Con l'abolizione dei Voucher quattro le possibili alternative - QdS

Con l’abolizione dei Voucher quattro le possibili alternative

Giuseppe Di Martino

Con l’abolizione dei Voucher quattro le possibili alternative

martedì 04 Aprile 2017

In attesa di colmare il vuoto normativo, di modalità per sostituire il lavoro occasionale ne è pieno l’ordinamento. Somministrazione, contratti intermittenti, collaborazioni coordinate e continuative

PALERMO – Qualche giorno fa, con il decreto legge n. 25 del 17 marzo 2017, sono stati abrogati gli articoli da 48 a 50 del decreto legislativo 81/2015 che disciplinavano il lavoro accessorio, evitando così il discusso referendum che era stato promosso dalla Cgil e che avrebbe chiamato al voto milioni di italiani il prossimo 28 maggio. 
Secondo quanto disposto dal decreto – che dev’essere convertito in legge entro 60 giorni – dunque, lo stop all’utilizzo dei voucher decorre dallo scorso 17 marzo. Gli unici che potranno continuare ad utilizzare tale strumento sono i datori di lavoro che li hanno già acquistati alla data di entrata in vigore della norma, e comunque non oltre il 31 dicembre 2017.
Senza andare troppo a ritroso nel tempo, si può oggettivamente affermare che i voucher, nati come strumento per far emergere il lavoro nero e per consentire di disciplinare rapporti di lavoro di tipo occasionale o accessorio, sono via via diventati un indicatore di precarietà.
Basti pensare all’elenco – diffuso dalla Cgil – delle 15 aziende che nel 2016 hanno fatto maggior ricorso ai buoni da 10 euro per pagare i lavoratori, da cui emerge che una grossa parte del lavoro prestato con i voucher fa capo a grandi gruppi, in cui – come dichiarato dallo stesso sindacato – è altamente probabile che si sia operata una vera e propria sostituzione non solamente di lavoro stabile ma anche di quello flessibile.
Con l’abrogazione integrale della disciplina del lavoro accessorio, dettata dall’esigenza di eliminarne gli abusi (di cui si è scritto sopra), rimane un vuoto normativo per tutte quelle esigenze di prestazioni di lavoro residuali caratterizzate da estemporaneità, cui l’ordinamento deve comunque far fronte per colmarne le aspettative.
In attesa di colmare tale vuoto normativo, si può sottolineare che il nostro ordinamento è pieno di tipologie contrattuali che possono rappresentare un’alternativa valida all’utilizzo dei buoni lavoro.
1) Un primo strumento classico può essere il ricorso ai contratti di lavoro a termine di durata giornaliera, o comunque di brevissima durata. Queste tipologie contrattuali garantiscono peraltro ai lavoratori un cumulo contributivo valido per la presentazione della domanda per l’assegno di disoccupazione, il diritto a ferie e malattie pagate e una contribuzione previdenziale più alta.
2) Un altro strumento potrebbe essere il ricorso alla somministrazione (regolamentata oggi dagli artt. da 30 a 40 del decreto 81/2015), istituto nato dall’abrogazione della legge che sanciva il divieto di interposizione nelle prestazioni di lavoro e dall’abolizione del lavoro interinale. In linea di principio, la somministrazione conserva la struttura trilaterale tipica del lavoro interinale, introducendo però delle novità riguardanti soprattutto l’ambito di applicazione della fattispecie. Nella somministrazione, l’attività lavorativa viene svolta da un dipendente dell’impresa somministratrice in luogo di un altro soggetto che ne utilizza la prestazione per soddisfare le sue esigenze produttive. I rapporti che intercorrono tra i tre soggetti sono regolati da due distinti contratti: il contratto di somministrazione di lavoro (che intercorre tra somministratore e utilizzatore) e il contratto di lavoro vero e proprio intercorrente tra il somministratore e il lavoratore. Si può ricorrere a tale tipologia contrattuale sia a tempo determinato che a tempo indeterminato.
3) Inoltre, un’alternativa può essere il ricorso alle collaborazioni coordinate e continuative che, con l’entrata in vigore del decreto 81/2015 hanno subito una revisione normativa. Infatti, adesso non è più possibile stipulare collaborazioni riconducibili a uno o più progetti determinati dal committente e gestiti dal collaboratore. Nella sostanza, il decreto ha abolito la disciplina del lavoro a progetto, rimanendo intatta la possibilità di stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa in forma autonoma. Il requisito dell’autonomia, ampio in tale tipologia contrattuale, sarebbe il discriminante che fa storcere il naso a molti e fa considerare questa forma contrattuale come non idonea a fronteggiare esigenze di lavoro occasionale, seppure in linea di principio perfettamente compatibile.
4) Infine, il contratto di lavoro intermittente è stato giudicato dagli esperti come il più idoneo a sostituire il lavoro accessorio. Tale tipologia prevede la possibilità di richiedere – da parte del datore di lavoro al lavoratore – la prestazione di lavoro a chiamata (c.d. job on call), soltanto quando lo stesso datore ne abbia la necessità, garantendo parimenti maggiore tutele nei confronti del lavoratore rispetto alla disciplina del lavoro occasionale.

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