La Formazione che crea disoccupazione - QdS

La Formazione che crea disoccupazione

Michele Giuliano

La Formazione che crea disoccupazione

mercoledì 03 Maggio 2017

Corsi fermi da un anno e mezzo, guerra tra Enti e formatori disallineati col mercato: le vere vittime sono i corsisti. Dal 2004 spesi 2,7 mld ma i disoccupati sono saliti a 391.000 (45% dei giovani)

C’erano una volta i corsi di formazione in Sicilia: quelli che avrebbero dovuto aiutare i giovani a trovare lavoro, quelli che avrebbero anche dovuto sostenere i senior fuoriusciti in età avanzata dal mercato, per reimmetterli con un profilo professionale spendibile ed appetibile. Tutto solo sulla carta, perchè in Sicilia la formazione è stata soltanto utilizzata ad uso e consumo della politica, per ingrassare l’ente amico e per fare le varie campagne elettorali con assunzioni a pioggia senza un minimo di criterio.
Oggi il sistema è scoppiato e lo “sfascio” dell’ultimo ventennio si sta pagando a caro prezzo. Perchè se magari – seppur con i loro limiti e la mancanza di ogni criterio – prima si poteva contare su un’offerta formativa (buona o brutta, a seconda dei punti di vista) adesso non si può fare nemmeno quello. Perchè? Perchè da un anno e mezzo i corsi tradizionali, quelli che un tempo erano finanziati con il Prof (piano dell’offerta formativa), trasformati poi in Avviso 20 ed oggi invece sostenuti attraverso l’Avviso 8, non si realizzano più.
Nè male, nè bene: insomma non c’è più uno straccio di programmazione. Si tratta della più lunga sosta mai verificatasi per la formazione siciliana. Era già successo un anno di stop nel 2012, quando in pratica si passò dal finanziamento dei corsi con fondi regionali a quelli europei: un passaggio che comportò qualche difficoltà burocratica ma che sostanzialmente non si prolungò più di tanto: le attività infatti si chiusero il 31 dicembre del 2011 e ripresero alla fine del 2012, quindi neanche un anno di stand-by. Ora invece la situazione è davvero precipitata: non ci sono più corsi dal 2015, ultimo anno finanziato attraverso la terza e ultima annualità dell’Avviso 20, con chiusura delle attività il 31 dicembre di quell’anno (ad eccezione di qualche ente che prorogò qualche mese dopo, ndr). Ma per tutto il 2016 e questa prima parte del 2017 (è già volato via un terzo di anno) ancora non si vede l’ombra di un solo corso.
L’unica certezza è che la Regione ha pescato dai fondi europei una disponibilità di 136 milioni per i corsi tradizionali ma ad oggi non un solo centesimo è stato speso. Colpa di una serie infinita di “stop & go” del bando più volte pubblicato e ritirato per evitare ricorsi e bacchettate dall’Unione europea. D’altronde spendere i fondi dell’Ue non è mica uno scherzo e i parametri a cui bisogna attenersi sono rigidissimi.
Proprio per vizi di forma è rimasto tutto congelato sino ad oggi e solo in queste ultime settimane pare esserci una schiarita con una serie di sentenze del Tar, dopo i ricorsi di 25 enti, che in buona sostanza hanno dato ragione all’impalcatura del bando disegnato dalla Regione. Al netto di qualche modifica che dovrà con ogni probabilità essere applicata alla graduatoria, si dovrebbe davvero partire con i nuovi corsi.
Discorso diverso è sicuramente la qualità delle attività finanziate. Negli ultimi 14 anni, compreso l’ultimo che ancora deve partire, sono stati spesi qualcosa come 2 miliardi e 740 milioni di euro e organizzati oltre 18 milioni di ore di corsi. Con quali risultati? Lasciamo all’immaginazione ma vogliamo dare qualche dato su cui riflettere considerando che questi corsi di formazione sono nati per contrastare la disoccupazione, specie quella giovanile. Ebbene, a chiusura del 2016, sulla base dei dati Istat, il tasso di disoccupazione in Sicilia è salito al 22,08%, quello giovanile tra il 40 e il 45%. Si sono persi 45.000 posti di lavoro. Il settore colpito maggiormente è quello manifatturiero, a soffrire anche i settori che nel 2015 avevano fatto la differenza: ristorazione e turismo.
Ad oggi si contano complessivamente qualcosa come 391 mila disoccupati nell’isola: tra questi figurano molti ex dipendenti degli enti di formazione. E in proposito i sindacati sono chiari dal momento che con il nuovo bando si va ventilando l’ipotesi di nuove assunzioni: “Non permetteremo mai che nella formazione professionale vengano assunte altre cinquemila persone, lasciando a casa chi ha perso il posto” sottolinea Claudio Barone, segretario generale della Uil Sicilia.
 


