regione siciliana 10 luglio 2015, n. 14 (Modifiche all’articolo 19 della legge regionale 12 luglio 2011, n. 12).
È la bocciatura della riforma degli appalti made in Sicily che adesso dovrà fare riferimento al codice nazionale. La storia comincia nel settembre del 2015, quando il Consiglio dei ministri decise di impugnare la legge della Regione Sicilia n.14 del 10/07/2015 recante “modifiche all’articolo 19 della legge regionale 12 luglio 2011, n.12”.
Chiare le motivazioni della decisione del Cdm che “pur prendendo atto della lettera del presidente della Regione Siciliana con la quale si impegna a portare alcune modifiche alla legge – riportiamo dalla comunicazione ufficiale del Cdm del n.80 del 10 settembre del 2015 – ha deciso di impugnarla in quanto, sul piano strettamente tecnico, la disposizione è in contrasto con l’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione che riserva esclusivamente alla competenza legislativa dello Stato la materia della tutela della concorrenza”. In tal senso avrebbe legiferato in maniera difforme rispetto al vecchio Codice degli appalti.
A distanza di poco più di un anno, così come era nelle aspettative, la Consulta conferma, quindi, che le norme regionali in materia di appalti pubblici non possono disattendere quelle nazionali fissate nel Codice degli appalti. E in tal senso ha dichiarato illegittime alcune norme contenute nella legge perché difformi da quelle nazionali. Tra le disposizioni bocciate dalla sentenza della Corte ci sono quelle che riguardano l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte nei contratti sotto soglia comunitaria, affidandosi a un diverso criterio matematico rispetto a quello stabilito nelle norme nazionali.
Andando più nel dettaglio scopriamo che il codice nazionale “fissa direttamente un articolato procedimento in contraddittorio con le imprese che hanno presentato offerte anormalmente basse – si legge nella sentenza redatta dal giudice Giancarlo Coraggio –, indica i criteri di verifica di tali offerte e gli strumenti di rilevazione della congruità dei prezzi, affidandone la conseguente ponderazione alle stazioni appaltanti”. Differente era, invece, la disposizione regionale impugnata che “demanda a un decreto assessoriale l’individuazione di non meglio specificate modalità di verifica per la congruità dell’offerta”. Non ci sarà nessun vuoto normativa nell’Isola, perché è la stessa sentenza della Consulta a specificare che, pur venendo annullati gli effetti delle norme regionali, tornano valide le disposizioni previste dal Codice appalti nazionale.

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