Quel pasticciaccio dei dirigenti bocciati - QdS

Quel pasticciaccio dei dirigenti bocciati

Carlo Alberto Tregua

Quel pasticciaccio dei dirigenti bocciati

giovedì 10 Dicembre 2009

L’Italia della burletta e dei raccomandati

Biasimiamo il clientelismo politico che ha creato tanti privilegiati nei precari, i quali sono entrati nelle pubbliche amministrazioni per chiamata diretta e senza essere passati al vaglio dei concorsi pubblici ai sensi dell’art. 97 della Costituzione.
Una volta tanto, invece, dobbiamo commentare una vicenda basata proprio sui concorsi pubblici e di alto profilo. Uno di essi ha riguardato quello per dirigenti scolastici, una volta denominati presidi (abbiamo pubblicato l’8 dicembre un’inchiesta sull’argomento). Così è stata bandita una procedura concorsuale a livello regionale, indetta con decreto dirigenziale del 22/11/04, per alcune centinaia di posti vacanti.
Nominata la commissione giudicatrice, essa si è sdoppiata in due sottocommissioni. La stessa non avrebbe stabilito le modalità di valutazione delle prove al fine dell’attribuzione del punteggio. Mentre le due sottocommissioni erano presiedute da un unico presidente che non avendo il dono dell’ubiquità non poteva essere presente ai lavori dell’una e dell’altra nello stesso momento.

Sarebbe stato valutato che il tempo medio di correzione di ogni singolo elaborato si aggirava sempre intorno ai 2 minuti e 30 secondi, insufficienti per compiti composti di 8 o 10 facciate. Vi sono state altre irregolarità eccepite da concorrenti non vincitori né dichiarati idonei. Gli stessi hanno proposto ricorso al Tar, ricorso rigettato. Ulteriore appello al Consiglio di giustizia amministrativa ha sortito la decisione 477/09 di segno opposto.
Il Cga ha annullato il concorso e ordinato che venisse ripetuto. Duecento vincitori del concorso annullato più 226 idonei si sono trovati di botto sbalzati di sella e, anziché fare il mea culpa, hanno tentato di farsi rappresentare da parlamentari siciliani perché mettessero una pezza all’incredibile vicenda.
Colpo di bacchetta magica, viene presentato un emendamento alla legge sui precari che viene portato alla firma del Presidente della Repubblica. Napolitano non accetta questa sanatoria e firma la legge a condizione che il governo abroghi l’articolo relativo agli ex presidi. Così è infatti. Il governo, con decreto legge, approvato in Consiglio dei ministri venerdì 27 novembre e immediatamente pubblicato sulla Guri, taglia l’articolo incriminato. Immediatamente dopo la decisione del Cga ridiventa esecutiva.

 
Cominciano le ovvie manifestazioni di protesta. Ma la politica romana non guarda se essa sia legittima e quindi pare che voglia preparare l’ennesima sanatoria, che consenta ai 426 malcapitati di rimanere provvisoriamente in carica in attesa del nuovo concorso. Un pasticciaccio brutto che trova puntuale riscontro in una sorta di corruzione morale secondo la quale si compete con gli anabolizzanti impedendo a chi non ha Santi in Paradiso una parità indispensabile in democrazia.
Intendiamoci, fra i tanti ex vincitori del concorso ve ne sono molti in gamba, preparati e meritevoli di vincere, ma altri, dice la decisione del Cga, “avevano commesso negli elaborati errori grammaticali e di sintassi”.
Questa è l’Italia della burletta e non vorremmo che l’annullamento del concorso desse fiato a chi volesse dimostrare che esso è inutile in quanto i raccomandati vanno sempre avanti.

Insomma, il merito non si vuole fare prevalere da nessuna parte. Il che tiene inchiodato il nostro Paese, ma soprattutto il Mezzogiorno, in una condizione di non competitività perché, quando la classe dirigente è formata da persone non adeguate alla responsabilità che assumono, tutto il personale a essa affidato non può che vagare nella prateria dell’inconcludenza.
Diciamolo francamente: l’impasse della Pa è massimamente responsabilità dei dirigenti i quali, quando sono capaci professionalmente e vogliono imporre un modello organizzativo efficiente, sono avversati dalla politica; in caso opposto, essendo deficienti delle materie professionali necessarie per dirigere, si appoggiano alla politica cattiva per non essere rimossi.
Ce la farà Brunetta a ribaltare l’attuale situazione nella quale si trovano i 3,5 milioni di dipendenti pubblici? Non lo sappiamo. Sappiamo solo che il compito è difficilissimo se non disperato. Però bisogna aiutare il ministro sulla giusta strada che mette al primo posto merito e responsabilità.

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