Gaetano Cimò: "Necessario fare sistema e puntare sulla qualità" - QdS

Gaetano Cimò: “Necessario fare sistema e puntare sulla qualità”

Gaia Perniciaro

Gaetano Cimò: “Necessario fare sistema e puntare sulla qualità”

venerdì 21 Aprile 2017

Forum con Gaetano Cimò, dirigente generale Dipartimento Agricoltura Regione siciliana

A un anno dal suo insediamento, come giudica il suo lavoro al Dipartimento? 
“È un impegno considerevole, però la ritengo una bella sfida. Mi occupo di programmazione di spesa di fondi europei già dal 1989, con il tempo qualcosa abbiamo imparato. La società e l’economia cambiano, quindi gli strumenti devono accompagnare questa evoluzione”.
Come giudica la Programmazione europea 2014/2020?
“Quest’ultima programmazione è più complessa, anche se all’insegna della semplificazione, perché in realtà le Regioni sono chiamate a una logica di sussidiarietà e ciò significa non solo partecipazione economica, ma anche condivisione alle strategie. Le regole sono più stringenti ed è giusto. La Regione si è data una strategia a supporto delle imprese che possiedono già una posizione competitiva o comunque hanno possibilità di diventare competitive sul mercato, dall’altro lato valorizza ulteriormente una terra sana, fatta di prodotti genuini e di qualità, attraverso un impiego qualificato e consistente di risorse finanziarie”.
Un bando di carattere generale come può essere applicato a una situazione specifica come in Sicilia, fatta di bellezze e allo stesso tempo criticità?
“È stato dato un ventaglio ampio, con una visione complessiva che mette in relazione tra di loro i fondi in un quadro strategico. Sta alla Regione mettere in piedi gli strumenti organizzativi per realizzare in maniera coordinata e sinergica le risorse finanziarie”.
A quanto ammonta la dotazione finanziaria dell’odierno Programma di sviluppo rurale?
“La dotazione è di 2 circa miliardi e 270 milioni di euro, siamo la Regione che riceve più fondi in Europa. Consideriamo poi che molte misure sono a contributo, quindi l’impatto è quasi doppio”.
Ritiene questa dotazione sufficiente?
“Le risorse finanziarie non sono sufficienti rispetto alle esigenze territoriali. Si è deciso di investire sulle medie imprese, parliamo quindi di plafond di spesa più alti, necessari per far stare sul mercato le imprese che intendono investire per competere. L’esperienza ci dice che poche imprese di qualità trascinano i territori, la dispersione non serve a nulla. La Sicilia è fatta di imprese frammentate e polverizzate, puntiamo sull’innovazione e sulla organizzazione a 360 gradi, anche organizzativa”.
Può darci una fotografia del comparto agricolo regionale?
“Contiamo aziende con la media di 5 ettari: occorre fare sistema, chi non fa sistema non rientra nel finanziamento. Possiamo inoltre vantarci di una base produttiva molto ampia, anche in termini qualitativi, che però non è supportata dal segmento agroindustriale. Ciò vuol dire che siamo costretti a esportare le nostre materie prime, agrumi e uva soprattutto, ottenendo pochi profitti perché sulle nostre tavole troviamo prodotti lavorati e trasformati in altre regioni. Con il Psr vogliamo investire sulla chiusura delle filiere, sia di quelle corte che di quelle lunghe per l’internazionalizzazione”.
A che punto è la spesa dei fondi Psr 2014-2020? Quali i prossimi bandi?
“Siamo in linea con le previsioni comunitarie di spesa. Al 31 dicembre 2016 registriamo una spesa di 163 milioni di euro già erogati e siamo tra le prime regioni in Europa. Abbiamo in programma per quest’anno 15 bandi finalizzati allo sviluppo delle aziende agricole e delle imprese, a investimenti nello sviluppo delle aree forestali e al miglioramento della redditività delle foreste, ai pagamenti agro-climatico-ambientali, al trasferimento di conoscenze e azioni di informazione, ai servizi di base e rinnovamento dei villaggi nelle zone rurali, alle azioni di cooperazione. Non faremo dei bandi che si aprono periodicamente, ma sono previsti bandi nuovi, con nuove regole che facciano tesoro delle esperienze precedenti aggiustando il tiro, rivedendo disposizioni e criteri di selezione affinché gli interventi possano essere meglio indirizzati verso gli obiettivi strategici. Ad esempio, nel caso del metodo biologico premiamo non chi lo produce, ma chi già commercializza prodotti certificati. Inoltre, le aziende devono imparare a non ragionare sulle strategie solamente in funzione dei finanziamenti”.
 
