Capoluoghi, 700 milioni di euro al personale - QdS

Capoluoghi, 700 milioni di euro al personale

Francesco Torre

Capoluoghi, 700 milioni di euro al personale

martedì 15 Dicembre 2009

Enti locali. Paragone tra i bilanci il Sud è surclassato.
Qualità della vita. A confermare l’inadeguatezza di quanto offerto dagli enti locali siciliani, le classifiche stilate annualmente da Legambiente e dal Sole 24 Ore sui parametri di vivibilità.
Inefficienze. Un esercito di 16.600 dipendenti che non riesce, anche per colpa di dirigenti “distratti”, neanche a pubblicare bilanci sul web, a gestire appalti e recuperare risorse in house.

PALERMO – Chi l’ha detto che la quantità fa la qualità? Dal confronto tra i Comuni capoluogo siciliani e le città gemelle del Nord (simili per numero di abitanti) emerge un quadro desolante. Poco meno di 700 mln € per pagare i dipendenti, infatti, non bastano a garantire ai cittadini siciliani dei servizi degni di tale nome. Al Nord, al contrario, con un risparmio di 75 mln € si riesce a venire incontro con maggiore efficienza alle necessità dei cittadini.
La prova è nelle classifiche sulla qualità della vita stilate periodicamente, dove i nostri capoluoghi si conquistano puntualmente le ultime posizioni.
 
Con 5.000 dipendenti Ryan Air fa volare 5 milioni di passeggeri l’anno in tutta Europa; con 8.500 militari, la Francia si assicura la gestione di tutta la Legione Straniera; con 15.000 unità di personale, Costa Crociere fa viaggiare oltre un milione di turisti l’anno in giro per il mondo. E ci guadagnano pure!
Nei nostri nove Comuni capoluogo, invece, 16.600 dipendenti non sono nemmeno in grado di inserire su Internet le tabelle dei bilanci (e per questo ci obbligano ad un tour de force tra gli uffici per recuperare dei dati che dovrebbero essere trasparenti), si ingarbugliano nella gestione degli appalti e del patrimonio, sono totalmente incapaci di recuperare risorse in house e non si occupano nemmeno di garantire ai cittadini le condizioni minime della sicurezza del territorio, peraltro mai rispondendo dei propri errori a titolo personale.
Con dati simili, qualsiasi ditta privata sarebbe andata in fallimento, come successo a suo tempo ad Alitalia (il cui numero di dipendenti – fatalmente – era lo stesso). L’assenza di manager all’altezza e un numero troppo alto di maestranze rendono il dissesto finanziario un rischio prevedibile, se non in tempi brevi (come per il Comune di Catania) in prospettiva futura, per tutti i nostri enti comunali. Le cui prestazioni sono tra le peggiori d’Italia. Le prove?
Nell’ultima classifica stilata dal Sole 24 Ore sulla qualità della vita, la città siciliana piazzata meglio è risultata Messina. Ma solo all’81° posto. A seguire Ragusa, Siracusa, Enna, Trapani, Palermo, Caltanissetta, Catania e Agrigento, fanalino di coda alla 103^ posizione. Allo stesso modo, la più recente graduatoria di Legambiente Ecosistema Urbano 2009 (sulla qualità ambientale dei Comuni) ha visto sempre Messina al primo posto tra le siciliane (74°), poi Agrigento 81^ e tutte le altre piazzate tra la 92^ e la 102^ posizione. Inutile dire come il confronto con le cosiddette “gemelle del Nord” sia impietoso, nei numeri e nella sostanza.
Con oltre 1.000 dipendenti in meno, infatti, i nove Comuni capoluogo, già in passato utilizzati come termine di paragone e confronto con le nostre realtà locali, si assicurano ben altre posizioni in classifica.
Per il Sole 24 Ore, per esempio, Genova surclassa Palermo di 60 posizioni (32° il primo comune, 92° il secondo), così come fa Venezia con Catania (40^ posizione contro 100^), Verona con Messina ecc. Ancora peggio succede nella graduatoria di Legambiente, dove le differenze sono abissali: Verbania (4^) surclassa Enna di 92 posizioni; Venezia (10^) supera Catania di 91 posti; Pavia (16^) guarda la “gemella” Trapani dall’alto di 83 posizioni in più ecc. E tutto questo, beffa delle beffe, spendendo molto di meno per il personale.
Sia ben chiaro, la gestione delle risorse umane di per sé non garantisce dei servizi efficienti. Occorrono infrastrutture, investimenti, piani di sviluppo, progetti, tutto ciò che – come abbiamo dimostrato nelle precedenti inchieste sui rendiconti dei Comuni capoluogo – i nostri enti locali non sono in grado di fornire o produrre. Ma chi dovrebbe occuparsi di questo, se non i dirigenti ed i funzionari comunali? Chi si dovrebbe preoccupare di recuperare le risorse necessarie per lo sviluppo, se non questo infinito esercito di dipendenti pubblici?
È per questo che stride ancor di più il confronto con le “gemelle del Nord”, se andiamo a guardare le cifre spese per gli stipendi. Mentre le nove gemelle del Nord hanno sborsato infatti nel 2008 602 milioni di euro in totale, mantenendosi così in linea con quanto registrato per il 2007 (anzi, con una diminuzione di 10 mln), i comuni siciliani hanno speso oltre 675 milioni di euro, 75 mln in più rispetto all’anno precedente. Dato, peraltro, inconcepibile se si considera l’enorme flessione dei dipendenti, passati dai 20.000 del 2007 ai 17.000 attuali.
Come è stato possibile? Con la sparizione di un numero considerevole di contratti a tempo determinato, sicuramente, e viceversa l’aumento di quelli a tempo indeterminato. E con la concessione di aumenti. Come quello recentemente richiesto dai dirigenti del Comune di Messina, che potrebbe causare l’aumento delle rendite di posizione dell’80% e garantire stipendi da un massimo di 120 mila a un minimo di 85 mila euro. Soldi meritati?

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