Espulsione immigrati: pagare gli Stati - QdS

Espulsione immigrati: pagare gli Stati

Carlo Alberto Tregua

Espulsione immigrati: pagare gli Stati

martedì 10 Gennaio 2017

Attingere al fondo di ospitalità

Quando sono stati istituiti, i Cie (Centri di identificazione ed espulsione) avevano lo scopo di procedere a immatricolare tutti gli immigrati, prelevando anche le impronte digitali, in modo da formare una banca dati di chi avesse varcato le soglie del nostro Stato. Dopodiché i Centri avrebbero dovuto valutare se concedere o meno l’asilo politico per ragioni umanitarie o espellere coloro che arrivavano qua per altre ragioni, soprattutto economiche.
L’ingresso nei Cie aveva la funzione d’immettere in un corridoio di integrazione nazionale, ovvero di distribuzione fra gli altri partners europei, tutti coloro che avevano il diritto all’asilo politico. Contemporaneamente, rimandare a casa coloro che non avevano tale diritto.
Per essi era previsto il decreto di espulsione consistente, eventualmente, anche nella revoca del permesso d’asilo. Con tale decreto l’immigrato abusivo aveva sette giorni di tempo per andar via dal nostro Paese. Però egli aveva la possibilità di fare ricorso al tribunale, ed in caso di soccombenza, di fare appello al secondo grado.  

Come si vede, un procedimento lungo che di fatto ha annullato la valenza dei decreti di espulsione. Inoltre, per l’eventuale ricorso e poi per l’appello, lo Stato italiano fornisce il gratuito patrocinio. Quindi, da un canto una branca della pubblica amministrazione (ministero dell’Interno) espelle, e dall’altro, un’altra branca (ministero di Giustizia) fornisce gli avvocati per contrastare tale espulsione: un comportamento schizofrenico che ha provocato la presenza nel nostro Paese di un numero inaccettabile di clandestini e irregolari.
Nel 2016, appena concluso, sono sbarcati in Italia 181.400 persone, un quinto in più del 2015. Quanti ve ne siano qui non è stato contabilizzato.  
Ma anche quando l’immigrato clandestino non avesse fatto ricorso, perché si è imboscato senza rispettare il termine indicato di sette giorni, lo Stato italiano non ha strumenti necessari per poterli espellere, in quanto ha bisogno di una sorta di lasciapassare dello Stato ove tali immigrati dovrebbero essere condotti.
Teniamo conto che il trasferimento dall’Italia (poniamo in Tunisia o Marocco), considerato che ogni espulso deve essere accompagnato da un poliziotto, costa circa 10 mila euro.
 

Tutti questi immigrati, clandestini o meno, sono stati distribuiti nei cosiddetti Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo), soprattutto al Sud, con la conseguenza che essi sono stati super affollati e divenuti ingestibili. Per esempio il Cara di Mineo ha avuto anche 3.500 ospiti.
Il ministero dell’Interno ha stabilito che i 7.998 Comuni (Istat,  31/12/2016) avrebbero dovuto accogliere 2,5 immigrati per ogni mille abitanti, ma solo 2.600 di essi hanno accettato questo obbligo, con la conseguenza di una discrasia nella distribuzione fra Comuni ospitanti e altri, soprattutto in Lombardia e Veneto, che hanno rifiutato la disposizione del Ministero. Con la conseguenza che, per esempio, nel comune di Cona (2.985 residenti) sono arrivati 1.500 immigrati.
Ora il nuovo ministro dell’Interno, Marco Minniti, ha stabilito che debba essere istituito un Cie per regione, per accelerare l’iter di identificazione ed espulsione.

Il rimedio, però, non risolve nulla per almeno due motivi: il primo riguarda il procedimento di ricorso, ed eventualmente di appello, che dura non meno di 2/3 anni; il secondo, la non disponibilità dei Paesi di origine.
Bene ha fatto Minniti a cominciare un tour nel Mediterraneo, in Tunisia e Malta, per statuire convenzioni che consentano il rilascio del lasciapassare. Ma la situazione più grave è quella della Libia, ove vi sono due governi, uno presieduto dal premier Fayez Serraj, riconosciuto internazionalmente, con sede a Tripoli, e l’altro presieduto dal generale Khalifa Haftar, non riconosciuto, con sede a Tobruk.
Ora Minniti dovrebbe recarsi da entrambi i capi dei due governi per stipulare una convenzione di controllo dei luoghi di partenza volta a impedire, da un lato, che barconi fatiscenti continuino a creare migliaia di morti, e dall’altro, far accettare la restituzione degli immigrati clandestini.
Per ottenere questi risultati non c’è altro mezzo che pagare quegli Stati, attingendo al fondo di 4,4 mld che è il costo di ospitalità degli immigrati clandestini e regolari.

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