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La Pa si organizzi come Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia

Carlo Alberto Tregua

La Pa si organizzi come Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia

giovedì 16 Marzo 2017

320 mila persone che funzionano

Non tutta la Pubblica amministrazione italiana funziona male. Ve n’è una parte, circa un decimo, affidata a persone che funzionano: ci riferiamo a Polizia, Guardia di Finanza e Carabinieri.
Le tre strutture hanno un’organizzazione efficiente e producono risultati che ogni anno vengono portati all’attenzione dell’opinione pubblica mediante consuntivi di buon livello.
Non vi è nessun’altra branca della Pubblica amministrazione che produce ogni anno consuntivi, da pubblicare, con i quali i cittadini vengono a conoscenza di ciò che funziona e di ciò che non funziona.
Abbiamo più volte chiesto alle istituzioni per quale ragione un decimo dei dipendenti pubblici, cioè quelli appartenenti alle Forze dell’ordine, funzioni bene e per quale ragione gli altri nove decimi non funzionino, come dimostra l’assenza di informazioni sui risultati che dovrebbero conseguire.

Se non vengono fissati gli obiettivi di una qualunque attività di produzione di servizi, non è possibile misurare l’efficienza di quel settore, di quella branca, di quel dipartimento. La conseguenza di quanto scriviamo è che nessuno riesce a distinguere i dirigenti e i dipendenti bravi e onesti da quelli incapaci e disonesti.
Ulteriore conseguenza è che, non potendo distinguere chi lavora nella Pubblica amministrazione in base al merito o al demerito, l’opinione pubblica fa di tutta l’erba un fascio e lancia anatemi contro tutti, anche contro coloro che non li meriterebbero.
Nella Pubblica amministrazione manca la cultura del controllo, sia dei procedimenti che dei risultati. Si diffonde così il mangia mangia, cioè la cultura del favore secondo cui ogni cittadino o impresa che ha chiesto un provvedimento deve cercare la raccomandazione per farselo rilasciare, con la conseguenza che si alimenta un metodo negativo secondo cui chi ha santi in Paradiso ottiene ciò di cui ha diritto, mentre chi non ce li ha attende, attende e attende.
Quando si tratta di rinnovo del contratto di lavoro, si comincia a parlare della parte economica, delle retribuzioni, delle indennità, delle addizionali, dei premi. Mai dei doveri e cioè delle prestazioni e della loro qualità.
 

Nel contratto pubblico di cui stanno discutendo Stato e sindacati viene introdotto timidamente il concetto del premio, che dovrebbe costituire una parte variabile della remunerazione da liquidarsi esclusivamente nel caso di raggiungimento di risultati.
Per la verità, i premi esistono già, ma essi vengono liquidati a cascata indipendentemente dai risultati, cosicché diventano una parte integrante delle stipendio.
In questo quadro, ci si dimentica che i cittadini sono i datori di lavoro, mentre i pubblici dipendenti dovrebbero servirli. Perciò nei contratti bisognerebbe prima indicare i doveri e poi i diritti, ricordando che i pubblici dipendenti devono assicurare terzietà e buon andamento della loro attività.
La popolazione di pubblici dipendenti sta invecchiando. Il blocco dei concorsi non consente l’innesto di giovani. Però si abusa dell’invecchiamento, perché un dipendente a 55 o a 60 anni è ancora sufficientemente vigoroso, atteso che l’aspettativa di vita è stata spostata a 86 anni per le donne e 80 per gli uomini. Perciò chi ha 60 anni se è donna ha la probabilità di campare altri 26 anni, se è uomo altri 20.

La contrattazione pubblica è affidata all’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni). Si tratta di un giochino, perché i rappresentanti datoriali dell’Aran sono dirigenti pubblici. Questi non inseriranno principi di efficienza, che costringerebbero tutti i dipendenti a fare il proprio dovere, ma continueranno a usare i pannicelli caldi per evitare che ognuno sia costretto ad adempiere al proprio dovere.
Proprio questo è il cuore del problema: fare il proprio dovere; ovvero quando non si fa deve esserci qualcuno che costringe a farlo, oppure chi non fa il proprio dovere viene cacciato a pedate.
Ecco, nella Pubblica amministrazione esiste ancora quell’articolo anacronistico che si chiama articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, secondo il quale nessuno può essere licenziato.
Fra datore di lavoro e dipendente pubblico non c’è il necessario conflitto d’interessi che obbliga ciascuno a fare il proprio dovere. Per cui, il tran tran non funziona e i cittadini sono penalizzati.

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