L'intersindacale medica alla Madia: "Stop ai tagli dei fondi aziendali" - QdS

L’intersindacale medica alla Madia: “Stop ai tagli dei fondi aziendali”

Redazione in collaborazione con Cimo

L’intersindacale medica alla Madia: “Stop ai tagli dei fondi aziendali”

sabato 06 Maggio 2017

Le principali organizzazioni di categoria hanno scritto al Ministro per la Pa

Ancora tagli agli stipendi dei medici? Le principali Organizzazioni sindacali di categoria non ci stanno e hanno scritto al ministro Madia per esporre la preoccupazione delle categorie professionali che rappresentano su alcuni aspetti del Testo Unico sul pubblico impiego ritenuti in grado di gravemente compromettere la funzionalità del Servizio Sanitario Nazionale nonché l’iter dei rinnovi contrattuali, da tutti auspicati dopo un blocco durato 8 anni.
In particolare, Anaaao, Cimo, Aaroi, Fvm, Fassid, Cisl medici e Fesmed, chiedono la soppressione dell’articolo 23, comma 1 e 2, che, dopo anni di decurtazione continua, congela al 2016 i fondi aziendali accessori, per di più a tempo indeterminato.
Tali fondi sono necessari per la valorizzazione del merito (retribuzione di posizione variabile e retribuzione di risultato), per la costruzione delle carriere professionali di cui all’art. 22 del Patto della salute, in passato fortemente sostenuto dal Ministro della salute, per la remunerazione delle attività disagiate (reperibilità, lavoro notturno e festivo, straordinari) in crescita per il blocco del turnover che condanna chi rimane a lavorare di più.
Si determinano, in questo modo, le condizioni per una ulteriore riduzione di fatto delle retribuzioni, dopo la perdita di potere di acquisto registrata negli anni di blocco contrattuale. Il congelamento comporta la perdita degli incrementi previsti dai meccanismi contrattuali in vigore di entità tale da risultare, per le categorie dirigenziali del Ssn, superiore agli aumenti annunciati con il finanziamento del rinnovo contrattuale 2016-2018 nelle leggi di bilancio 2016 e 2017.
Le categorie dirigenziali sanitarie (medici, veterinari, biologi, fisici, chimici, farmacisti e psicologi) hanno visto in questi anni una perdita di oltre 9.000 unità di personale mentre il taglio dei fondi aziendali, puntuale ad ogni legge di bilancio, ha già sottratto alla contrattazione di secondo livello circa 650 milioni di euro, impedendo di compensare con il salario accessorio l’incremento del carico di lavoro sopportato.
Proseguire su questa china significa compromettere fondamentali elementi di flessibilità del lavoro e di merito professionale, necessari al mantenimento dei livelli essenziali di assistenza ed alla stessa tenuta della sanità pubblica. 
È altresì evidente che il provvedimento di cui al comma 2 dell’art. 23, già respinto dal Parlamento nella legge di bilancio e nel decreto mille proroghe, viola i limiti imposti dal Parlamento nella delega al Governo sul testo unico del pubblico impiego e ripropone un’ingerenza legislativa sul terreno contrattuale che si riteneva superata, anche sulla base degli intendimenti espressi dal governo.
Si tratta pertanto di una iniziativa che appare incomprensibile e che rischia di porre un macigno sulla futura trattativa per il contratto di lavoro reso pesantemente in perdita, e pertanto di inattuabile rinnovo, in quanto palesemente caratterizzato dall’impossibilità di valorizzare, anche dal punto di vista economico, il lavoro professionale di oggi e di domani. Lavoro che tiene in piedi quello che resta della sanità pubblica, con un livello di gravosità e rischiosità, anche patrimoniale, che contrasta con livelli retributivi inchiodati al 2010 e con il continuo peggioramento delle condizioni in cui viene esercitato.
Decapitalizzazione e svalutazione delle risorse umane contribuiscono al collasso della sanità pubblica, al cui destino le prospettive professionali dei Medici e dipendenti del SSN sono strettamente intrecciate. Senza contare che appare provocatoria, anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale del 2015, la manomissione per via legislativa dei contratti di lavoro, peraltro scaduti da otto anni, nel momento stesso in cui si afferma di volerli rinnovare.
L’intersindacale medica ricorda, infine, che il precariato medico e sanitario ha raggiunto quasi 20.000 unità, e che non può essere discriminato rispetto ad altre categorie per il ruolo fondamentale che svolge, anche nel mantenimento degli standard previsti dalla normativa comunitaria riducendo i rischi di sanzioni per infrazioni. In tal senso, anche le procedure per la determinazione dei fabbisogni devono essere sollecite e superare il blocco del turnover, pena il collasso del sistema sanitario.
È necessario, continua l’intersindacale, uno sforzo per comprendere la peculiarità del Servizio Sanitario nel contesto del pubblico impiego, riconoscendone il ruolo specifico insieme con il valore del lavoro professionale svolto a garanzia della esigibilità di un diritto costituzionale.

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