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Inquinamento, cittadini siciliani all’oscuro sull’aria che respirano

Antonio Leo

Inquinamento, cittadini siciliani all’oscuro sull’aria che respirano

mercoledì 01 Marzo 2017

Per combattere lo smog serve una nuova idea di mobilità, basata su piste ciclabili e trasporto pubblico. Carpentieri, Legambiente: “A parte Palermo e Catania, dati assenti nei capoluoghi”

PALERMO – “Livelli di smog diffusi, seppur contenuti sotto i limiti di legge, ma decibel alle stelle: l’inquinamento acustico a Catania raggiunge livelli ben al di sopra di quelli consentiti dalla legge”. La tappa etnea del Treno Verde – tour di Legambiente e Ferrovie dello Stato, in collaborazione con il ministero dell’Ambiente – ha messo a nudo le principali criticità dell’inquinamento acustico e atmosferico a Catania. Soprattutto l’aria è sempre più “avvelenata” e non solo alla falde dell’Etna, ma in tutte le province siciliane. Lo smog è “invisibile agli occhi” e così sempre più cittadini si stanno abituando ai veleni, assuefatti dalle micro polveri nei polmoni, quasi come fossero nicotina per incalliti fumatori.
“Per combattere l’inquinamento– afferma l’associazione del Cigno – occorre un decisivo cambio di passo nel pensare lo sviluppo di una città: per questo Legambiente lancia la sua sfida all’amministrazione comunale per una nuova idea di mobilità, fatta di piste ciclabili e più trasporto pubblico locale, chiudendo al traffico le aree del centro storico”.
Non si può, però, cambiare senza cittadini informati, capaci di giudicare l’operato delle Amministrazioni. Purtroppo in Sicilia le notizie scarseggiano, per usare un eufemismo.
“Serve più trasparenza – afferma Serena Carpentieri, responsabile del Treno Verde di Legambiente – ed è, per esempio, intollerabile che in Sicilia manca ancora un’adeguata informazione ai cittadini sullo stato della qualità dell’aria nelle città: soltanto a Catania e Palermo, i Comuni e gli enti preposti hanno un sito in cui è possibile consultare i dati giornalieri dei vari inquinanti; mentre queste informazioni sono assenti in tutti gli altri capoluoghi della regione”.
Là dove i dati ci sono, il quadro è tutt’altro che incoraggiante. Lo scorso anno, Palermo ha registrato 44 giorni di sforamento, cioè nove in più di quanto consente il Dlgs 155/2010 (al massimo 35 giorni/anno con concentrazioni superiori a 50 ug/m3).
A Catania il monitoraggio è stato fatto in occasione del passaggio del Treno verde e ha preso in esame alcune zone centrali della città tra il 23 e il 25 febbraio scorsi. È emerso che l’inquinamento atmosferico – eseguito “con una strumentazione per polveri sottili (Pm10) ed una portatile per le polveri fini e ultrafini (Pm10 – 2,5 e 1)” – non è particolarmente elevato (le medie orarie registrate variano dai 3 microgrammi a metro cubo su viale Africa ai 21 microgrammi di Piazza Università), ma è diffuso in tutta la città dell’Elefante: “C’è da evidenziare – si legge nella nota di Legambiente – come la stazione di monitoraggio abbia mostrato concentrazioni di polveri sottili molto simili a quelle rinvenute in vie secondarie distanti qualche centinaio di metri dalla principale”.
Degli altri capoluoghi, dicevamo, non si sa granché. Un monitoraggio dell’Arpa Sicilia, relativo al 2015, ha analizzato l’aria delle zone industriali dell’Isola e, come era prevedibile, nulla di buono accade sotto il sole. Basta leggere qualche dato. Biossido d’azoto sopra la media è stato rilevato nella stazione di Niscemi (Gori), influenzata dall’area industriale di Gela e dal traffico veicolare. Sopra i limiti di legge anche Scala Greca, a Siracusa. E sempre nella città aretusea, valori oltre il massimo per il particolato sono stati registrati nella stazione di Teracati che presenta anche alte concentrazioni di ozono, superiori ai livelli di guardia per la salute, in sei stazioni su otto.
La situazione, anche a livello informativo, dovrebbe migliorare con il Piano regionale di tutela della qualità dell’aria (D.lgs 13 agosto 2010 n.155 e successive modifiche e integrazioni, di attuazione della direttiva 2008/50/CE) che ha ricevuto lo scorso 23 febbraio l’apprezzamento della Giunta siciliana. “Il piano individua anche le possibili misure che – si legge in una nota dell’Arpa –, se adottate, potrebbero permettere, nei prossimi anni, di non avere più superamenti per le concentrazioni di biossido di azoto e Pm10 in tutto il territorio regionale”.
Altra buona notizia, proveniente sempre dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, è l’ultimazione delle procedure di affidamento per una nuova rete di monitoraggio dell’aria in Sicilia, una rete che “sarà composta da 53 stazioni fisse, appartenenti al Programma di valutazione, tutte gestite direttamente dall’Agenzia”.
 

