Macron doppia Le Pen, Le Pen doppia se stessa - QdS

Macron doppia Le Pen, Le Pen doppia se stessa

Carlo Alberto Tregua

Macron doppia Le Pen, Le Pen doppia se stessa

martedì 09 Maggio 2017

Il doppio turno salva la Francia

Senza il doppio turno la Francia poteva cadere nella mani del Fronte nazionale, perché lo scarto fra Le Pen e Macron al primo turno è stato appena dell’1 per cento. Emmanuel Macron, che appena un anno fa ha inventato dal nulla il suo movimento En marche! non sarebbe potuto diventare Presidente della Repubblica di Francia senza il ballottaggio al secondo turno.
Così sono stati derisi tutti quei buffoni italiani che continuano a sostenere il frazionamento e la parcellizzazione di un sistema elettorale che ha affossato l’Italia sino al 1994: il proporzionale.
Questo accade perché anche le pulci hanno la tosse. (Ricordate Gino e Michele e il loro maestro Marcello Marchesi?). Ogni partitocrate vuole pesare molto di più del proprio voto. Quando questo diventa essenziale può esercitare senza alcuna dignità il ricatto.
Fa sorridere la battuta del presidente del Senato Pietro Grasso: “Meno male che il Senato c’è”. C’è per rallentare la vita istituzionale, per complicare le leggi e per mantenere 315 senatori di cui si sarebbe fatto volentieri a meno. 

È vero che Macron ha quasi doppiato Le Pen col suo 66,1% di voti contro il 33,9% della leader di Destra. Ma va rilevato il notevole successo di quest’ultima, anche se perdente, perché di fatto ha raddoppiato i voti della precedente tornata presidenziale: dal 17% a quasi 34% dei votanti.
Un terzo dell’elettorato francese, solitario, al secondo turno ha votato per il Fronte nazionale non tanto per quelle idee destrorse e quindi deprecabili, quanto per esprimere una protesta e un malumore contro i partitocrati che hanno condotto la Francia in una condizione economica e di disoccupazione certamente negativa. Non comunque come quella italiana, se pigliamo anche solo il parametro del debito pubblico, che per il nostro Paese è di circa il 133% rispetto a quello della Francia di circa il 90%.
È vero che la Francia continua a sforare il deficit del 3% annuale, ma con il debito prima indicato se lo può permettere. Peccato che quel pesce lesso di François Hollande abbia gettato al vento 5 anni in cui la Francia  è cresciuta poco.
 

Mentre la forza dell’Italia è il tessuto di cinque milioni di Pmi e di altri tre milioni di partite Iva, la forza della Francia è l’Énà (l’École nationale d’administration), da cui sono usciti numerosi Presidenti della Repubblica e quasi tutti i dirigenti pubblici, che godono di un prestigio dell’opinione pubblica non riscontrabile né in Italia né in altri Paesi.
Anche Emmanuel Macron è uscito dall’Énà ed ha arricchito la sua brillante carriera con la permanenza nella banca Rothschild, oltre ad aver fatto il ministro dell’Economia nel governo Valls, facendo esperienze manageriali che gli hanno consentito di capire come si dirige uno Stato.
Ovviamente la sua capacità d’azione sarà facilitata o intralciata dalla prossima composizione dell’Assemblée nationale. Tuttavia il Presidente della Repubblica francese ha grossi poteri come il Presidente Usa, per cui potrà prendere decisioni importanti, anche se contrastate dal potere legislativo.

Macron è un europeista convinto ed anche un uomo di mercato. Certamente farà approvare le riforme che semplifichino le regole con una concorrenza più aperta, spingerà ancora di più sul potenziamento delle infrastrutture (ma la Francia ne ha già tante ottime), sosterrà le attività imprenditoriali, in modo che tutto ciò sfoci in un incremento dell’occupazione e una diminuzione della disoccupazione che già in atto è inferiore a quella italiana: 9,6% contro 11,7%.
La sua forza sarà l’énà e la pubblica amministrazione che funziona puntualmente, che serve veramente i cittadini e che non si sogna nemmeno di imitare il menefreghismo e il disinteresse delle burocrazie italiane, che invece costituiscono il punto debole del nostro Paese.
La stabilità politica della Francia deriva dal sistema elettorale a doppio turno sia per il Presidente che per i parlamentari. Si tratta del sistema elettorale più efficiente, che i politici italiani non vogliono prendere in esame.
Doppio turno e non ballottaggio è dunque la chiave per una stabilità produttiva, progressista, veloce e vera!

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