Una vera banca per lo sviluppo della Sicilia - QdS

Una vera banca per lo sviluppo della Sicilia

Carlo Alberto Tregua

Una vera banca per lo sviluppo della Sicilia

sabato 12 Dicembre 2009

Regione, scambiare azioni Irfis-Unicredit

Dopo il saccheggio del sistema bancario nazionale, che ha razziato quasi tutte le banche isolane, si rende indispensabile, per un serio progetto di sviluppo, la presenza di una banca per la Sicilia. Una banca che eserciti il mediocredito e tutte quelle forme di finanziamento essenziali alle imprese, escluso il credito ordinario.
Fra le forme di finanziamento, assume primaria importanza l’intervento sul capitale di rischio delle piccole e medie imprese siciliane. Un intervento della dimensione di uno o due milioni di euro, accoppiato al prestito di risorse professionali che aiutino gli imprenditori a redigere budget plan in sintonia con il mercato, una programmazione ordinata sia dei movimenti economici (costi e ricavi) sia del cash flow conseguente ai flussi finanziari (entrate e uscite).
Un mediocredito siffatto avrebbe il compito di creare una serie di relazioni nazionali e internazionali, in modo da promuovere partnership e joint venture tra imprese locali e imprese nazionali ed estere. Un ulteriore ruolo importante sarebbe quello di valutare opportunità di investimenti, per effettuare costruzioni di infrastrutture materiali ed immateriali nei Paesi del Nord Europa.

Il Mediocredito regionale in Sicilia c’è già e si chiama Irfis, società per azioni bancaria, nata come Istituto Regionale per il Finanziamento alle Industrie in Sicilia, ente di diritto pubblico, costituito con decreto dell’assessore regionale alle Finanze del 31/10/52. Da quando il Banco di Sicilia è stato assorbito prima dal Banco di Roma e poi da Unicredit, l’Irfis ha dismesso il suo appeal ed è diventato quasi una scatola vuota.
Banca Nuova, del patron del Gruppo Banca Popolare di Vicenza, Gianni Zonin, ha tentato di comprare la partecipazione di Unicredit, ma Bankitalia provvidamente ha vietato il passaggio che sarebbe diventato un trapasso, cioè da mani milanesi a mani vicentine.
In questo quadro la Regione ha dormito, nonostante possieda il 21 per cento delle azioni dell’Irfis, per un controvalore di circa 16 milioni di euro. D’altra parte la stessa Regione possiede azioni di Unicredit per un valore di mercato di circa 190 milioni di euro.

 
Poiché Unicredit vuole disfarsi della partecipazione, per ora in portafoglio al Banco di Sicilia, la Regione, senza sborsare un euro, potrebbe acquistare tutte le azioni di Irfis  e vendere quelle di Unicredit, che non hanno un ruolo strategico.
Entrando in proprietà di quasi tutto il capitale sociale dell’Irfis, la Regione dovrebbe ottenere, anche mediante il coinvolgimento di operatori economici, l’autorizzazione di Bankitalia, secondo una rigorosa procedura dalla quale non ci si può allontanare.
A questo punto ci sarebbe una questione di management. Certo, al Governo regionale non potrebbe passare per la testa che a gestire un mediocredito regionale possano andare dei galoppini, anche se fedeli, ma manager di prim’ordine che dovrebbero essere selezionati da una o più società di ricerca di teste d’uovo. Manager che dovrebbero essere capaci di approvvigionarsi sul mercato per poter finanziare progetti d’impresa moderni e in perfetta sintonia con lo stesso mercato, nazionale e internazionale.

A tutta la dirigenza dovrebbe essere sovrapposto un consiglio di amministrazione snello e formato da professionisti di prim’ordine, possibilmente non siciliani, perché quello che conta è la realizzazione della missione, il raggiungimento degli obiettivi e il conseguimento di risultati, non solo per il buon andamento della banca, ma soprattutto per il forte sostegno all’economia siciliana.
Successivamente, il sistema del finanziamento alle imprese andrebbe razionalizzato concentrando nel Mediocredito siciliano anche le attività di Ircac e Crias, per evitare inutili doppioni, sia nell’erogazione del credito che nella presenza di uffici nelle diverse province.
Quello che descriviamo è un progetto di alto profilo che solo un governo che agisca nell’esclusivo interesse dei siciliani e delle sue imprese può mettere in piedi, con sapienza e capacità.

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