Alternanza scuola-lavoro. Sicilia poco "accogliente" - QdS

Alternanza scuola-lavoro. Sicilia poco “accogliente”

Paola Giordano

Alternanza scuola-lavoro. Sicilia poco “accogliente”

mercoledì 22 Febbraio 2017

Unioncamere: solo il 4,6% delle nostre aziende fa lavorare gli studenti. Province isolane in fondo alla classifica nazionale, Messina ultima

CATANIA – Le imprese siciliane sono tra le meno inclini ad accogliere giovani studenti in alternanza scuola-lavoro. A rilevarlo sono i dati del Sistema Informativo Excelsior realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Solo il 4,6 per cento delle aziende isolane, infatti, ha aderito al progetto dell’Alternanza scuola-lavoro inserito nella cosiddetta “Riforma della Buona Scuola”, prevedendo di ospitare, lo scorso anno, giovani tirocinanti nelle proprie strutture per consentire loro di mettere in pratica quanto appreso sui libri. Un dato in lieve crescita rispetto a quello registrato nel 2015 (4,2 per cento), ma ancora lontano dalla media nazionale (9,9 per cento).
A dominare la classifica è il Trentino-Alto Adige, che nel 2016 ha previsto di offrire percorsi formativi on the job a circa 14 studenti su 100. Seguono il Friuli-Venezia Giulia (13,4 per cento) e il Veneto (12,9 per cento), mentre a chiudere il cerchio è proprio la Sicilia, a pari “merito” con la Campania. Da tale graduatoria emerge un netto divario tra le regioni del Nord e del Centro (più propense ad accogliere gli studenti) da una parte, e quelle del Mezzogiorno (meno orientate ad ospitare) dall’altra.
Se a livello nazionale a detenere il primato di accoglienza degli studenti è Cuneo che, con il 18,7 per cento di imprese ospitanti, stacca la seconda classificata (Ravenna) di oltre 3 punti percentuali, tra le province isolane il miglior risultato è stato registrato da Ragusa (6,6 per cento), che, però, a confronto con il 2015, ha registrato un calo dello 0,8.
La percentuale più bassa di studenti accolti in azienda è stata quella riportata da Messina, che, pur avendo registrato un incremento tra i più alti (+ 1,6 per cento) rispetto all’anno precedente, si è piazzata, con uno striminzito 3,4 per cento, ultima sia tra le province siciliane che tra tutte le province italiane.
Il secondo gradino del podio tra le siciliane spetta a Caltanissetta, che, rispetto al 4,3 per cento riportato nel 2015, ha registrato un incremento di 1,6 punti percentuali, mentre al terzo posto, con un ex equo (5,6 er cento), si piazzano Siracusa – che ha registrato un +0,7 rispetto al 2015 – ed Enna, che invece ha ridotto il numero di studenti ospitati in azienda dello 0,5 per cento. Medaglia di legno per Agrigento, lontana dalle terze solo per uno 0,2 per cento, ma che rispetto al 2015 ha previsto di accogliere l’1,4 per cento di giovani in più.
Si mantengono sopra il 5 per cento le due province siciliane occidentali Palermo (5,2 per cento) e Trapani (5 per cento), che hanno registrato a confronto con l’anno precedente rispettivamente un incremento dell’1,3 e dello 0,7 per cento. Risultato deludente per Catania (3,6 per cento) che ha riportato un decremento dell’1,1 per cento.
L’accoppiata formazione tra i banchi e sperimentazione sul campo introdotta dall’ultima riforma sulla scuola rappresenta di certo un’opportunità per i ragazzi degli istituti superiori perché consente loro di arricchire il proprio curriculum potendo vantare una qualche esperienza lavorativa. Al contempo, però, il rischio è che quella che appare come una marcia in più per i giovani possa diventare una sorta di sfruttamento legalizzato considerato che i giovani, nella sostanza, potrebbero ritrovarsi a svolgere, anche se per poche settimane, un lavoro a tutti gli effetti senza essere retribuiti. Per tutelare lo studente, il progetto prevede che le strutture ospitanti documentino dettagliatamente cosa gli studenti saranno chiamati a fare e consentano sopralluoghi del tutor scolastico. Basteranno tali misure ad arginare il pericolo sfruttamento?

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