Praticamente tutto l’apparato delle riforme affrontato in questa legislatura è stato letteralmente fatto fuori dalle impugnative del Consiglio dei Ministri o, peggio ancora, si è tradotto in empasse istituzionale. La scure di Roma si è abbattuta su appalti, elezioni, rifiuti, acqua ed istituzioni. Leggi peraltro non condivise trasversalmente da tutti i partiti, anche quelli dell’opposizione, con iter particolarmente farraginosi, la maggior parte delle volte rimbalzate nelle commissioni di merito per chiarimenti e aggiustamenti vari. Oggi, a qualche mese dal rinnovo dell’Ars, ci si ritrova al punto di partenza, senza aver adottato riforme nei principali settori in cui opera l’amministrazione pubblica. E sarà così che, stavolta con soli, si fa per dire, 70 deputati, si dovrà ricominciare daccapo.