Necessario adottare strategie di adattamento e sviluppo sostenibile per rendere meno vulnerabili determinate aree. Secondo la Nasa, il 97% dei climatologi ritiene che il riscaldamento in atto è di origine antropica
CATANIA – Il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti. La posta in gioco, ossia il futuro della specie umana, riguarda tutti noi e non solo gli scienziati del clima che alacremente lavorano per capire meglio i meccanismi del surriscaldamento terrestre e trovare possibili soluzioni. Secondo la Nasa, il 97% dei climatologi ritiene che il riscaldamento in atto è di origine antropica e che tre sono le strade maestre da percorrere per combattere il cambiamento climatico: la resilienza, la decarbonizzazione e una capillare informazione sia nei Paesi industrializzati, sia, per quanto possibile, nei Paesi in via di sviluppo che, contrariamente a quanto si pensa, contribuiscono anche loro in maniera significativa al riscaldamento globale.
Cominciamo con una definizione: la resilienza è la capacità di una materia vivente di autoripararsi dopo un danno, o quella di una comunità o di un sistema ecologico di ritornare al suo stato iniziale, dopo essere stata sottoposta a una perturbazione che ne ha modificato lo stato iniziale. Nella tecnologia dei materiali, la resilienza è la resistenza a rottura per sollecitazione dinamica, determinata con apposita prova d’urto. Nell’accezione climatica, invece, il vocabolo resilienza, preso a prestito dagli ambiti sopra accennati, descrive la capacità di adottare politiche e strategie di adattamento e sviluppo sostenibile per rendere il meno possibile vulnerabili determinate aree geografiche dagli effetti nefasti del cambiamento climatico. Non nascondiamo che la via della resilienza climatica è un percorso tutto in salita che, purtroppo, nonostante i vari buoni propositi dei vari summit internazionali sul clima, registra solo piccoli deboli passi in avanti.
Veniamo ora alla decarbonizzazione che in origine designava un processo chimico mirato a cambiare il rapporto tra idrogeno e carbonio nelle fonti di energia, cercando di diminuire la percentuale di quest’ultimo. L’accezione odierna del termine, invece, ha assunto il significato di diminuzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera nei vari processi produttivi e negli usi finali. Si parla, ad esempio, di decarbonizzazione della produzione di energia elettrica tramite cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica contenuta nei prodotti di combustione e di decarbonizzazione che utilizza batteri in grado di nutrirsi di anindride carbonica per produrre combustibili a base di alcol,e cosi via.
Per quanto concerne, infine, l’informazione, terza strada maestra, la maggior parte degli scienziati ritiene fondamentale comunicare le notizie che concernono il clima globale, considerando soprattutto l’aspetto etico e di responsabilità. Purtroppo, molti non hanno ancora chiara la dimensione etica del problema del cambiamento climatico; non hanno ben compreso la gravità di quanto stia succedendo anche sotto il profilo dei maggiori costi da sostenere per mitigare e adattarsi al cambiamento climatico nel caso di scarso impegno, se non di inazione. Capiamo bene che si tratta di scomode verità che mettono in discussione i fondamenti della società consumistica ed estrattiva, che spingono subdolamente verso lo spreco di risorse energetiche non rinnovabili per aumentare i già lauti guadagni dei signori del petrolio e del gas naturale. Ma noi comuni cittadini possiamo fare tanto. Cominciando a modificare il nostro stile di vita, recuperando soprattutto la sobrietà del passato senza per questo rinunciare alle comodità di oggi.