Spettacolo della giustizia o Giustizia-spettacolo? - QdS

Spettacolo della giustizia o Giustizia-spettacolo?

Carlo Alberto Tregua

Spettacolo della giustizia o Giustizia-spettacolo?

mercoledì 26 Aprile 2017

Diritto di privacy, diritto di cronaca

Qualche sera fa, ho partecipato ad una riunione rotariana di Catania, nella quale si è discusso del tema del giorno: “Spettacolo della giustizia o giustizia-spettacolo?”. La questione dibattuta ha cercato di evidenziare la necessità di porre in equilibrio il diritto alla privacy del cittadino, di cui al Dlgs 196/03, con il diritto di cronaca, sancito dall’articolo 21 della Costituzione.
Questo equilibrio, appare ormai a tutti evidente, si è squilibrato, almeno per quanto riguarda i processi penali, perché essi sono trattati da alcuni giornalisti  – che violano sistematicamente il Testo unico dei doveri approvato dal Cnog il 27 gennaio 2016 -, riportando notizie che riguardano le indagini preliminari, quelle per intenderci da non divulgare.
Secondo alcuni di essi, non importa il dibattimento del processo, quanto tutta la parte iniziale che fa clamore e che sovente si risolve in un flop, con l’assoluzione degli indagati, poi diventati imputati, ma privi di colpa.

Nella discussione è intervenuto un giornalista di un quotidiano regionale, del cui discorso non ho capito granché, per cui sorvolo. Poi, ha svolto una lectio magistralis un procuratore aggiunto di Catania, il quale ha argomentato in modo brillante partendo da ventiquattro secoli fa, ma non spiegando agli astanti come fare per evitare il clamore che si alza quando i cittadini vengono colpiti dall’informazione di garanzia (erroneamente chiamata avviso di garanzia).
Cosicché si alza il polverone attorno ad essi ed il circo mediatico ha le sue prede, emettendo sentenze che non provengono dai giudici ma dalla parte requirente, cui molti giornalisti fanno da cassa di risonanza.
Qualche tempo fa, abbiamo pubblicato una prima inchiesta, riportando le ferme e rigorose parole del primo Presidente della Corte di Cassazione, Giovanni Canzio: “Più controlli sulle indagini dei Pm”. Canzio ha fatto riferimento ai numerosi casi di proscioglimento in sede di udienza preliminare e di assoluzione nei diversi gradi di giudizio, correlando il numero di fascicoli aperti nei quali si formulano le ipotesi di reato, con la cancellazione di tali ipotesi di reato da parte dei giudicanti.
 

Nella discussione è intervenuto Carlo Taormina, noto professore ed avvocato penalista, il quale ha rilevato lo squilibrio della riforma del codice di procedura penale del 1989 fra Accusa e Difesa, in quanto quest’ultima non ha gli stessi strumenti dei Pm, i quali dominano la scena, almeno fino all’inizio del processo, e possono prendere qualunque iniziativa che viene quasi sempre confermata dal Gip.
Taormina ha sottolineato l’esigenza del vero giornalismo di inchiesta.  Ma esso deve rigorosamente conformarsi ai fatti e non alle ipotesi, controllandoli da più fonti, in modo da non danneggiare i cittadini nei confronti dei quali vengono ipotizzati, e solo ipotizzati, presunti reati, interpretando fatti e indizi non sempre reali.
Quando l’informazione è distorta, quando la riservatezza viene violata, quando la difesa non è in condizione di usare gli stessi mezzi dell’Accusa, si verifica uno squilibrio dannoso ai cittadini ed alla democrazia.

Nel mio intervento ho sottolineato tre fatti: il primo riguardava la carenza dell’articolo 429 del cpp, quando non obbliga il Gip (lettera d), ad un’autonoma valutazione delle sommarie fonti di prove indiziarie proposte dall’Accusa, né lo obbliga a valutare le ragioni della Difesa.
Spesso accade che il Gip trasferisca le ipotesi dei Pm – col copia e incolla -, nella propria ordinanza di rinvio a giudizio in un modulo pre-stampato. Ma così non si comporta da giudice indipendente, terzo ed imparziale, in quanto trasferisce al Tribunale, pari pari, la tesi accusatoria, infilando nel forno mediatico un cittadino innocente fino a sentenza passata in giudicato.
Il secondo argomento proposto riguardava la necessità di vietare la pubblicazione dell’informazione di garanzia, che la gogna mediatica ha trasformato in avviso di colpevolezza; né di pubblicare le richieste di rinvio a giudizio da parte delle Procure. Queste non sono fatti: è un fatto, invece, quando il Gip proscioglie o rinvia a giudizio, e va pubblicato.
Terzo argomento ha riguardato l’art. 535 cpp e cioè che l’accusato assolto non abbia la possibilità di farsi rimborsare dallo Stato le spese legali sostenute. Così è cornuto e mazziato: cornuto perché è stato rosolato nel circo mediatico e mazziato perché ha dovuto pagarsi le spese del processo nonostante riconosciuto innocente.
Se questa è giustizia, valutate voi!

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