Sanità, 40 mila in fuga dalla Sicilia - QdS

Sanità, 40 mila in fuga dalla Sicilia

Rosario Battiato

Sanità, 40 mila in fuga dalla Sicilia

mercoledì 10 Maggio 2017

“Deficit di pazienti”: qui accogliamo 10.000 malati dalle altre regioni. Solo in Lombardia circa 13 mila siciliani. Fondo Sanitario Nazionale: profondo rosso per l’Isola nell’ultimo triennio

PALERMO – Viaggiare per stare meglio. Un vero e proprio esodo che riguarda più di 40 mila siciliani che ogni anno si spostano per curarsi fuori dai confini regionali. Tra le mete preferite c’è la Lombardia, che da sola copre un terzo dei ricoveri per acuti (pazienti che manifestano forme acute di malattia) degli isolani che non si fidano della sanità regionale. Negli ultimi tre anni, secondo una stima del QdS su dati Agenas e del ministero, il saldo negativo della mobilità è costato più di mezzo miliardo di euro.
I numeri delineano una grande freccia che indica una specifica tendenza: i siciliani continuano a emigrare e non solo per cercare lavoro. Nell’ultimo rapporto del ministero della Salute, pubblicato lo scorso dicembre, la mobilità ospedaliera regionale, solo per il ricovero degli acuti in regime ordinario e regime diurno (day hospital), ha superato le 40 mila unità nel 2015. Quelli che decidono di utilizzare la sanità isolana e vengono da altre Regioni, sempre nelle due categorie considerate, sono circa 10 mila, un bilancio negativo di 30 mila unità. Vanno inoltre considerati gli interventi di riabilitazione che gli isolani preferiscono fare altrove – poco più di 3 mila nel 2015 – e la lungodegenza (vale altre 200 unità). Per i tumori si spostano 6 mila persone, altre 1.500 per la chemioterapia.
Numeri confermati dagli indicatori redatti dall’Istat e riportati sul portale Noi Italia, aggiornato di recente, che impietosamente ribadisce che “i sistemi ospedalieri di Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana si confermano veri e propri ‘poli di attrazione’ di ricoveri per i non residenti” mentre “al contrario Calabria, Sicilia e Campania mostrano flussi in uscita significativamente più elevati dei flussi in entrata”.

L’Isola ha uno dei peggiori indici di attrattività d’Italia
, pari allo 0,4%, solo un paio di regioni riescono a fare peggio, e, di conseguenza, uno dei peggiori indici di immigrazione ospedaliera (2,6%), valore che è dato dal rapporto percentuale di dimissioni ospedaliere di pazienti non residenti e il totale delle dimissioni nella regione dai soli ricoveri ospedalieri in regime ordinario per “acuti”. L’emigrazione ospedaliera, calcolata dall’Istat come rapporto percentuale tra il numero di dimissioni ospedaliere effettuate in altre regioni da pazienti residenti e il totale delle dimissioni dei pazienti nella Regione, si assesta al 6,4%.

Anche queste migrazioni si pagano pesantemente.
A fare i calcoli ci ha pensato l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionale che ha analizzato le annualità che vanno dal 2008 al 2014, verificando il saldo della mobilità inserito nel riparto del Fondo sanitario nazionale.
La tendenza è evidente: “Negli anni le Regioni del Sud (eccetto il Molise) presentano saldi negativi e ovviamente le Regioni del Nord (eccetto Piemonte, Liguria e Pa Trento) saldi positivi”. Il dato siciliano, soprattutto negli ultimi anni, è stato sulle montagne russe. Dal 2008 al 2014 il flusso è stato abbastanza coerente: una contrazione da -209 a -161 milioni. Eppure nelle ultime due stagioni ancora un’accelerazione e una lieve frenata, comunque in crescita rispetto al valore del 2014. Più di 191 milioni nel 2015 e ancora poco meno di 180 milioni nel 2016 (tabella C riparto del fondo sanitario nazionale). L’ultimo triennio, messo in fila, vale mezzo miliardo di euro di saldo negativo.
A sorridere sono tutti gli altri. Il Re Mida della sanità regionale è certamente la Lombardia, una regione quasi costantemente in crescita, grazie anche al costante flusso di molti siciliani che si spostano negli attrezzati ed efficienti centri ospedalieri. Da quelle parti il riparto è positivo dal 2008 (+420 milioni di euro), ma ormai veleggia col segno positivo ben oltre il mezzo miliardo di euro (538 mln è l’ultima rilevazione), in altri termini quanto spende in negativo la Regione siciliana in tre anni.
Non è solo una questione di spesa che in Sicilia vale complessivamente (servizi forniti direttamente, in regime di convenzione e altre spese) 8,8 miliardi di euro. La spesa media isolana pro capite, infatti, è perfettamente in linea con quella nazionale (1.739 euro contro 1.838) e di pochissimo inferiore a quella lombarda (1.855), eppure il divario è enorme. Spendere, insomma, non serve a fare una buona sanità e di certo lo dimostrano i buchi finanziari del sistema siciliano nel recente passato. Lo spiega bene l’ultimo rapporto Osservasalute: “Osservando l’indicatore sulle risorse disponibili in termini di finanziamento pro capite emerge che molte regioni del Nord migliorano la loro performance senza aumentare la spesa”.
Sempre secondo il rapporto Osservasalute, la mortalità riconducibile ai servizi sanitari, almeno a livello nazionale, migliora anche se continua il divario Nord-Sud. In tal senso, si legge nel rapporto, rispetto “al biennio 2010-2011, negli anni 2012-2013 il tasso standardizzato di amenable mortality è passato da 75,14 a 72,93 per 100.000, pari a una diminuzione del 3,03%”. Il dato regionale è inferiore a quello nazionale soltanto in 8 regioni (tutte collocate al Nord), mentre “valori significativamente superiori al dato nazionale si registrano” in 5 regioni: Piemonte, Lazio, Campania, Calabria e Sicilia.
 

