Istat: popolazione in calo. In Sicilia siamo 23 mila in meno - QdS

Istat: popolazione in calo. In Sicilia siamo 23 mila in meno

redazione

Istat: popolazione in calo. In Sicilia siamo 23 mila in meno

martedì 07 Marzo 2017

Nel 2016 rapporto nascite-decessi in forte deficit. Verso la stabilità, invece, il saldo migratorio con l’estero. A parità di struttura per età, la mortalità resta più alta nel Mezzogiorno

Al 1° gennaio 2017 si stima che la popolazione ammonti a 60 milioni 579 mila residenti, 86 mila unità in meno sull’anno precedente. Ben 5.051.000 di questi, si trova in Sicilia, quarta regione per popolosità in Italia. A dirlo è l’ultimo rapporto Istat sugli indicatori demografici.
Secondo l’Istituto nazionale di statistica, la popolazione residente è in calo per il secondo anno consecutivo. La Sicilia è tra le Regioni che hanno subito un calo maggiore. La popolazione iniziale registrata a inizio 2016, infatti, era di 5 milioni e 74 mila residenti. Nel 2016 il saldo naturale (nascite-decessi), negativo per 8 mila unità, e quello migratorio con l’estero, positivo per 3 mila unità, e le ordinarie operazioni di assestamento e revisione delle anagrafi (saldo migratorio interno e per altri motivi), hanno comportato un saldo negativo di 23 mila unità.
Un calo quello della popolazione che, come dicevamo, ha interessato più o meno tutta l’Italia (ad eccezione di Lazio, Lombardia, Emilia Romagna e le province autonome di Trento e Bolzano)
Pubblicate anche le stime relative alla natalità: il livello minimo delle nascite del 2015, pari a 486 mila, è stato superato da quello del 2016 con 474 mila.
MORTALITA’. Dopo il picco del 2015 con 648 mila casi, i decessi registrati sono stati 608 mila, un livello elevato, in linea con la tendenza dovuta all’invecchiamento della popolazione.
La riduzione di mortalità del 2016 ha interessato tutte le regioni, senza eccezioni. Le riduzioni maggiori si osservano in Liguria (-1,1 per mille) e Molise (-1 per mille), quelle minime in Veneto e nella Provincia di Trento (-0,3). Sulla base del tasso generico, le regioni a più forte mortalità sono quelle con una popolazione strutturalmente più vecchia, ossia Liguria (13,2 per mille), Friuli-Venezia Giulia (11,6), Piemonte (11,4) e tutte le regioni dell’Appennino Centrale compreso il Molise (11,4).
In realtà, per condurre analisi tra zone diverse del territorio occorre neutralizzare il fattore età, laddove questo risulta distribuito in modo eterogeneo, come nel confronto tra le regioni italiane. L’analisi dei tassi standardizzati di mortalità offre, a tal riguardo, una chiave di lettura diametralmente opposta. Dissolto l’effetto della struttura per età, la mortalità è infatti più alta nel Mezzogiorno (8,7 per mille il valore del tasso standardizzato) e più contenuta nel Centro-Nord (7,9 per mille). La Campania, una delle regioni col più basso rapporto generico decessi su abitanti (8,9 per mille), risulta essere la regione col più alto rischio di morte (9,5 per mille) nel momento in cui è analizzata a parità di condizioni strutturali col resto del Paese.
Il saldo naturale (nascite meno decessi) ha registrato nel 2016 un valore negativo (-134 mila) che rappresenta il secondo maggior calo di sempre, superiore soltanto a quello del 2015 (-162 mila).
Il saldo migratorio estero nel 2016 è stato pari a +135 mila, un livello analogo a quello dell’anno precedente ma, rispetto a quest’ultimo, determinato da un maggior numero di ingressi (293 mila), e da un nuovo massimo di uscite per l’epoca recente (157 mila).
ETA’ E GENERE. 1° gennaio 2017 i residenti hanno un’età media di 44,9 anni, due decimi in più rispetto alla stessa data del 2016. Gli individui di 65 anni e più superano i 13,5 milioni e rappresentano il 22,3% della popolazione totale; quelli di 80 anni e più sono 4,1 milioni, il 6,8% del totale, mentre gli ultranovantenni sono 727 mila, l’1,2% del totale. Gli ultracentenari ammontano a 17 mila.
La vita media per gli uomini raggiunge 80,6 anni (+0,5 sul 2015, +0,3 sul 2014), per le donne 85,1 anni (+0,5 e +0,1).
FECONDITA’. La fecondità totale scende a 1,34 figli per donna (da 1,35 del 2015); ciò è dovuto al calo delle donne in età feconda per le italiane e al processo d’invecchiamento per le straniere: le straniere hanno avuto in media 1,95 figli nel 2016 (contro 1,94 nel 2015); le italiane sono rimaste sul valore del 2015 di 1,27 figli. L’età media delle donne al parto è di 31,7 anni. Nel 2016, come ormai da diverso tempo, è nelle regioni del Nord che si riscontra la fecondità più elevata del Paese (1,4 figli per donna), davanti a quelle del Centro (1,31) e del Mezzogiorno (1,29). Tra i nuovi nati, 1 su 5 ha madre staniera.
CITTADINI STRANIERI. Su un totale di 293mila iscrizioni dall’estero, 258mila riguardano individui di nazionalità straniera mentre i rientri in patria degli italiani sono 35mila.
Soltanto 42mila cancellazioni per l’estero sulle complessive 157mila del 2016 hanno coinvolto cittadini stranieri. Le restanti 115mila hanno riguardato cittadini italiani (+12,6% rispetto all’anno precedente). I trasferimenti di residenza intercomunali sono risaliti sopra il livello di 1 milione 300mila (+3,7% sul 2015). Tra questi, i movimenti tra regioni diverse sono 321mila (24% del totale) e continuano ad avvantaggiare le regioni del Centro-Nord.
Gli stranieri residenti al 1° gennaio 2017 sono 5 milioni 29mila (8,3% della popolazione totale), in lievissimo aumento rispetto all’anno precedente (+2mila 500 unità, pari a +0,5 per mille). Per gli stranieri risultano positivi il saldo naturale (+54mila) e il saldo migratorio con l’estero (+216mila). Il contingente dei cittadini stranieri viene ridimensionato, tuttavia, da 122mila cancellazioni per irreperibilità e 205mila acquisizioni della cittadinanza italiana. La popolazione di cittadinanza italiana scende a 55 milioni 551mila (-89mila residenti). Per i cittadini italiani risulta negativo sia il saldo naturale (-189mila) che il saldo migratorio con l’estero (-80mila).

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