 
“Con un ettaro di piante si eliminano 20 chili di polveri sottili ogni anno” ma le aree verdi scarseggiano in tutta Italia (e la Sicilia fa anche peggio)
 
Fornire una maggiore consapevolezza alle comunità locali è la mission dell’iniziativa di Legambiente e Ferrovie: un viaggio in 11 tappe che, partito da Catania, arriverà fino a Milano, dove nei giorni scorsi il Comune è dovuto correre ai ripari: sforato il tetto massimo di Pm10 consentito dalla legge per ben sette giorni consecutivi a febbraio.
Al Nord, molto più che al Sud, è scattato l’allarme nelle ultime settimane a causa della siccità che sta colpendo città e campagne. Secondo l’analisi di Coldiretti, su dati territoriali Ucea relativi alla seconda decade di febbraio, è caduto l’85% di pioggia in meno rispetto alla media (-96 a Milano). La siccità ha fatto crescere le temperature (massime +1,5° sopra la media, minime +2,7°) con il conseguente aumento dei livelli di smog e ricadute sull’agricoltura.
Per contenere gli effetti dei cambiamenti climatici, servono interventi strutturali da parte delle Amministrazioni, per esempio incrementare lo spazio verde urbano capace di “catturare” le polveri velenose. “Una pianta adulta – sottolineano i coltivatori diretti – è capace di catturare dall’aria dai 100 ai 250 grammi di polveri sottili. Con un ettaro di piante si eliminano circa 20 chili di polveri e smog in un anno, ma in Italia ogni abitante dispone nelle città capoluogo di appena 31,1 metri quadrati di verde urbano. Per questo è necessario introdurre misure di defiscalizzazione degli interventi su giardini e aree verdi”.
Molto lontani dalla media nazionale, già bassa, sono parecchi comuni dell’Isola. Agli ultimi posti della classifica troviamo Caltanissetta, che ha solo 2,7 m2 di verde per abitante, preceduta di poco da Agrigento, con 5,5 m2. Non fa tanto meglio Catania che, seppure risulti la migliore tra le città metropolitane della Sicilia, conta solo 15,8 m2 di verde pro capite. A Palermo qualcosa si sta muovendo: l’ultimo report dell’Istat ha consegnato al Capoluogo il titolo di città isolana più green, con il più alto incremento di verde urbano tra 2011 e 2014.
Resta comunque molto da fare. Secondo Coldiretti, solo il 17,2% delle città italiane  ha una dotazione pro capite di verde pubblico “pari o superiore ai 50 metri quadrati per abitante”. L’inquinamento in crescita e l’inerzia dei vari enti responsabili (a tutti i livelli) potrebbero costare molto all’Italia.
A causa degli alti livelli di biossido d’azoto riscontrato in diverse città, il Belpaese è tra gli stati membri che rischiano una sanzione dall’Ue. La Commissione ha avviato la seconda fase della procedura d’infrazione per violazione della direttiva Ue del 2008. Roma ha due mesi di tempo per spiegare le misure che intende mettere in campo, pena il deferimento alla Corte di giustizia. Tra i provvedimenti allo studio, si legge in una nota del ministero dell’Ambiente, vi è l’assegnazione dell’ecobonus al 65% alle caldaie a biomasse che rispondano ad alti criteri di efficienza.

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