 
La speranza continua a puntare verso il Nord
 
PALERMO – C’è una particolare predisposizione degli isolani a curarsi in Lombardia. Gli ultimi dati diffusi dal ministero della Sanità nel rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero, pubblicato lo scorso settembre, riportano, almeno nel caso di ricoveri per acuti (in regime ordinario e in day hospital), la presenza di circa 13 mila isolani – su un totale di circa 40 mila – che hanno deciso di rivolgersi alle attenzioni della sanità lombarda.
Sul podio delle mete predilette, con un certo distacco, si trovano anche Lazio ed Emilia-Romagna che valgono complessivamente circa 5/6 mila unità a testa. A seguire ci sono altre regioni del nord come la Liguria, la Toscana, il Veneto che hanno attratto qualche migliaio di unità a testa.
A parti invertite non sono moltissimi i non residenti che vengono a curarsi nell’Isola, così come testimoniato nel saldo della mobilità, tuttavia c’è almeno un dato su tutti che dovrebbe far riflettere.
Considerando il ricovero per acuti (regime ordinario e diurno), la Sicilia ha avuto complessivamente circa 10 mila unità, e la maggior parte di queste arrivano essenzialmente da due Regioni.
La prima in assoluto, per evidenti ragioni geografiche, è la Calabria (vale complessivamente quasi 5 mila unità, cioè la metà del totale), mentre la seconda è proprio la Lombardia che, evidentemente, tra i suoi residenti ha moltissimi isolani che non si sono rassegnati a restare lontano da casa. Quest’ultima vale circa 1.400 unità.
 


Via pure per riabilitarsi e per la lungodegenza
 
PALERMO – I numeri riportati in relazione al ricovero per acuti si ripetono anche nei dettagli relativi agli altri ambiti di intervento. In particolare, lo confermano i numeri di riabilitazione e lungodegenza che hanno fatto riportare risultati meno eclatanti, ma comunque in passivo.
Sul fronte della riabilitazione si conferma la tendenza alla predisposizione alla mobilità ospedaliera da parte dei siciliani. I dati del ministero della Salute confermano come nel 2015 ci siano stati più di 3 mila isolani ad aver scelto altre regioni tra regime ordinario e day hospital. La meta preferita, come da tradizione, si conferma la Lombardia che vale la metà del totale (poco più di 1.500 unità) seguita con distacco dall’Emilia Romagna che ha ospitato mezzo migliaio di isolani.
Bassissima la mobilità verso l’Isola con meno di 300 unità che hanno deciso di curarsi nei poli ospedalieri regionali e principalmente dalla Calabria che ha visto 165 residenti varcare lo Stretto. In regime diurno (day hospital) sono stati appena 157 i siciliani che complessivamente hanno preso la via delle altre regioni, in particolare quella dell’Emilia con 59 unità. Mobilità verso l’Isola praticamente quasi nulla con appena 70 non residenti, di questi ben 62 calabresi.
Anche l’attività di lungodegenza è rappresentata da numeri particolarmente esigui. Appena 202 siciliani hanno scelto di andare altrove (108 in Emilia Romagna) e soltanto 23 hanno deciso di venire nell’Isola (5 a testa da Lombardia e Lazio). Il bilancio, comunque, resta sempre negativo per i conti siciliani.

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