Altra bufala tutta siciliana: gli sportelli multifunzionali
 
Se i corsi di formazione si sono rivelati inutili sul fronte del contrasto alla disoccupazione non parliamo invece degli sportelli multifunzionali, altro spreco tutto in salsa siciliana. Un altro “giochetto” per distribuire prebende e favori a questo e quello mentre i vari appuntamenti elettorali si consumavano tra amministrative, regionali e politiche. Ma anche qui ad un certo punto i cordoni della borsa si sono stretti sino a che gli sportelli sono stati chiusi nel 2013. Dal 2014 i circa 1.700 dipendenti degli enti che avevano attivato queste strutture, a parte un brevissimo periodo di occupazione attraverso un progetto altrettanto abortito per mezzo del Ciapi di Priolo, sono senza un lavoro e si pensa di reinserirli in servizi per politiche attive di lavoro.
Intanto il Dipartimento regionale della Formazione aveva fatto due conti e dal 2005 al 2013 ha scoperto che questi sportelli sono costati ben 470 milioni di euro. Per fare cosa? Bell domanda. Possiamo rimanere anche qui sul piano teorico. Sulla carta queste strutture sono nate con uno scopo nobile: quello di favorire l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, aiutando dunque i disoccupati, gli inoccupati e successivamente anche gli studenti a trovare la loro strada verso la conquista di un impiego.
La loro nascita porta la firma messa in calce dal governo di allora attraverso la circolare dell’assessorato al Lavoro numero 2 dell’8 giugno 2000. In pratica sono andati a ricoprire il compito, con ulteriori implementazioni, che era stato sino a quel momento degli allora uffici di collocamento, oggi Centri per l’impiego.
Nuove infornate di assunzioni sono state fatte tra il 2008 e il 2009 in corrispondenza delle elezioni regionali. Anni in cui oltretutto il sistema aveva già con evidenza fatto emergere tutta la sua inefficacia in Sicilia. Si è arrivati a creare un apparto monstre: 252 sportelli istituiti in tutta l’Isola, 1.700 lavoratori di cui la quasi totalità assunti a tempo indeterminato.
 


Un’opera di moralizzazione per la Formazione isolana
 
L’assessore regionale alla Formazione professionale Bruno Marziano non ci sta ad essere tirato in ballo nel pentolone delle responsabilità per lo sfascio della formazione siciliana. Lui è in carica dal novembre del 2015, che sostanzialmente coincide con il blocco delle attività formative.
Praticamente, con lui in assessorato, non ha visto la luce  nemmeno un piano formativo relativamente alla parte dei cosiddetti corsi storici.
“Abbiamo dato vita ad un processo di cambiamento e di contenimento dei costi di un settore che aveva mille problematiche – sottolinea Marziano – e purtroppo nessuno ha la bacchetta magica per poter cambiare tutto dall’oggi al domani, neanche io. Una cosa è certa: la strutturazione che questo governo ha voluto dare è improntata all’economicità e all’efficienza. Non è politichese: se prima per i corsi tradizionali si spendevano 400 milioni ed oggi soltanto 136 credo che un merito vada dato a questo governo regionale che ha lavorato incessantemente su questo fronte”.
Marziano parla anche di processo di “moralizzazione” per la formazione siciliana: “Ben venga ogni indagine che punti a fare piena luce – aggiunge – su un settore nel quale abbiamo con determinazione cercato di affermare principi di legalità, imparzialità e trasparenza, a partire dalla decisione di stanziare un milione e mezzo di euro per affidare all’arma dei carabinieri verifiche stringenti su come vengono spese le risorse che devono servire a dare strumenti di formazione utili ai giovani siciliani e garantire possibilità occupazionale ai formatori”.
Sui ritardi che hanno caratterizzato questo bando dell’Avviso 8 che solo adesso sembra vedere la luce, l’assessore preferisce vedere il bicchiere mezzo pieno: “La cautela e la trasparenza che hanno caratterizzato ogni nostro provvedimento, – ha evidenziato – anche se talvolta possono aver determinato un allungamento dei tempi oltre quanto da noi auspicato, trovano ancor più motivazione dall’emergere di situazioni che poi sono venute a galla di una certa rilevanza”.

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