Lotta all'evasione con il "reverse charge" e lo "split payment" - QdS

Lotta all’evasione con il “reverse charge” e lo “split payment”

Salvatore Forastieri

Lotta all’evasione con il “reverse charge” e lo “split payment”

mercoledì 15 Febbraio 2017

L’Unione europea chiede misure drastiche per arginare il fenomeno sull’Iva che può essere quantificato in 40 miliardi l’anno. Con l’emissione dell’autofattura sarà il destinatario del servizio a corrispondere l’Iva all’Erario

PALERMO – Stretta anti evasione in vista. Lo chiede l’Unione europea per contrastare l’evasione in materia di IVA che si aggira sui 40 miliardi all’anno, quasi il doppio della media europea. Ma serve anche a noi per racimolare i quattrini necessari per realizzare la “manovra bis”, quella chiesta da Bruxelles lo scorso 7 febbraio,  e tentare di ridurre la pressione fiscale,  il tutto senza bisogno di aumentare le aliquote IVA, applicando la famosa “clausola di salvaguardia” di due anni fà.
L’Unione Europea, per la verità, pensa anche a stringere i tempi sull’applicazione definitiva dell’IVA intracomunitaria, con il pagamento non nel Paese di destinazione, come avviene per ora nei rapporti “B2B” (“business to business”, ossia da soggetto passivo a soggetto passivo), bensì nel Paese in cui si pone in essere l’operazione, magari con l’applicazione dell’aliquota IVA prevista nel Paese del cliente.
Per racimolare quanto occorre, il nostro Esecutivo ha pensato di ricorrere  al ritocco della accise, unitamente ad un taglio delle spese, escluse quelle relative alle voci di bilancio più “sensibili”.
Ha pensato pure, per la verità, ad un altro sistema, collaudato da diversi anni, ossia il “reverse charge” e lo “split payment” (per quest’ultimo è già partita la richiesta di autorizzazione alla Ue), due parole magiche che, sostanzialmente, hanno l’obiettivo di evitare che il contribuente soggetto passivo d’imposta abbia la materiale disponibilità dell’IVA addebitata per rivalsa al cliente (imprenditore o ente pubblico), IVA che, purtroppo, contribuenti scorretti prima l’incassano e poi non la versano all’Erario.
Con il “reverse-charge” (inversione contabile), limitato ad alcuni settori economici (quelli considerati più “a rischio evasione”), il cedente o prestatore emette la fattura ma non addebita l’imposta. è il soggetto che acquista il bene o il servizio, anche lui soggetto passivo (ossia con partita IVA),  che ha l’obbligo di integrare la fattura passiva, applicando l’IVA, ma senza però pagarla al fornitore. Dopo avere emesso questo documento (la fattura),  lo stesso acquirente deve eseguire contemporaneamente una doppia registrazione, in dare ed in avere (sul registro delle vendite e su quello degli acquisti), effettuando in tal modo una operazione contabile, chiaramente finalizzata a far transitare l’acquisto dalla contabilità.
Praticamente, il reverse charge IVA o inversione contabile si concretizza attraverso l’emissione dell’autofattura, in modo tale che sia il destinatario a corrispondere l’IVA all’Erario anziché il fornitore del bene o prestatore del servizio.
Una operazione, la doppia registrazione, la quale normalmente è assolutamente neutra, tranne che nei casi in cui la legge prevede una detraibilità ridotta. 
La neutralità dell’operazione e la correttezza della detrazione viene realizzata attraverso la compilazione del Quadro VJ nella dichiarazione annuale IVA.
In forza dell’articolo 17 del dpr 633/1972, il reverse charge si applica in caso di effettuazione di molte operazioni tra le quali, a titolo esemplificativo:
– cessioni imponibili di oro da investimento;
– prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili
– cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato di cui ai numeri 8-bis) e 8-ter) del primo comma dell’articolo 10 per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione;
– le cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop, nonchè cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale.
Anche lo “Split paymant” ha la stessa funzione del reverse charge, ossia quella di evitare che il prestatore del servizio o il cedente il bene possa ottenere l’IVA addebitata in fattura senza poi versarla all’Erario. L’IVA, infatti, in questo caso, viene materialmente e semplicemente versata direttamente dall’Ente committente, senza l’intervento del soggetto che ha emesso la fattura.
In base a quanto previsto dall’art.17-ter del D.P.R. 633/72, soggiacciono a tale particolare regime di applicazione dell’IVA le operazioni poste in essere nei confronti dello Stato e degli altri enti pubblici indicati nell’articolo 6, 5^ comma del D.P.R. 633/72.
È stato emanato il decreto attuativo  23 gennaio 2015 e l’Agenzia delle Entrate ha emesso la circolare 15/E 2015).
In base al Decreto, i fornitori emettono la fattura secondo le regole ordinarie previste dall’articolo 21, con l’annotazione “scissione dei pagamenti”. Però non tengono conto, nelle liquidazioni periodiche, dell’imposta indicata.
Il versamento dell’IVA da parte delle Pubbliche amministrazioni committenti o cessionarie va effettuato entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui l’imposta diviene esigibile.
Entro tale scadenza l’IVA può essere comunque versata con riferimento a ciascuna fattura ricevuta, oppure giornalmente cumulando l’imposta delle fatture ricevute nello stesso giorno.

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