Cosa sta facendo la Regione siciliana per i giovani che vogliono impegnarsi nel settore agricolo?
“È ormai prossima l’apertura di una misura, la 6.1, che ha l’obiettivo di fare insediare nel settore agricolo 1.600 giovani, grazie a una dotazione di 60 milioni di euro. A ogni giovane partecipante sarà erogato un premio di insediamento pari a 40mila euro insieme al quale saranno sostenuti investimenti con un contributo del 70%”.
Cosa vi aspettate dai giovani?
“Dai giovani ci aspettiamo più modernità, idee innovative, soprattutto si tratta di gente più scolarizzata. Il comparto agroalimentare attualmente è formato per l’80% da persone con appena la licenza media. Con la misura 1.2, inoltre, promuoveremo entro la fine dell’anno degli scambi di esperienze e tirocini, anche in altri Paesi dell’Unione europea, funzionali alla crescita dei giovani che si insediano. Con la precedente programmazione 2007-2013 abbiamo avuto ottime esperienze negli scambi con la Spagna che ha una organizzazione di mercato più efficiente”.
Come valuta la struttura amministrativa dell’Assessorato?
“Deve essere ringiovanita come l’agricoltura, abbiamo bisogno non di precari, ma funzionari e quadri dirigenziali giovani. Attualmente il personale dirigenziale ha una media di 55/60 anni di età, gente con grande esperienza da trasferire che altrimenti andrebbe perduta. Inoltre, i tagli di spesa sono stati eccessivi e si fa fatica ad adeguare le strumentazioni e ad investire in una amministrazione regionale ancora più efficiente e trasparente”.
 
Pensa che per sostenere la filiera agricola siciliana occorrano maggiori certificazioni sul prodotto?
“Certamente, con la Programmazione 2007-2013, per indentificare e conservare le specie tradizionali del nostro patrimonio autoctono, abbiamo individuato gli ‘agricoltori custodi’. Adesso, in applicazione a un decreto ministeriale, stiamo certificando le sementi e sviluppando il ricco potenziale costituito dai grani antichi siciliani. Ho appena riattivato la Commissione per la certificazione e abbiamo ricevuto 43 richieste correlate di schede storiche e agronomiche per rintracciare l’identità culturale e territoriale, con la raccolta di campioni fisici per l’analisi morfologica e per la ricerca di confronto genetico”.
Che fine ha fatto il “Born in Sicily”, legge regionale approvata per valorizzare le produzioni locali?
“Tra il 2013 e il 2014 la Commissione competente si è riunita e poi i lavori si sono interrotti, adesso è in corso di riattivazione. Teniamo maggiormente al Marchio qualità sicura, visto come un marchio ombrello che valorizza il simile al Made in Sicily e che è già stato notificato a Bruxelles. Chi riceverà questa certificazione, potrà essere sostenuto dalla misura 3.2 del Psr per promuovere il proprio prodotto a livello europeo”.
Come fare per arginare il fenomeno del Caporalato in Sicilia?
“Abbiamo già stipulato un apposito accordo di partenariato con diverse Istituzioni per combattere questo sistema sbagliato. Pensiamo che un buon risultato potrebbe essere raggiunto con percorsi formativi e integrativi per immigrati con lo scopo di arginare il lavoro irregolare, che in alcuni casi arriva a rasentare la schiavitù. Vorrei attivare anche un percorso di premialità nei confronti delle tante imprese che applicano protocolli di legalità e accoglienza nei riguardi di tali lavoratori stranieri”.

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