Rifiuti, quel mare di plastica che minaccia il Mediterraneo - QdS

Rifiuti, quel mare di plastica che minaccia il Mediterraneo

Rosario Battiato

Rifiuti, quel mare di plastica che minaccia il Mediterraneo

venerdì 24 Marzo 2017

Il Centro di ricerca della Commissione Ue ha rilevato la presenza di circa 250 mld di particelle. Il danno per la pesca è di 61,7 mln di euro, ma anche il turismo è a rischio

PALERMO – Il Mare Nostrum è sotto attacco. La conferma arriva dal Centro comune di ricerca della Commissione europea che nei giorni scorsi ha pubblicato una relazione con le cifre che riguardano l’inquinamento del mare dai detriti e le conseguenze ambientali per la fauna e per gli abitanti del Mediterraneo con un particolare focus sul danno economico per tutti quei settori legati alla blue economy.
Ci sono circa 250 miliardi di micro particelle di plastica che galleggiano nel Mediterraneo. Secondo la relazione, è proprio la plastica ad avere il più elevato impatto dannoso diretto e indiretto sull’ambiente marino, coinvolgendo la fauna marina che ha solo il 20% di probabilità di salvarsi quando viene intrappolata. E non solo, perché molti altri vengono “debilitati, mutilati e uccisi da rifiuti marini”.
I primi dieci nemici del mare, secondo quanto registrato nel 2013 dall’iniziativa “International coastal cleanup” e riportata nella nota di presentazione della relazione sul sito ufficiale della Commissione Ue, sono: mozziconi di sigarette, involucri di plastica per alimenti, bottiglie di plastica per bevande, tappi di bottiglie di plastica, cannucce, sacchetti di plastica, bottiglie per bevande in vetro, altri sacchetti di plastica, sacchetti di carta e lattine. La maggioranza di questi elementi è prodotta in plastica, elemento che coinvolge, secondo alcuni studi, l’80% degli incidenti che riguardano le specie marine.
A queste conseguenze se ne associano altre assai pericolose: l’invasione delle acque mediterranee da parte di specie non indigene. Si tratta di “uno dei più grandi segnali – traduciamo dalla nota di presentazione della relazione – di perdita della biodiversità, che rappresenta una minaccia per l’integrità e il funzionamento degli ecosistemi”. E sono proprio i rifiuti a rappresentare un elemento di pericolo, in quanto le specie invasive non indigene spesso li utilizzano come habitat in cui nascondersi o come mezzo di trasporto per muoversi in altri territori. Siamo di fronte a un fenomeno che non è certamente nuovo, spiegano gli autori della relazione, tuttavia se in passato erano i detriti naturali a costituire il veicolo per il trasporto delle specie, adesso 250 miliardi di particelle galleggianti, costituite da un materiale decisamente più longevo del passato, offrono tantissime opportunità alle specie più invasive.
Un fenomeno di tale portata ha conseguenze dirette anche sui servizi ecosistemici, agendo su turismo, pesca, acquacoltura, navigazione ed energia. Secondo uno studio riportato dalla relazione, annualmente il danno prodotto dai rifiuti marini per il settore della pesca vale circa 61,7 milioni di euro tra minore pescato, costi di rimozione della plastica dal pescato e danni alle imbarcazioni (ad esempio la rottura delle eliche).
Anche il turismo è da considerarsi a rischio. I rifiuti hanno un impatto diretto sul valore estetico delle spiagge e delle altre zone turistiche costiere e, inoltre, devono essere rimossi. Uno studio effettuato nei Paesi Bassi ha stimato che il costo totale di rimozione dei rifiuti da spiaggia effettuato in 32 comuni situati in sette Paesi differenti della zona adriatico-ionica è pari a circa 6,7 milioni di euro all’anno, praticamente una media di quasi 220 mila euro per ente locale. Operazioni che valgono mediamente il 5% del bilancio complessivo di un comune.

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